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Title: I Puritani di Scozia, vol. 2
Author: Scott, Walter, Sir, 1771-1832
Language: Italian
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*** Start of this LibraryBlog Digital Book "I Puritani di Scozia, vol. 2" ***


                              I PURITANI
                              DI SCOZIA


                           ROMANZO STORICO
                                  DI
                             WALTER SCOTT

                             VOLGARIZZATO
                            DAL PROFESSORE
                           GAETANO BARBIERI


                              _TOMO II._



                               FIRENZE
                        TIPOGRAFIA COEN E COMP.
                     _All'insegna della Minerva_
                             MDCCCXXVII.



I PURITANI DI SCOZIA



CAPITOLO PRIMO.

    »Cresce il fragor dell'armi e d'ogni loco
    »S'affoltan de' monticoli i drappelli,
    »Che ciechi d'ira de' moschetti il foco
    »Sfidan con vanghe e rustici randelli.»

                               _Hudibras._


Il giovine Graham scese dalla montagna facendo sventolare quella
bandiera, di cui non havvi oste inviperita che non rispetti il colore.
Gli tenea dietro un trombetta. Ei vide allora distaccarsi dai due
fianchi del picciolo esercito presbiteriano cinque o sei uomini a
cavallo che, prima unitisi al centro, presero insieme la dirittura del
fossato. Avviatosi parimente ver quella banda, si trovò a poca distanza
dalla riva opposta. Le due parti tenean gli occhi fisi l'una su l'altra,
e senza dubbio entrambe desideravano che il parlamento al quale
accigneansi prevenise la sanguinosa lotta imminente.

Allorchè Graham si trovò a petto degli uomini a cavallo mossigli
incontro, ordinò al trombetta desse il segno solito ad indicare che si
domanda un colloquio. Non avendo i sommossi alcun strumento di musica
militare a fin di rispondergli, un d'essi fece qualche passo innanzi
chiedendo in aspro tuono al Reale a qual fine s'innoltrasse verso le
loro file.

»Per intimarvi, rispose Graham, a nome del re, del Consiglio privato di
Scozia e del colonnello Graham di Claverhouse di mettere abbasso l'armi
e tostamente di andarvene ognuno alle vostre case.»

»Ritorna ai tuoi commettenti; dì ad essi come fin d'allor quando Carlo
Stuardo, da voi altri chiamato re, fu spergiuro ai giuramenti che a noi
lo obbligavano, noi ci teniamo sciolti da quelli che ne univano a lui;
che noi non riconosciamo più la sua autorità; che abbiam prese l'armi
per vendicare i mali da lui fatti alla patria ed alla chiesa; che la
nostra forza viene dall'alto, e che i nostri fratelli e i nostri
predicatori, vittime da voi sagrificate al martirio...»

»Sono inutili tutti questi preamboli; rispondetemi strettamente. Volete
mettere a basso le armi, e disunirvi con promessa di perdono
generale.... fuorchè però agli assassini dell'arcivescovo di S.
Andrea?...

»Ebbene, in una sola parola: no. Noi abbiam prese l'armi per la buona
causa, nè le dimetteremo finch'ella non abbia, se ci assiste
l'Altissimo, trionfato.»

»Non vi nomate voi Balfour di Burley?» gli chiese Graham, che in questo
mezzo avea confrontati i lineamenti dell'uomo cui favellava, coi
contrassegni trasmessine per ogni dove.

»E quand'anche mi nomassi Balfour di Burley, qual cosa avresti tu a
dirgli?»

»Che essendo egli escluso dal perdono ch'io sono incaricato
d'offerirgli, non sono spedito a negoziar seco lui.»

»Sei ancor giovine, amico mio, e quindi assai novizio nel tuo mestiere.
Altrimenti sapresti che non è lecito negoziare con un esercito se non se
pel canale de' capi dello stesso esercito, e che chi si comporta
diversamente perde il diritto a' suoi salvocondotti.»

Così parlando afferrò la sua carabina volgendone la punta contro Graham.

»Le minacce d'un assassino non faran sì ch'io non adempisca il mio
debito. — Brava gente, si fece indi a promulgare alzando la voce.
Perdono generale se deponete le armi!...»

»T'ho avvertito» aggiunse Burley, mettendosi l'arme alla guancia.

»Eccetto continuava Graham, per coloro...»

»Dio abbia misericordia dell'anima tua!» sclamò allora Burley, e fe'
scattare il grilletto della carabina.

Fu mortale il colpo. Graham cadde da cavallo. »Povera madre mia!» furono
le sole parole che articolò, nè più aperse gli occhi. Il trombetta che
lo accompagnava si diè tosto a fuggire alla volta del suo reggimento e
il cavallo del defunto il seguì.

»Che faceste?» chiese a Burley uno dei suoi compagni.

»Il mio dovere, con feroce tuono questi rispose. Samuel forse risparmiò
Agag? Che un di costoro venga adesso a favellarne di perdono.»

Claverhouse vide la caduta del suo nipote, e volgendo ad Evandale
un'occhiata nunzia di tal commozione che non saprebbe esprimersi con
parole: »Voi lo vedete!» gli disse; indi i lineamenti di lui si
composero tantosto alla ordinaria loro serenità.

»Lo vendicherò, o morrò» aggiunse in appresso queste parole; poi
spronando il cavallo scese di gran galoppo dalla montagna, seguitato da
tutta la compagnia, e da molti amici del defunto, fra' quali ciascuno
voleva essere primo ad assalire il nemico.

»Alto là! sclamò Claverhouse. Alto là! Questa foga sarà la nostra
rovina.» Ma tutta la prima linea di già era partita. Mettendosi colla
sciabola alla mano dinanzi al secondo corpo del reggimento, soltanto a
furia di minacce e preghiere pervenne a distorlo dal seguire un esempio
sì pernicioso.

Non appena li vide tornati alla subordinazione. »Allan, disse volgendosi
al maggiore, conducete di passo la seconda linea verso la falda della
montagna, affinchè soccorra lord Evandale che sta per abbisognare assai
di soccorso. — Bothwell tu sei un diavolo, coraggioso,
intraprendente...»

»Sì, sì! borbottò tra i denti Bothwell, in questo momento ve ne
accorgete.»

»Prendi venti uomini al tuo comando, cerca di girare attorno la palude,
e assali di fianco il nemico intantochè noi lo combatteremo di fronte.»

Bothwell partì sull'istante per eseguire un tale comando.

Intanto lo squadrone comandato da lord Evandale, sceso con troppo impeto
ne' bassi luoghi, non tardò a trovare impacci che al suo progredire
opponea la natura stessa del sito; specie di fangosa palude, per mezzo a
cui i cavalli non potevano camminare. Chi fra i cavalieri facea non
ostante ogni sforzo per andar più avanti all'indirittura della fossa,
chi si traeva più a' fianchi, tutti sperando di aggiugnere finalmente un
più fermo suolo. Ma non appena si trovarono a gittata d'archibuso, il
trarre de' Puritani fe' cadere una ventina di loro, cosa che aumentò
grandemente lo scompiglio in cui si trovavano.

Intanto lord Evandale, animando col proprio esempio un drappello eletto
de' suoi uomini a cavallo, trovò modo di varcare il fossato, ma tocca
appena l'altra sponda, ebbe a sostenere l'impeto di tutta la banda
sinistra della cavalleria de' Puritani, i quali s'infiammarono di nuovo
coraggio in veggendo quanto fosse poca la truppa che il lord conduceva,
e piombando con furore sovr'essa sclamavano: »Morte ai Filistei! Pera
Dagone, e seco i suoi adoratori!»

Il giovane capitano si difese a guisa di lione, ma uccisi erano per la
maggior parte que' che il seguirono, e tal destino avrebbe corso egli
pure, se Claverhouse giunto allora col restante del reggimento al primo
orlo della fossa non avesse ordinato un fuoco, sostenuto con tanta
maestria contro i nemici che finalmente incominciarono a piegare;
momento di cui profittò Evandale per ricongiugnersi insieme ai
pochissimi che gli rimanevano col colonnello.

Benchè questa fazione operata da Claverhouse avesse cagionata una grave
perdita nelle truppe de' Puritani, i capi delle medesime comprendevano
cionnullameno il vantaggio che aveano e di numero e di sito, nè
dubitavano che il coraggio e la perseveranza alla lunga non dessero loro
una infallibil vittoria. Essi pertanto trascorsero le file de' lor
soldati, le riordinarono, gli esortarono a tenersi ferme, e soprattutto
a non cessare dal trarre sul reggimento reale.

Claverhouse sperimentò a più riprese il guado della fossa, onde potere
dar battaglia sopra terreno meno svantaggioso, ma gli fu impossibile
aggiugnere questa meta.

»Converrà pensare alla ritirata, diss'egli a lord Evandale, semprechè
non ci sia propizia la diversione cui si è accinto Bothwell. Mentre ne
aspettiamo l'effetto, ordinate un moto retrogrado fintantochè i nostri
sien fuor di gittata degli archibusi nemici, e mettete dietro le macchie
i cacciatori con ordine di tribolare e dar faccende ai ribelli.»

Le quali cose essendo state eseguite, il colonnello aspettava
ansiosamente l'istante, che Bothwell incominciasse l'assalto a fine di
rinnovellarlo egli pure nel tempo medesimo. Ma Bothwell parimente
incontrò per parte sua gravissime difficoltà; la fazione ch'egli
eseguiva non ingannò l'antiveggenza di Burley, che una fazion simile
ordinò al suo corpo di cavalleria dell'ala diritta in guisa che quando
il sergente ebbe fatto il giro della palude e attraversato un ruscello
che era di mezzo, si trovò a petto d'una forza nemica tre volte più
numerosa della sua. Ma l'inaspettato ostacolo non atterrì l'uom
coraggioso.

»Avanti, miei amici! sclamò alla truppa. Non si dica mai che
indietreggiammo alla vista d'una banda di masnadieri.»

E quasi lo invadesse lo spirito dei suoi maggiori; _Bothwell!_ esclamò,
_Bothwell!_ e facendo impeto sulla cavalleria de' nemici, impeto sì
forte, che di sbalzo uccise tre uomini di propria mano, la costrigneva a
ripiegare.

Ma Burley prevedendo quai conseguenze funeste avrebbe portata alla sua
gente una rotta in quel punto, si trasse nelle prime file, e cercando
Bothwell lo assalì petto a petto. Ognuno dei due combattenti veniva
riguardato come il campion principale di ciascuno de' due drappelli che
allor si azzuffavano, la qual circostanza diede luogo ad un avvenimento
più facile a incontrarsi ne' romanzi che nelle storie. I soldati di
entrambe le parti si soffermarono, come se l'esito di una singolare
tenzone dovesse risolvere quello della battaglia. E di tale avviso
mostraronsi Bothwell e Burley, perchè dopo brevi istanti di pugna
generale, si arrestarono quasi di comune accordo per prendere fiato, e
prepararsi a tale duello, ove ciascun dei due si accorgeva d'aver
trovato nell'altro un degno competitore.

»Riconosco in te lo scellerato assassino Burley, sclamò Bothwell
brandendo la sciabola e digrignando i denti. Ti sei a me sottratto una
volta, ma oggi (e qui aggiunse un giuramento che non oserei tampoco
ripetere) quest'oggi o sospenderò alla sella del mio cavallo la tua
testa posta a prezzo di tant'oro quant'ella pesa, o il mio cavallo se
n'andrà senza padrone.»

»Sì: disse Burley, lanciando un feroce sguardo sopra Bothwell, sì: io
sono quell'Iohn Balfour, quell'istesso da cui avesti parola che s'ei
giugneva a rinversarti non ti rialzavi più mai. Ti ricordi del giorno
della rassegna?»

»Ebbene! la morte o mille marchi d'argento!» e ciò esclamando Bothwell
menò sull'altro un colpo di sciabola.

»La spada di Gedeone è con me[1],» gridò Burley parando il colpo, e a
sua volta assalendo l'altro.

  [1] Anche prima di Walter Scott tutti gli scrittori drammatici
  (e in certo modo ai drammatici appartengono i romanzieri) se
  sonosi attenuti alla verità nel mettere in azione i Puritani,
  loro han sempre attribuito questa specie di scritturale
  linguaggio; e il nostro Alfieri, allorchè introduce Lamorre a
  rimproverare Maria Stuarda rendutasi cattiva moglie, lo fa
  esclamare

                                  »Oh nuova
      »Figlia d'Acab! già l'urla orride sento,
      »Già di rabidi cani ecco ampie canne,
      »Cui tuoi visceri impuri esser den pasto.»

  _N. del T._

Forse una pari tenzone non s'era ancor vista. Stava in entrambi i
combattenti eguale vigoria di corpo, eguale coraggio, eguale arditezza;
nè l'uno nè l'altro cedeva di maestria nel maneggio dell'armi e nel
governo de' corridori. Ognun fece all'altro molte ferite fino allor non
mortali. Ma andata in ischeggie la sciabola di Bothwell, gli fu addosso
impetuosamente Burley che afferratolo per la bandoliera, lo scavalcò, e
fu egli parimente trascinato dal peso del nemico in tale caduta.
Accorsero in aiuto di Burley gli altri compagni, che i dragoni si
sforzavano a rispignere, onde la pugna si fe' generale. Più d'una volta
i cavalli passarono su i corpi de' due combattenti inveleniti oltre ogni
dire l'un contro l'altro, e studiosissimi scambievolmente di darsi
morte. Finalmente il piede d'un cavallo avendo fracassato il braccio
destro a Bothwell, e Burley rialzandosi, costui di feroce gioia
infiammato passò attraverso al corpo dell'altro la sciabola. Bothwell
disarmato ebbe anche una volta il tempo di sorgere.

»Trionfa sciagurato, gli disse. Tu versasti sangue di re[2].»

  [2] Fra i tanti pregi drammatici e pittoreschi di Walter Scott,
  sommo è pur quello di non dimenticare mai in qualunque
  circostanza della lor vita i caratteri attribuiti ai suoi
  personaggi. Bothwell, che come diceva Claverhouse a pag. 170 del
  primo tomo stava sempre _a cavallo de' suoi antenati_, a cavallo
  d'essi spira l'ultimo fiato. — _N. del T._

»Muori, soggiunse trafiggendolo una seconda volta Balfour, muori, cane
avido di sangue! muori come vivesti senza fede, senza speranza...»

»E senza paura». Il pronunziar tai parole fu l'ultimo sforzo vitale per
Bothwell. Cadde in quell'atto e immantinente spirò.

Il selvaggio Burley calpestò co' piedi il nemico trafitto; indi salito
sul cavallo medesimo di Bothwell rimasto presso de' combattenti, galoppò
in soccorso de' suoi partigiani, cui la caduta del sergente inspirò
nuovo coraggio, come depresse la fiducia de' dragoni. Il successo quindi
di quella pugna non fu più ne dubbioso nè disputato. Una parte de' Reali
rimase uccisa, l'altra si diede a fuggire sbandatamente ver la palude.
Ma Burley ordinò di non inseguirla, deliberato d'operare contro
Claverhouse quel medesimo strattagemma che questi contro di lui ordinò.
Spedito un uomo a cavallo che divulgasse a tutto il campo la notizia del
buon successo ottenuto, mandò un ordine generale a' suoi di attraversare
la fossa e attaccar battaglia su tutti i punti. Indi corse di galoppo
col suo corpo d'armati per far impeto sull'ala destra degli inimici.

In questo mezzo Claverhouse fe' il possibile per richiamar l'ordine fra
suoi, venuti, com'è naturale, in tutto quello scompiglio che è l'effetto
solito delle pugne intraprese contro regola e tornate con isvantaggio. I
cacciatori da lui posti entro le macchie non si stavano dal molestare il
nemico con un fuoco regolare e ben ordinato, perchè Claverhouse
aspettava sempre di vedere le conseguenze della fazione da lui ordinata
a Bothwell per movere indi contro i Puritani il restante del reggimento.

In quell'istante gli si presentò innanzi un dragone coperto di sudore e
di sangue, e il cui cavallo, col non potere tirar fiato dava a divedere
che non era venuto di passo.

»Ebbene! quai notizie abbiamo Holliday? (chiese il colonnello, che
conoscea di nome tutti gli uomini del suo reggimento) ov'è Bothwell?»

»Morto, rispose Holliday, e più d'un valoroso in sua compagnia.»

»Il re ha dunque perduto un prode soldato, soggiunse colla solita sua
indifferenza Claverhouse. Il nemico, non ne dubito, avrà compito egli il
giro della palude.»

»Sì, e con una grossa banda di cavalleria comandata da Burley, da quel
diavolo incarnato che uccise Bothwell.»

»Zitto là! lo interruppe Claverhouse, zitto là! vi proibisco il dirlo a
chichessia. — Maggiore Allan, è duopo ritirarsi, la necessità ne
costringe a tale partito. — Lord Evandale, richiamate i cacciatori, ed
ordinate il reggimento in tre corpi. Allan comanderà il primo, voi
rimarrete al centro, io starò al retroguardo, per tenere cotesti
malandrini in faccende sintantochè abbiam raggiunto di nuovo lo spianato
della montagna. Non perdete tempo. Vedo in moto tutta la loro linea, e
certo or s'accingono a traversare il fossato.»

»E che diverrà intanto di Bothwell e del Suo squadrone?»

»Silenzio!» il colonnello interruppe Evandale, indi fattosegli
all'orecchio: »Bothwell, disse, sta adesso al servigio d'un altro
padrone. — Su via, miei signori! non abbiam tempo da perdere, ordinate
il reggimento. Una ritirata, nol nego, è cosa nuova per noi, ma ne verrà
il giorno di ricattarci.»

Allan ed Evandale si preparavano ad eseguire tale comando, allorchè una
porzione de' Puritani avendo già superata la fossa, movea, mandando
grida spaventevoli contro i Reali. Claverhouse raccolse attorno di sè
coloro ch'ei conoscea per li più valorosi, e a capo d'essi fece impeto
su questo antiguardo nemico, parte uccidendone e parte rispingendone
verso la fossa, che intanto era stata varcata da tutta la fanteria
Puritana. Allora Burley incominciò l'assalto sulla sua destra, e Haxton
di Bathillet a capo del suo squadrone di cavalleria faceva altrettanto
sulla sinistra.

Il maggiore e lord Evandale in veggendo che il colonnello e la sua poca
truppa stavano per essere inviluppati, misero a banda le idee di
ritirata, e ordinarono ai propri corpi il marciare in avanti per torgli
d'impaccio. Ma si fatto comando non venne generalmente eseguito. I
soldati avean già visti i preparamenti d'una ritirata, e molti di loro
non vollero essere gli ultimi ad operarla; quindi il declivo della
collina scorgeasi tutto coperto di fuggiaschi, i quali non pensavano che
a mettersi in sicurezza.

Non poterono dunque raggiugnere il colonnello se non se con un piccolo
drappello d'uomini risoluti, che unirono i propri agli sforzi di lui per
coprire la ritirata de' fuggitivi. Non fuvvi mai occasione in cui
Claverhouse avesse dovuto far mostra d'intrepidezza cotanta. Egli era
capo di tutti i fuochi da esso ordinati; e poichè il suo cavallo nero, e
il pennacchio bianco lo additavano meglio ai nemici, ed era inoltre il
principale scopo dell'odio loro, ei vedea ciascun colpo indirigersi
contro di lui, e udiva le palle che gli fischiavano parallelamente alle
orecchie senza dare a scorgere nè inquietudine nè turbamento. E non
avendo egli riportata veruna ferita, i Puritani che il credean fatto
invulnerabile dal demonio, asserivano di veder le palle, allorchè lo
colpivano, tornare addietro a guisa di gragnuola ripercossa ad una rupe
di granito. Altri, convinti che il ferro ed il piombo non avessero forza
sopra di lui, rompevano le proprie monete d'argento per caricarne gli
archibusi.

Claverhouse combattea pertanto con tutti gli svantaggi che vanno uniti
ad una ritirata in disordine; poichè gli era stato impossibile
l'instituire una linea di battaglia; onde quella pugna avea piuttosto
l'apparenza d'una mischia, in mezzo a cui ciascuno combattea dal sito
ove il caso lo avea collocato. Le file de' dragoni si diradavano ad
ogn'istante, e quai rimanevano morti, e quai si davano alla fuga.

Tanto che durò questa scena di tumulto e di confusione, cui accresceano
orrore le grida de' feriti, e i barbari urlamenti dei Presbiteriani; e
il fracasso de' non mai muti archibusi, Evandale non potè starsi
dall'ammirare l'imperturbabile calma del colonnello. La sua fisonomia in
quell'istante non discerneasi da quella del mattino, allorchè facea
colezione con lady Margherita. Nè era certamente ch'ei non s'accorgesse
del disordine impadronitosi del suo campo.

»Qualche minuto ancora, ei dicea placidamente ad Evandale, e tutto il
reggimento è perduto. Ritiratevi insieme ad Allan, unite ciascuno per
parte vostra i fuggiaschi, e riordinateli alle falde della montagna; io
terrò ancora per qualche poco a bada il nemico, e vi raggiugnerò, se mi
riesce. Voi però non pensate a soccorrermi, ma a salvare il reggimento,
e se soggiaccio, direte al re ed al Consiglio privato che soggiacqui
compiendo quant'era mio debito.»

Intantochè questi due ufiziali eseguivano l'ordine dato da Claverhouse,
egli postosi a capo di circa venti dei migliori fra que' soldati che mai
non l'avevano abbandonato, fece un impeto sì vigoroso ed improvviso, per
cui disordinatesi le file de' nemici incominciarono a dare addietro.
Avendo in quell'istante riconosciuto Burley, gli si fe' contro, e gli
menò un colpo tanto violento sull'elmo, che il trasse giù dell'arcione.
Ma in questa foga d'inseguire il nemico essendosi troppo inoltrato il
colonnello, si trovò circondato da tutte le bande.

Il maggiore già era corso affrettatamente verso lo spianato della
montagna per raunare que' dragoni che nella premura di ripararsi colà lo
avevano preceduto. Evandale rimasto alle falde raccozzava coloro che
erranti per quella valle paludosa, cercavano di raggiugnere le alture.
Vide egli il pericolo del suo colonnello, e in allora inteso unicamente
a salvarlo, comandò ai soldati che aveva raccolti di ritornare
all'assalto. Una parte di essi ubbidì; ma altri si diedero a fuggir
verso il monte; ciò non di meno gli bastarono i pochi che lo seguirono a
trar d'impaccio Claverhouse. E veramente il soccorso di Evandale non
potea giugnere più necessario; perchè in quel punto un contadino, dopo
avere colla sua falce ferito il cavallo del colonnello, si preparava ad
una seconda prova, mandatagli a vuoto da Evandale che con un colpo di
sciabola lo atterrò.

Usciti della mischia Claverhouse ed Evandale, si guardarono attorno. La
divisione di Allan tenea già il pendio opposto delle montagne, perchè
l'autorità stessa del maggiore non fu valevole a rattenere i fuggitivi.
E quelli parimente che ricusarono seguire Evandale davano opera ad
uscire di quei pantani per toccare una volta le alture; talchè questi
due ufiziali superiori non aveano miglior difesa di una ventina di
uomini in tutto. Alcuni squadroni si battevano tuttavia a destra e a
sinistra, piuttosto per assicurarsi una fuga che mossi da una speranza
benchè menoma di vittoria.

»Che facciam colonnello?» disse Evandale a Claverhouse.

»Che cosa possono fare venti uomini contro mille? rispose il colonnello.
Noi siam rimasti gli ultimi sul campo di battaglia. Non è una vergogna
il fuggire dopo aver combattuto con valore, e quando non rimangono modi
a resistere di sorte alcuna. Salvatevi miei amici, e vi riordinerete
tutti dietro lo spianato del monte. — Andiamo, Milord, partiamo.»

Detto ciò, fe' sentir lo sprone al cavallo, e l'animal generoso parve
dimenticar la ferita nè accorgersi del sangue che perdeva; e addoppiò
d'ardore come se avesse saputo che dalla velocità del suo correre
dipendea la salvezza del proprio padrone.

In cotal guisa i Puritani rimasero padroni del campo, e le grida di
trionfo risonarono per tutte le loro file, allorchè videro Claverhouse
darsi alla fuga.



CAPITOLO II.

    »In fra gli orrori che a feral battaglia
    »Vengon seguaci, e di strage e paura
    »Compion le rupi intorno e la boscaglia
    »Ve' sciolto palafreni che tua ventura
    »Ti guida, e innanzi a te sofferma il corso,
    »E molle di sudor t'appresta il dorso.»
                                _Campbell._


Nel durar dell'azione da noi descritta, Morton, Cuddy e il reverendo
Gabriele Kettledrumle erano rimasti sullo spianato della montagna,
presso quell'altura coperta di musco, ove Claverhouse innanzi la pugna
avea tenuto consiglio di guerra co' suoi ufiziali; laonde poterono
osservare tutto quanto accadde; nè spettatori meno attenti di essi erano
stati il caporale Inglis, e i quattro uomini a cavallo che li
custodivano.

»Ah! se avessero coraggio, dicea con sommessa voce a Morton Cuddy, non
avremmo perduta ogni speranza di sottrarre al brutto laccio le nostre
gole; ma non mi fido gran che di costoro; han poca esperienza e della
guerra e del maneggio dell'armi.»

»Non ne hanno bisogno, o Cuddy, Morton gli rispondeva. Sono
eccellentemente situati, provveduti d'armi, e il lor numero è due volte
doppio del numero de' nemici. Se in questo momento non sanno combattere
per la lor libertà, si meritano di non acquistarla giammai.»

»Oh quale spettacolo! intanto esclamava Mausa che pareva un'ossessa. Il
mio spirito è come quello del profeta Elia! Il fuoco della verità mi
consuma; ecco il giorno del giudizio e della nostra liberazione! —
Ebbene! che mal vi sentite degnissimo sig. Kettledrumle? Voi siete
giallo come lo zafferano. — Quest'è il momento di orare, d'intonar
cantici per ottenere da Dio che confonda i persecutori del popolo
d'Israele.»

Un tal proposito racchiudeva una specie di rampogna, e il reverendo che
tonava dal pergamo allorchè il nemico era lontano, e che, siccome
vedemmo, non taceva neanco quando sarebbe stato il tacere in sua
facoltà, si era fatto muto all'udire il rumore del continuo trarre che
venia dalle valli; e lo spavento l'avea sì compreso che non trovò forza
di predicare il Puritanismo, benchè ciò s'aspettasse da lui l'intrepida
Mausa. Nondimeno non perdè tanto ogni accortezza da dimenticar nel
risponderle la cura che doveva alla propria fama.

»Tacete olà, donna! sclamò, tacete: e non mi turbate in mezzo alle mie
meditazioni ed alla lotta del mio spirito. — Però (andava pensando fra
se medesimo) qualche palla d'archibuso potrebbe giugnere fin qui; nè
farò male a ritrarmi dietro di quest'altura, come in luogo di
sicurezza.»

»Egli è un vigliacco, soggiugneva Cuddy, vero vigliacco!»

»Un tale spettacolo è orribile, lo confesso, diceva Morton; pur non
posso, a mio malgrado, stoglierne il guardo.»

»Dio si mostri, e i suoi nemici saranno dispersi!» cantava la vecchia,
fatta dimentica del pericolo dal proprio entusiasmo.

Tutti e tre dunque rimasero spettatori della pugna, cui però non erano
assai vicini per comprendere di chi fosse il vantaggio; oltrechè la
densa nebbia di fumo, che il vento spignea da quella banda, loro
impediva spesse volte persino la vista de' combattenti. Finalmente
osservarono qua e là sbandati per la valle diversi cavalli privi di
cavaliere, i quali però era facile l'accorgersi che appartenevano al
reggimento guardie. Poi vari cavalieri a piedi che fuggivano verso la
montagna, e molta mano d'uomini a cavallo che non tardarono a seguir le
tracce dei primi, non lasciaron più luogo ad incertezza sulla peggio di
quell'azione toccata ai Reali. I fuggiaschi non si trattennero che un
istante sullo spianato del monte, onde il maggiore Allan fu costretto
seguirli nella lusinga di riordinarli ad una distanza maggiore dal
pericolo.

Intanto spesseggiava meno il fuoco dei combattenti, sicchè i prigionieri
poterono più distintamente scorgere i successivi fatti, e videro
l'ultima prova di disperato impeto che Evandale fece su i Puritani, e la
molta mano di Reali, che lo abbandonavano per raggiugnere senza perder
tempo que' che cercavano scampo per le montagne.

»Essi fuggono! Essi fuggono! sclamò l'estatica Mausa. Israello ha vinti
i Moabiti! la spada del Signore si è aggravata sovr'essi! Questa colonna
di fuoco, l'altra di fumo che le succede, son le colonne che salvarono
il popolo di Dio, quando gli empi Egiziani l'inseguivano.» E qui la
nostra vecchia intonò un cantico di rendimenti di grazie.

»Tacete dunque in nome di Dio, madre mia! sclamò Cuddy, andate piuttosto
a starvene con Kettledrumle, con quell'uom coraggioso che or pensa a
tutt'altro fuorchè a cantar inni. Queste indiavolate palle non guardano
in faccia a nessuno, e tanto ammazzerebbero una vecchia che salmeggia
quanto un dragone che bestemmiasse.»

»Non temere per me, mio Cuddy, rispose la vecchia fanatica; voglio,
siccome Debora, ascendere quell'altura, e sollevar la mia voce contra i
persecutori de' veri fedeli.»

E avrebbe di fatto eseguito il suo divisamento; ma Cuddy temendo che
ella non facesse venire la mosca al naso dei custodi, l'afferrò
saldamente per un braccio, obbligandola a rimanersi dov'era. »Sig.
Enrico, diss'egli allora, credo non anderà guari che sarem liberi; il
caporale e i suoi soldati non fan che guardarsi addietro, e se non
m'inganno hanno un grande prurito di seguire i lor camerati.»

Nè s'ingannava egli. Appena Inglis s'accorse di Claverhouse che tornava
a tutta briglia sulla montagna, e che un corpo di Puritani s'accigneva
ad inseguirlo, nè il caporale nè i suoi compagni giudicarono salubre
cosa lo indugiar più lungo tempo in quel luogo e tennero compagnia ad
altri fuggiaschi che passavano per quello spianato.

Morton, le cui mani erano sciolte, si diede tosto all'opera di
sciogliere quelle de suoi compagni, e mentre terminava questa faccenda
che non era scevra delle sue difficoltà, arrivò il restante del
reggimento, in mezzo a cui dominavano il disordine e la confusione
inseparabili da tai generi di ritirate. Questi avanzi però formavano un
corpo di quaranta uomini in circa. Li guidava brandendo la sua sciabola
Claverhouse tutto coperto di sangue e di sudore. Veniva ultimo lord
Evandale che confortava que' soldati a farsi coraggio e a non si
disunire.

Essi passavano non molto lungi dal luogo ov'erano Morton e i suoi
compagni. Mausa cogli occhi raggianti di entusiasmo e di gioia, e coi
grigi capelli in balia de' venti, stendea le sue scarne braccia, simile
ad una vecchia baccante o ad una strega della Tessaglia; nè potè starsi
dal mandare invettive ai fuggiaschi e dallo spacciare contr'essi
improperj tolti da qualche frammento di Salmo. Ma Claverhouse e la sua
gente avean ben altre faccende che badare alle ingiurie d'una vecchia in
delirio, onde continuarono il proprio cammino, solleciti di ordinarsi
laddove fossero sicuri dall'inimico. Peggio instrutta della loro la
cavalleria puritana, non avea potuto raggiugnerli, ma li seguiva in
vicinanza, traendo sempre sovr'essi; il quale continuo fuoco, se non li
danneggiava, certamente contribuiva ad accelerare la loro fuga. Una
palla però colpi il cavallo di lord Evandale nell'atto ch'ei pervenne
allo spianato. Due uomini a cavallo presbiteriani gli furono tosto
addosso per ammazzarlo, che non si usava dar quartiere in tal guerra; ma
Morton benchè disarmato si lanciò innanzi ad essi, e mentre copriva col
proprio corpo Evandale tanto che si rialzasse, riconobbe Burley
nell'uomo che avea sollevata la sciabola per mettere a morte il milord:
»Concedetemi, esclamò, la sua vita! la negherete voi a quell'uomo che ha
salvata la vostra?....»

»Enrico Morton! (gridò Burley che intanto si rasciugava la fronte con
una mano tutta intrisa di sangue.) Ben lo diss'io che il figliuolo del
prode Silas non tarderebbe a passare sotto le tende di Giacobbe. Tu sei
una tavola sfuggita al naufragio; una canna che l'incendio della pianura
non potrà consumare. — Quanto a costui, egli morrà. La spada d'Israello
non dee risparmiare un solo Amalecita.»

E ciò dicendo alzò la sciabola una seconda volta sopra Evandale.

»Egli non morrà, (tornò a gridare Morton afferrando il braccio a Burley)
egli non morrà, o morirò io prima di lui. Ei mi salvò stamane la vita,
quella vita ch'io dovea perdere per avervi campato da morte. Vorreste
farvi reo d'un'ingratitudine la più infame?»

Burley abbassò la sciabola. »Tu hai ancora un piede nelle vie del mondo,
sì disse a Morton; ho compassione della tua debolezza, della tua cecità.
Il pane de' forti non è fatto pe' deboli: ma egli è meglio guadagnare
un'anima alla verità, che immergerla nelle tenebre eterne. — Viva egli
dunque, se tale è il volere del cielo, che ne ha compartito in
quest'oggi favori i più segnalati. Quanto a te, Morton, ricordati di
aspettarmi qui. Tornerò a trovarti dopo che avrò finito di sperdere i
nemici dei giusti.»

Indi spronato il cavallo continuò ad inseguire i Reali.

»Presto, Cuddy! fate presto, Morton sclamò, per amor del cielo fermate
un di que' cavalli che corrono qua e là e conducetelo a lord Evandale.
La vita di lui non sarebbe sicura se qui indugiasse più lungo tempo. Voi
siete ferito, o milord. Vi trovate in istato di risalire a cavallo?»

»Così spero, rispose Evandale. Ma è egli possibile? Ed è a voi, sig.
Morton, che io sono debitore della mia vita?»

»In qualsivoglia circostanza, o milord, l'umanità m'avrebbe persuaso a
procurar di salvarvi, ma in questo momento la gratitudine me ne facea un
sacro dovere.»

»Montate a cavallo, milord, disse Cuddy nell'offerirgli un palafreno,
montate a cavallo, e fuggite alla presta: questi disperati non la
perdonano a quanto lor capita.»

Intantochè lord Evandale s'accigneva a salire sul cavallo, Cuddy volea
tenergli la staffa.

»Ritirati, bravo giovinotto, questi gli disse; il servigio che vuoi
rendermi potrebbe costarti la vita. — Signor Morton, eccovi sciolto
d'ogni debito che crediate avere verso di me: non dimenticherò mai,
credetelo, quest'atto vostro di generosità. Addio.»

E un istante dopo che Evandale era partito, comparve una grossa banda di
fanteria puritana, postasi ad inseguire i fuggitivi e che spietatamente
uccideva e feriti e sbandati. »Morte ai traditori! (alcuni di essi
esclamarano additando Morton e Cuddy) costoro agevolarono la fuga ad un
Filisteo.»

»E che cosa dovevamo fare? gridò Cuddy. Eravamo lor prigionieri, quindi
privi d'armi potevam forse trattenere un uomo fornito di sciabola e di
due pistole?»

La quale scusa non sarebbe stata ammessa, se Kettledrumle, già riavutosi
dallo spavento, ed encomiato e rispettato dalla maggior parte de'
Puritani, non si fosse fatto ad esclamare con voce di tuono:

»Fermatevi: nol toccate. Eccovi il figlio del famoso Silas Morton, per
la cui mano il Signore operò un dì tanti prodigi. Egli è un fiore eletto
del giardino d'Eden. Fu perseguitato dai vostri persecutori, ed è venuto
a prestar soccorso all'opera della giustizia.»

»Ed ecco, soggiunse Mausa, le cui massime eran note a tutti i partigiani
del Puritanismo, ecco il figlio del proprio padre, di Judden Headrigg e
di me Mausa Middlemas, indegna serva del puro Vangelo, e vostra serva ad
un tempo. Noi siamo tutti della tribù di Levi.»

Questa banda pertanto continuò il suo cammino, ma altre ne
sopraggiunsero, alle quali convenne ripetere la medesima spiegazione; e
tutte le volte tornò necessario ed utilissimo l'intervento di
Kettledrumle, il quale riprendendo baldanza a mano a mano dal vedere
vantaggiosa la propria protezione agli antichi compagni di schiavitù,
attribuì a se medesimo gran parte del buon successo ottenuto, e chiamò
questi compagni medesimi ad attestare come egli avesse, simile a Mosè
sulla montagna, sollevate la mani al cielo affinchè Israello trionfasse
di Amalecco, e retribuiva nel tempo stesso a Morton e a Cuddy la gloria
di avergli sostenute le braccia nella guisa che Aronne ed Hur al profeta
ebreo le sostennero. Forse ei concedea loro d'aver avuta una tal parte
nel buon esito delle cose per indurli a tacere sul panico terrore che lo
costrinse a nascondersi nel durar della pugna; e questi per parte
propria trovarono prudente consiglio il non far motto di ciò.

Tutte le cose dette da Kettledrumle si ripetevano da labbro a labbro
colle aggiunte e le varianti che vi mettea ciascuno del proprio, come in
questi casi è costume; laonde non tardò a divulgarsi per tutte le file
che il giovine Morton di Milnwood, figlio del colonnello Silas Morton,
uno dei più fermi sostegni della buona causa, e il degno predicatore
Gabriele Kettledrumle, erano arrivati con cent'uomini armati di tutto
punto a rafforzare il campo presbiteriano.



CAPITOLO III.

    »Fattisi trombe di scordanti chiese,
    »I pergami rintronan di parole,
    »Da chi le proferì talor nè intese,
    »E di que' boschi trasformati in scole
    »Ripete ogn'eco i colpi vigorosi
    »Che mena il prete ai pulpiti petrosi.

                              _Hudibras._


In questo mezzo la cavalleria puritana tornava dall'avere inseguiti i
Reali, non poco spossata dagl'inutili sforzi fatti per raggiugnerne gli
sbandati avanzi. La fanteria intanto stava schierata sul campo, di cui i
Puritani erano rimasti padroni. Comunque estenuati per fame e sopportata
fatica, la gioia del trionfò li sosteneva, e faceva sovr'essi le veci di
riposo e di cibo. E per vero dire ottennero più di quanto mai avrebbero
osato sperare: senza sofferire una grave perdita eglino stessi, non fu
poco vanto l'aver messo in compiuta rotta un reggimento di scelti
uomini, comandato dal primo ufiziale della Scozia, il cui sol nome bastò
lungo tempo ad agghiacciarli di spavento. Oltrechè, la disperazione, non
la speranza di un buon successo suggerì loro il cimentarsi a giusta
battaglia; talchè questo buon successo medesimo facevagli attoniti.
Pressochè fortuita fu quella loro confederazione; niun de' capi che li
comandava era stato nominato o riconosciuto legalmente; e questo stato
medesimo di disordine li collegò, e fu cagione che tutto l'esercito
s'ergesse per così dire a consiglio di guerra onde risolvere sul partito
da abbracciarsi. Nè vi fu genere di stravagante opinione che non
trovasse sostenitori in quella congrega. Si volea nel tempo stesso
marciare alla volta di Glascow, d'Edimburgo, e persino di Londra. Chi
poneva il partito di mandare una deputazione a Carlo II per dettargli i
patti della pace, e chi meno caritatevole domandava che un nuovo re
fosse acclamato. Non mancarono altri che pretendevano instituire la
Scozia in repubblica. I più gridavano sulla penuria delle vettovaglie, e
nessuno pensava agli espedienti opportuni per procurarne. In una parola
il campo de' Puritani nel momento il più bel del trionfo stava in atto
di sciogliersi per mancanza d'unione fra gli elementi che il
componevano, ed era come i caratteri segnati nell'arena, che il primo
soffio di vento disperde.

In tale stato trovò i suoi Balfour di Burley quando tornava
dall'inseguire i Reali. Con quella maestria di uomo avvezzo a trarsi dai
difficili passi, incominciò ordinando che cento uomini fra' meno
stanchi, si assumessero la fazione di far la sentinella attorno del
campo; poi di coloro che sostennero le parti di capi nel durar del
conflitto compose una commissione direttrice, che dovea rimanere in tale
ministero sintantochè gli ufiziali fossero scelti regolarmente. Per
ultimo a coronare la vittoria volle che il reverendo Kettledrumle
improvvisasse un discorso di rendimento di grazie al cielo, provvisione,
su i vantaggi della quale molto fondavasi, nè a torto come stiamo per
vederlo. Ei ben sapea che con tale espediente avrebbe dato pascolo
all'attenzione della massa de' confederati, avidissimi delle dicerie de'
loro predicatori; e in questo mezzo divisava tenere vero consiglio di
guerra con due o tre capi, senza che dal risolvere il meglio lo
distornassero o insensati clamori o partiti ridicoli.

Kettledrumle corrispose magistralmente alla espettativa di Burley,
predicando senza prender fiato due lunghe ore, capaci d'ammazzare di
noia tutt'uomo non Puritano; ma egli forse in quel momento era il solo
che potesse sì a lungo cattivarsi l'attenzione di un tale uditorio. Ei
possedeva perfettamente quel genere d'eloquenza adatta al volgo, che era
il caratteristico de' predicatori di que' giorni, e comunque il cibo
spirituale che da costui dispensavasi sarebbe stato efficacissimo a
movere nausea in persona di un gusto alquanto dilicato; era il più
opportuno a vellicar gratamente que' palati pei quali manipolavasi.

Il testo del costui sermone era tolto dal capitolo XLIX del profeta
Isaia; »Anche gli schiavi de' potenti saran liberati: farò guerra a chi
ti fa guerra e i figli tuoi saran salvi.»

L'orazione pronunziata su tale argomento venne divisa in quindici punti,
ognun dei quali non andava privo di molte suddivisioni. Consacrò il
primo punto a favellare della liberazione propria e de' compagni,
additando il giovane di Milnwood come un campione inviato dallo stesso
Dio a trionfo della buona causa. Negli altri punti si passavano in
rassegna i moltiplici flagelli, che il cielo dovea far piovere sopra un
_governo persecutore_. Gonfio e familiare a vicenda, or si elevava a
quanto aveasi per sublime, or discendeva al di sotto dello scurrile.

Terminata che ebbe la predica, e dopo essere sceso da una punta di
roccia, suo pulpito, venne in luogo di lui un secondo predicatore, che
per nulla somigliavasi al precedente. Il reverendo Kettledrumle era già
pervenuto assai avanti negli anni, corpulento a dismisura, e i
lineamenti medesimi del suo volto, stupidi e privi d'espressione,
sembravano annunziare, come nella formazione del suo essere entrasse
molta più materia che spirito. Il successore di lui era un giovane che
certamente il quinto lustro non oltrepassava. Scarne guance e incavate
ne attestavano le vigilie e i digiuni, e le fatiche d'un apostolato, che
spesse fiate avventurò l'apostolo alle vendette de' Reali, e a quella
palma che i settarj della sua specie chiamarono del martirio. Egli era
uno de' più fanatici Puritani di tutta la Scozia, e grande fama gli avea
presso costoro acquistata il suo stile enfatico e figurato.
Primieramente volse in giro gli occhi attorno a quell'assemblea e al
campo della battaglia: e l'ilarità del trionfo gli si pinse tanto nel
volto, che il pallor d'esso sembrò parimente dar campo al fuoco del
contento e dell'entusiasmo. Giunte entrambe le mani, levò le pupille al
cielo, rimanendo alcuni istanti, come assorto in morale contemplazione.
All'atto di schiuder le labbra, una voce debole e un organo difettoso
per tramandarla pareano vietar persino che le parole ne fossero intese;
ma profondissimo silenzio regnava e quegli uditori stavano per ricevere
i costui detti con quella sollecitudine che narrossi degli Israeliti nel
raccorre la manna in mezzo al deserto. Scaldatosi a poco a poco, ne
divenne più chiaro il tuono, più espressivi i gesti, e parve che lo zelo
di religione trionfasse in lui de' difetti della natura; dipinse con
colori vivissimi lo squallore in cui giacea la Chiesa presbiteriana,
ch'ei paragonò ad Agar, studiosa di rianimare la vita del suo fanciullo
moriente fra le arsure delle vaste sabbie ove peregrinava.
Congratulatosi indi cogli ascoltanti della riportata vittoria, gli
esortò a non dimenticare giammai, come questa fosse il frutto della
protezione celeste, ed a continuare con passo franco e sicuro nella
carriera che Dio stesso aveva ad essi dischiusa.

Intantochè i due predicatori intertenevano di tal maniera l'esercito,
non si stava neghittoso Burley. Egli avea fatto accendere fuochi,
collocate scolte per ogni dove, ordinate scoperte, e s'era procacciato
vettovaglie dai villaggi i meno lontani. Spedì messi da diverse bande
affinchè divulgassero gli ottenuti buoni successi, e al fulgor di essi
inducessero tutti i partigiani di quella causa a chiarirsi; finalmente
inviò bande ne' dintorni, le quali o per amore o per forza
s'impadronissero di quanto poteva essere necessario al sostentamento
dell'esercito. La qual cosa gli tornò oltre ogni concetta speranza,
perchè la gente messa da lui s'appropriò nel più vicino villaggio d'un
magazzino ricco e di vittuaria e di foraggio e di munizioni da guerra
che posto vi aveano le truppe reali; nuovo incoraggiamento ai Puritani:
talchè mentre poche ore dianzi alcuni d'essi sentiano affievolire
l'ardore del loro zelo, non eravi ora un sol combattente che non
giurasse di non dimettere le armi prima d'avere riportato un compiuto
trionfo.

Enrico Morton seduto presso un dei fuochi accesi all'intorno, si nudriva
intanto della parte toccatagli nella distribuzione di cibo fatta
all'esercito, e pensava al partito cui avrebbe dovuto attenersi,
allorquando gli giunse a fianco Burley seguito dal giovine ministro, che
avea pronunziato il secondo sermone.

»Enrico Morton! con tuon risoluto il puritano duce gli disse, il
Consiglio di guerra, persuaso e convinto che il figlio di Silas Morton
non può mai essere o tepido o indifferente per riguardo alla buona
causa, vi ha nominato uno fra i capitani del suo esercito, e vi
conferisce il diritto di sedervi in consiglio, e quanta autorità è
addicevole ad un ufiziale scelto a comandare milizie cristiane.»

»Sig. Burley, Morton rispose, son grato, qual debbo esserlo, a questa
prova di fiducia che in me vien riposta. Niuno certamente potrebbe a
buon diritto maravigliare, se le ingiustizie cui soggiace il mio
sfortunato paese, quelle alle quali ho soggiaciuto io medesimo, mi
commovessero a prender l'armi in difesa della libertà civile e della
libertà religiosa, ma prima di accettare in mezzo a voi un comando,
desidero mi facciate conoscere alquanto meglio con quai dettami vi
comportiate.»

»Con quai dettami? E potete sol chiederlo? Non vi è noto che è nostra
mente rifabbricare il tempio, dar ricovero ai santi, annichilare gli
schiavi del peccato?»

»Permettetemi confessarlo francamente, sig. Burley: questo genere di
linguaggio, che può tanto sopra molte persone, è perduto affatto per me:
egli è bene lo sappiate, prima che segua fra noi una più stretta
alleanza.»

All'udir tal risposta il giovane ministro mandò un sospiro, che
s'accostava molto ad un gemito.

»Vedo, o signore, che non vi va a genio la mia risposta. Ma forse ancora
non l'avete bene intesa. Io rispetto la Santa Scrittura al pari di
chicchessia, ed è anzi per una conseguenza di tale rispetto, che mentre
son premuroso di conformare ad essa la mia condotta, non credo mi
aspetti il citarne i testi ad ogni momento, correndo anche rischio di
snaturarne il vero significato.»

Quel ministro di nome Efraim, parve scandalezzato grandemente della
protesta fatta da Morton, e s'apprestava a confutarla, allorchè Burley
gli tolse la parola.

»Chetatevi, Efraim, e pensate che questi è un fanciullo avvolto ancora
ne' suoi pannilini. — Ascoltami, o Morton. Ti parlerò il linguaggio
della saggezza umana, poichè non sei ancora forte abbastanza per
intendere linguaggio migliore. Quai sono i motivi, pei quali
t'indurresti a sguainar la spada? Non sarebber forse la brama d'ottenere
la libertà della Chiesa e de' tuoi concittadini, l'amore di assicurare
alla patria quelle savie leggi che impedissero ad un governo arbitrario
la facoltà di confiscare gli averi, e di mettere in carcere i possessori
degli averi, comunque veruna sentenza non li condanni?»

»Sì certamente, rispose Morton, tali motivi renderebbero agli occhi miei
legittima la mia condotta.»

»Siam fuor di strada, esclamò Macbriar, conviene andare a dirittura alla
meta. La mia coscienza non mi permette venire ad accomodamenti col
mondo.....»

»Chetatevi, torno a dirvi, Efraim Macbriar,» indi continuò Burley
traendo in disparte costui. »La penso anch'io come voi, ma non vi siete
accorto sin questa notte che v'è dissensione nel consiglio? Credete
forse che non abbisogniamo del soccorso de' Presbiteriani moderati? O
volete che si disgiungano da noi, quando possiamo affezionarli col
metterli sotto un capo della loro fazione?»

»Ti replico che questi riguardi non mi vanno a' versi. Dio può operare
la liberazione del suo popolo col ministero di pochi eletti come se
fossero molti.»

»Va' dunque a far le tue rimostranze al consiglio. Sai pure ch'egli
decise di manifestarsi in modo da contentare tutte le classi di
Presbiteriani. Non mi star dunque ad impedire di guadagnare a noi tal
giovinetto, il cui solo nome farà uscir di terra intere legioni a
sostegno della buona causa.»

»Opera come credi. So bene che sei divorato dallo zelo della causa del
Signore; ma non ti dimenticare che _chi non è per me è contro di me_.
Addio. Non assisterò più lungo tempo a conciliaboli, ove si fan
campeggiare principj mondani.»

Spacciatosi in tal guisa dall'indomabile predicatore, Burley venne a
raggiugnere il suo proselito; ma prima di procedere oltre, giudichiamo
prezzo dell'opera dar meglio a conoscere ai nostri leggitori il
personaggio di questa scena.

Iohn Balfour di Burley che apparteneva ad una buona famiglia della
contea di Fife, sortì coi natali agiatissimo patrimonio. Dandosi fin da'
primi anni alla professione dell'armi, passò la sua giovinezza fra ogni
genere di sregolamenti. Cresciuto negli anni, divenne per ambizione uno
de' Puritani più ardenti che noverasse la Scozia, ed era sola meta de'
suoi desideri il divenir capo supremo di tale setta. Per conseguir
questo fine fu continuo nel frequentarne le assemblee. Notissimo pel
paese, ovunque si faceano sentire sommosse, certamente egli vi si
trovava. Ardito nell'intraprendere, pronto nell'eseguire, propenso agli
espedienti suggeriti dalla violenza, ei riscaldava l'entusiasmo degli
altri, e finalmente ne fu compreso egli stesso, benchè non gli sia mai
mancata l'accortezza di assoggettare questo entusiasmo medesimo ai
consigli della politica.

Tutti riguardavano, come più di tutto, opera di lui, la vittoria testè
riportata; nondimeno trovavasi ancor lontano dal grado cui aspirava la
sua ambizione, ed erane motivo la diversità d'opinioni che tenean
discordanti fra loro i settarj. I più violenti fra i Puritani
approvavano l'assassinio del primate della Scozia, del quale assassinio
Burley era stato primario autore. I Presbiteriani moderati al contrario,
benchè s'accordassero in riconoscere nell'arcivescovo l'antesignano dei
loro persecutori, biasimavano altamente coloro che l'avevano ucciso, e
tale uccisione qualificavano misfatto meritevole di gastigo. I primi
condannavano come prevaricatori que' Presbiteriani e ministri che
acconsentirono sottomettersi alle leggi e alle regole del governo.
Innanzi gli occhi di costoro Carlo II era un Saul, un Ocozia, e
anelavano sottrarsi alla soggezione d'un tale sovrano. I secondi
riconoscevano l'autorità legittima del re, e si limitavano a chiedere la
libertà di coscienza, e il termine del governo militare da cui si
dicevano oppressi. Come ognun vede pertanto, gravi erano i germi di
dissensione in questa setta; cagione per cui Burley desiderava condurre
nelle file de' sommossi Enrico Morton, perchè non se ne sciogliessero i
Presbiteriani moderati, presso i quali durando tuttavia cara ed onorata
la rimembranza del colonnello Silas Morton, era da supporsi che
obbedirebbero di buon grado al figlio di questo ufiziale. Egli avea per
altra parte qualche speranza di condurre a proprio grado la mente del
giovinetto, e di procacciarsi per cotal via una preponderanza su i
moderati, quanta ne avea su i fanatici. A questo fine ei vantò dinanzi
al consiglio di guerra, del quale Burley era l'anima, l'ingegno e le
buone qualità di Morton, sicchè facilmente vinse il partito di farlo
nominare uno de' capitani di quell'esercito.

Gli argomenti poi, de' quali si valse onde Enrico accettasse una
commissione sì pericolosa, furono accorti non men che incalzanti.
Burley, senza negare di conformarsi in tutto alle massime
dell'energumeno predicatore da cui si era disgiunto, addusse che nello
stato di crisi in cui la bisogna pubblica era caduta, lievi diversità
d'opinione non doveano impedire ai veri zelatori della propria patria il
prendere di concerto l'armi per procurarle salvezza, nulla altro
rilevare in quell'istante fuorchè la necessità di sottrarre il paese al
giogo impostogli dal militar dispotismo, esser indispensabile cosa il
profittare del conchiudente vantaggio riportato allora nell'armi; appena
divulgatosi questo, sarebbersi sollevate in lor favore tutte le contee
occidentali della Scozia; divenire finalmente colpevole verso della
nazione chiunque, rattenuto da indifferenza o da tema; avesse ricusato
di cooperare al trionfo d'una causa sopra quante ve ne fossero giusta.

Morton, già per natura fornito d'indole altera e avidissima
d'independenza, non avea d'uopo di molta spinta per collegarsi ad
individui tratti a sommossa dal solo scopo, a quanto appariva, di
ricuperare alla natale contrada que' diritti e que' privilegi di cui
l'avea spogliata la prepotenza. Certamente ei temea e sulla pochezza
delle forze che impresa sì vasta dovevano sostenere, e sulla idoneità
de' capi creati a condurla, ne' quali non credea ravvisare nè grandezza
d'animo, nè generosità consentanee a tant'uopo; ma per altra parte,
caduto già in sospetto al governo, non vedea più sicurezza per se
medesimo ove tornato fosse presso lo zio, e gli mancavano i modi per
ritrarsi in terra straniera. Tutte le cose pertanto collimavano a
rendergli accette le proposte fattegli da Burley. Pure nell'atto di
annunziare ad esso che avrebbe assunto l'offertogli grado, pose a tale
accettazione una specie di clausola.

»Son pronto, diss'egli, ad unire i miei deboli sforzi a quelli de'
vostri compagni per liberare il mio sfortunato paese dalla tirannide che
l'opprime: ma badate a non prendere abbaglio sulle mie intenzioni. Io
condanno apertamente l'azione che ha dato origine a questa lega, e se
fra voi prevalesse l'avviso di continuare ancora in tai generi
d'atrocità, non v'immaginaste mai che io acconsentissi a farmene
compartecipe.»

Tutto il sangue rimontò sul volto a Burley. »Voi intendete parlare della
morte dell'arcivescovo!» gli rispose nascondendo, quanto il potè,
l'agitazione del proprio animo.

»Appunto.»

»E che cosa monta, se un persecutore della Chiesa, fattosi le mille
volte meritevole di morte, cade sotto la scure della legge, o sotto il
ferro dello strumento suscitato dalla giustizia divina per liberare da
uno scellerato la terra? Spetta forse agli uomini il pronunziare
giudizio su d'una azione che è frutto d'un'ispirazione superna?»

»Non m'arrogo io qui farmi giudice; e mi basta che le mie massime vi
sian note; e vi dico perciò che i vostri ragionamenti non mi vanno a
grado. Un delitto è sempre delitto ai miei occhi, nè crederò mai che il
cielo possa inspirarlo. Desidero adunque che ben comprendiate, com'io
intenda collegarmi ad uomini che facciano una guerra giusta e leale,
conforme alle leggi ammesse in casi simili da tutti i popoli venuti a
civiltà, e scevra di ladroneggi e di tradimenti.»

Si morse le labbra Burley, che durò grande fatica a rattenere il proprio
risentimento. Risoluto cionnullameno a trar Morton nella propria
fazione, celò ogni disgusto, e con tuono di calma rispose. »Non ho fatto
mistero della mia condotta più agli occhi degli uomini che a quelli di
Dio. Il mio labbro non negherà le cose operate dalla mia mano, e
sosterrò la mia innocenza, sia coll'armi, sia al cospetto de' tribunali,
sia sul patibolo, sia nel giorno del giudizio finale; non quindi perderò
l'opera a convincere un uomo che non ha per anco aperti gli occhi alla
luce. Senza protrarre pertanto una inutile discussione, esaminate
soltanto, o Morton, se volete divenire nostro fratello di armi, e quando
il vogliate, venite meco al consiglio di guerra, ch'or dee deliberare su
i modi di profittare della riportata vittoria.»

Morton seguì silenzioso Burley, poco soddisfatto del nuovo collega
acquistato, inquieto su i veri motivi che spronavano gli altri duci di
sì fatta impresa, e pien di paura che la volessero sostenere con
provvedimenti alieni affatto dalle massime d'un uom d'onore.



CAPITOLO IV.

    »Un vecchio, il vedi, può giovar talora.»
                               _Shakespeare._


Or ne è mestieri far ritorno al castello di Tillietudlem che la partenza
del reggimento guardie lasciò immerso nella taciturnità e nella
inquietezza.

Le assicurazioni fattele da lord Evandale non aveano del tutto calmati i
timori di Editta. Ella il conoscea bensì generoso e incapace di violare
una data promessa, ma non le era meno ignoto com'ei sospettasse un
rivale, ed un felice rivale, in Enrico. Non era forse un aspettarsi da
lui tal prodigio, ch'era al di sopra della natura umana, il supporre
ch'ei vegghierebbe incessante alla salvezza di Morton contra tutti i
rischi cui lo commettevano e lo stato suo di cattività e le cattive
impressioni surte a danno d'esso in Claverhouse? Ella si abbandonava
quindi a molestissime agitazioni, che la faceano sin sorda ai motivi di
conforto che Jenny Dennison andava suggerendo un dopo l'altro a guisa di
perito generale, che invia successivamente, e non tutti insieme, i
rinforzi ad uno squadrone avventuratosi col nemico.

Ella presentava primieramente agli occhi della sua padrona una morale
certezza che nulla di sinistro poteva accadere ad Enrico, »comunque,
aggiugnea, non possiate ignorare, che andando anche alla peggio le cose,
rimarrebbe lord Evandale, partito da non disdegnarsi.» Poi chi potea
farsi mallevadore intorno l'esito d'una battaglia? Se dei Presbiteriani
fosse stato il vantaggio, a questi sarebbono uniti e Morton e Cuddy, e
trasferendosi tosto al castello ne avrebbon di viva forza sottratte la
giovin padrona e l'ancella. »Perchè ho dimenticato dirvi, continuava
piangendo Jenny, che anche il povero Cuddy trovasi in poter de' dragoni.
Stamattina l'hanno condotto qui prigioniero; e mi son veduta alla
necessità di dare buone parole ad Holliday per ottenerne la permissione
di parlare all'amante, che di ciò per altro non mi ha mostrata quanto
dovea gratitudine. Ma non ci pensiamo! (soggiunse indi cambiando
improvvisamente di tuono, e rimettendo il fazzoletto in saccoccia.) Non
ho bisogno di far rossi gli occhi piangendo. Se i dragoni avessero
condotta via la metà de' giovani della contea, vi resta di che
confortarsi nell'altra metà.»

Nè più tranquilli, nè meno scontenti erano gli altri abitanti di questo
castello. Lady Margherita stava sempre pensando al poco riguardo che nel
negare la grazia di Morton il colonnello aveva usato al grado di una
matrona interceditrice; poi le soccorrea alla mente che Claverhouse avea
persino violati i diritti di lei baronali, col pretendere che i dominj
di Tillietudlem divenissero teatro d'una militare esecuzione.

»Claverhouse avrebbe dovuto ricordarsi, o mio fratello, ella diceva, che
questa baronia ha sempre goduto il diritto di alta e media giustizia; e
quand'anche il colpevole avesse dovuto essere giustiziato sulle mie
terre (cosa a mio parere inurbana, perchè questo castello è abitato da
sole donne, che non si dilettano di sì fatte tragedie...) Ma quand'anche
ciò fosse stato indispensabile, dovea rimetterlo nelle mani del mio
sindaco qual presidente per diritto alle esecuzioni che seguono in
questi luoghi. Sono ben persuasa, che il re medesimo, quando venne qui a
far col....»

»Sorella mia, a parte la colezione del re! La legge marziale fa tacer
tutte l'altre. — Però sono con voi nel dire che il colonnello non s'è
mostrato cortese quanto conveniva per riguardo all'inchiesta vostra, e
non son molto contento io medesimo che abbia ricusato ad un vecchio
servitore del re, qual mi son io, una grazia, poi conceduta al giovane
Evandale, per ciò solo, nè v'è a dubitarne, che questi è milord ed ha
grande prevalenza nel Consiglio privato. Ma purchè sia salva la vita di
questo povero sfortunato, poco mi cruccio del rimanente. — A proposito,
sorella! oggi rimango con voi. Sono impaziente di notizie su questo
affare di Loudon-Hill, benchè non sappia io darmi a credere, che un
attruppamento di contadini possa far fronte ad un ragguardevole corpo di
soldati, qual si è il reggimento da noi veduto stamane. — Oh! è stato un
tempo, che non avrei potuto rimanermi pacificamente assiso su d'un
seggiolone, sapendo che dieci miglia lontano da me si veniva alle mani.
Ah vecchiaia! vecchiaia!»

»Avrò il massimo contento, fratello mio, se resterete con me; solamente
permettetemi ... capisco bene che non è troppa cortesia il lasciarvi
solo; ma voi vedete che la numerosa compagnia da me ricevuta, ore sono,
entro il castello non può avervi portato molto ordine. Permettetemi
adunque d'invigilare in persona al raggiustamento di tutte le cose.»

»Servitevi. Odio, il sapete, le cerimonie, come un cavallo che inciampa.
— Ma ov'è la mia nipotina?»

»Nella sua stanza. Non si sente troppo bene in salute, e credo anzi
siasi coricata. Appena si sveglia, le farò prendere alcune goccie
di....»

»Eh! che non è il mal delle goccie! la interruppe il maggiore. So io
quel che le duole. Poverina! Non è accostumata a vedere un giovine di
sua conoscenza condotto via per essere moschettato; poi un altro partir
d'improvviso e coll'incertezza per noi di rivederlo. Ma se torna ad
accendersi la guerra civile, converrà bene che si avvezzi a simili
guai.»

»Dio non voglia, fratello mio!»

»Dio nol voglia, certo, sorella! avete ragione. — Ma si chiami Harrison.
Farò una partita di tavola reale con lui.»

Postisi i servi in traccia dell'intendente, venne Gudyil annunziando che
egli era uscito a cavallo per sapere le notizie della battaglia.

»Al diavolo la battaglia! sclamò il maggiore. Ha portato lo scompiglio
in tutto il castello. Direbbesi che non se ne fossero mai vedute fra
noi. — Per altro, Gudyil, ci ricordiamo della giornata di Kilsythe».

»E dell'altra di Tippermur, signor maggiore. Allora io mi batteva a
fianco del mio padrone.»

»E dell'altra d'Alford, Gudyil, dove io comandava la cavalleria, e di
quella d'Innerlochy, quando io era aiutante di campo del gran marchese.»

Intavolato ch'ebbero l'argomento dei loro fatti campali, il maggiore e
Gudyil poterono dar per lungo tempo divagamenti a quel nemico
formidabile chiamato _il tempo_, con cui soprattutto sono in istato di
perpetuo osteggiare i soldati veterani nel durar dei pochi giorni
tranquilli che lor rimangono al compimento della vitale carriera.

Ell'è un'osservazione fatta spesse volte che le vociferazioni degli
avvenimenti importanti si diffondono con incredibile celerità, e che le
relazioni autentiche sono per lo più precedute da notizie esatte nella
sostanza, benchè confuse in quanto spetta alle particolarità delle cose,
talchè direbbesi che gli augelli le avessero portate per le strade
dell'aria. Harrison non erasi per anche allontanato quattro o cinque
miglia da Tillietudlem, allorchè si trovò ad un villaggio ove
divulgavasi da tutte le bande la vittoria riportata dai Puritani; quindi
dopo avere ascoltate in fretta le circostanze che potè raccogliere,
volse la briglia del cavallo e tornò di gran galoppo al castello.

Sua prima cura fu di rintracciare il maggiore che stava tuttavia ne'
parlari suoi con Gudyil. »Voi rammenterete che all'assedio di Dundee,
ov'io....»

»Voglia il cielo, sig. maggiore, sclamò Harrison, che non vediam domani
quello di Tillietudlem!»

»Che c'entra questo augurio? gridò sorpreso il maggiore, che diavolo
v'intendete ora di dire?»

»Sull'onor mio, sig. maggiore, la voce generale, e che par troppo vera,
dà per battuto il colonnello Claverhouse; v'è persino chi lo asserisce
ucciso: si aggiugne che il reggimento è in piena rotta, e che i ribelli
s'inoltrano da questa banda mettendo a ferro ed a fuoco tutte le terre
di chi non parteggia per essi.»

»Non ne credo nulla, rispose alzandosi impetuosamente il maggiore.
Nessuno potrà mai farmi entrare in capo che il reggimento guardie abbia
dato addietro in faccia ai ribelli. — Però ... ho torto parlando così.
Di questi casi ne ho veduto accadere io medesimo. — Pique! Pique! — Su
dunque, Pique! montate a cavallo e correte verso Loudon-Hill, e correte
tanto finchè abbiate sicure notizie sulle cose accadute. — Ma
figuriamoci anche la peggio, o Gudyil. Mi pare che questo castello
sarebbe in istato di tenere addietro per lungo tempo i ribelli,
semprechè avesse vettovaglie, munizioni e una guarnigione. Il sito ove
giace è ragguardevole. Domina il tragitto dalla parte alta alla pianura
del paese. — Ella è una fortuna ch'io mi trovi qui! — Harrison, fate
prender le armi a quanti uomini son nel castello. Gudyil fate il conto
delle vettovaglie che avete e di quelle che ci possiam procacciare. Che
entri tosto nelle scuderie del castello tutto il bestiame della cascina.
— Il pozzo non s'asciuga mai. Sulla vecchia torre abbiamo anche alcuni
pezzi di cannone. Ci mancano munizioni.»

»I soldati, soggiunse Harrison ne hanno lasciato stamane alcuni cassoni
nelle stanze terrene della cascina, serbandosi a ritrarneli nel
ritorno.»

»Ottimamente! ripigliò a dire il maggiore. Subito s'introducano nel
castello, e radunate tutte l'armi che potete procurarvi; archibusi,
pistole, spade, sciabole, picche; non lasciate addietro un punteruolo
ch'è un punteruolo. — Ella è una fortuna ch'io mi trovi qui! — Ma
conviene immediatamente ch'io parli con mia sorella.»

Lady Margherita rimase sopraffatta da tale annunzio inaspettato quanto
spaventoso; e come quella che aveva creduto il reggimento, alloggiato
dianzi nel suo castello, sì poderoso da sperdere tutti i ribelli della
Scozia, cominciò allora per prima cosa a scorgere l'impossibilità di
resistere ad una forza che aveva trionfato del reggimento di
Claverhouse.

»Che disgrazia, fratello mio! che disgrazia! ella esclamò. A che gioverà
tutto quanto noi potessimo opporre contro costoro! distruggeranno il mio
castello da cima a fondo. Uccideranno Editta; chè quanto a me, lo sa
Dio, la conservazione della mia vita è l'ultimo de' miei pensieri. Però
non sarebbe miglior partito quello di cedere?»

»Non vi spaventate, sorella mia, rispose il maggiore, la piazza è forte,
il nemico mal pratico e mal'armato. La casa dei Bellenden non diverrà un
covazzo di masnadieri e ribelli insin che viva il vecchio Miles
Bellenden. Il mio braccio è più debole che nol fu altra volta, ma ne
sian grazie a questi grigi capelli, ho qualche sperienza di guerra, e
potrò.... Ma ecco Pique, che ci porterà più sicure notizie! Ebbene!
Pique, che cose avete sapute?»

»Ebbene! rispose Pique colla massima calma, compiuta rotta.»

»Chi avete veduto? gli chiese tosto il maggiore. Da chi riceveste una
tale notizia?»

»Da una mezza dozzina di dragoni, che fuggono verso Hamilton, e par
facciano a gara chi più presto vi arriverà. Egli è in questo modo che
guadagnan terreno. Guadagna poi chi la potrà la battaglia!»

»Continuate sempre i vostri apparecchi Harrison. Gudyil, fate accoppare
buoi a proporzione della quantità di sale che avete per salarli. Mandate
alla città per ritrarne farine, e l'altre cose indispensabili. Non
perdete un istante. — Sorella, il meglio per voi sarebbe ritirarvi con
mia nipote a Charnwood, e acquistar tempo finchè i sentieri son liberi.»

»No, caro fratello: poichè giudicate che il mio vecchio castello possa
reggere contro i ribelli; non me ne dipartirò certamente. Per casi
simili l'ho abbandonato due volte in mia gioventù, e ritornando non vi
ho più trovato i migliori fra quelli che lo difendevano. Vi rimarrò
pertanto, dovessi trovar qui il fine della mia avanzata carriera.»

»Fate dunque come credete, e pensandoci di nuovo..... chi sa non
provvediate così meglio alla sicurezza vostra e di Editta? Questo
scompiglio può divenire segnale di sommossa generale de' Puritani da
Tillietudlem a Glascow. Allora forse vi presenterebbe più pericoli
Charnwod, che non questa istessa dimora.»

»Fratello mio (soggiunse lady Margherita con gravità) essendo voi il
parente più prossimo del defunto mio sposo, vi do con questo (e in dir
ciò gli rimetteva la venerabile canna guernita di pomo d'oro, già
appartenuta al padre di lei, il conte di Torwood) l'investitura del
comando del castello di Tillietudlem, del diritto di usare in esso e
nelle sue pertinenze l'alta e media giustizia, di comandare a' miei
vassalli, di punirli, siccome potrei farlo io medesima, e vo' sperare
che difenderete in guisa convenevole una piazza, entro la quale sua
maestà il re Carlo II si è degnato....»

»Va bene, va bene, sorella mia! Ma in questo momento non abbiam tempo di
parlare della colezione di sua maestà.»

E lasciò tosto la sorella, correndo colla vivacità che s'addirebbe ad un
giovine di venticinque anni per passare in rassegna la sua guernigione,
e studiare su i modi di difendere la piazza.

Il castello di Tillietudlem essendo situato sull'altura di una montagna,
precipizi e discoscesi dirupi il rendevano inaccessibile da tre bande, e
la sola d'onde vi si potesse avvicinare era circondata da grossissime
muraglie, dopo le quali veniva un cortile chiuso esso pure da una cinta
della stessa natura, e fiancheggiate inoltre da merlate torricelle. In
mezzo al castello sorgeva una torre che signoreggiava tutti i dintorni,
sul cui pianerottolo stavano pezzi di artiglieria, adoperati anche
nell'ultime guerre civili.

Le quali circostanze di sito rendeano affatto sicuro chi vi abitava da
una sorpresa; ma non così dalla fame, o dall'impeto di un assalto.

Il maggiore dopo avere dato il comando di caricare i cannoni, li fece
collocar sì che dominassero la strada, d'onde innoltrare doveano i
vincitori. Volle in oltre che si atterrassero diversi alberi, che
avrebbero impacciato il giuoco delle sue artiglierie, e coi loro
tronchi, e con altri materiali raccolti, vennero per suo comando
istituiti più ordini di barricate a vari intervalli del viale che
conduce al castello, oltre al far turare il portone del cortile, sì che
una sola portella strettissima vi dava accesso.

La cosa ch'ei dovea più temere era la meschinità del numero de'
difensori. Perchè tutti gli sforzi di Harrison non erano giunti a
raunare più di nove uomini, compresovi lui e Gudyil. Aggiugnendo il
maggiore e il fedele suo Pique, tutta questa guarnigione sommava ad
undici uomini, gente vecchia la maggiore parte. Si potea farla arrivare
sino a dodici, ma lady Margherita non sapendo dimenticare l'affronto,
cui fu avventurata dalla goffaggine di Gibby il giorno della rassegna,
impedì che gli fossero somministrate armi, protestando che avrebbe amato
meglio vedere in poter de' nemici il castello, che saperlo salvo per
l'opera di un cotal difensore. Fu adunque con un presidio d'undici
uomini, contando il comandante fra questi, che il maggiore Bellenden
risolvè difendere sino agli estremi la piazza.

Nè gli apparecchi di difesa andarono scevri da quello strepito che suole
udirsi in simili circostanze. Le donne gridavano, i cani urlavano, gli
uomini bestemmiavano, il cortile rintronava del fracasso fatto dai messi
che andavano e tornavano ad ogni istante. Un carro di farina che veniva
condotto dalla città, le mandrie grosse e picciole della cascina che
s'introduceano nel castello, tutto ciò raddoppiava la confusione; onde
la torre di Tillietudlem era divenuta la torre di Babele.

Un tal baccano da svegliare poco meno che i morti, pervenuto alle
orecchie di miss Editta, interruppe il corso delle meditazioni fra cui
stavasi immersa. Ella mandò quindi Jenny affinchè s'informasse intorno
alle cagioni di questo straordinario tumulto; ma la nostra messaggera,
simile al corvo spedito fuori dell'arca, trovò tante novità da pascolare
le sue inchieste e la curiosità femminile, che dimenticò raggiugnere la
sua padrona; laonde miss Bellenden in cui cresceva ad ogn'istante
l'agitazione, e sfornita d'una colomba da mandar dietro al corvo, si
risolvè scendere ella stessa per verificare le cose in persona. Alla
prima domanda che ella fece udì risponderci da cinque o sei voci ad un
tempo che Claverhouse e tutto il suo reggimento erano stati uccisi, e
che dieci mila ribelli comandati da Burley, Morton e Cuddy s'avviavano
al castello per impadronirsene. Per vero dire la stravagante lega di
questi tre nomi le parve prova di falsità su quanto asserivasi, ma non
pertanto quell'universale scompiglio dava a divederle che la paura era
gravissima quanto reale.

»Dov'è lady Margherita?» Si fece a chieder tantosto.

»Nel suo oratorio» le venne risposto. Perchè nella cappella del castello
era una loggia ridotta ad uso di tribuna, detta l'_Oratorio di lady
Bellenden_, ove questa matrona si ritraeva in tutte quelle occasioni
straordinarie che volea darsi con maggiore concentrazione alle sue
pratiche di pietà, e ciò le accadeva ne' giorni anniversarj di quelli in
cui perdè i figli e il marito, e ogni qual volta sopravvenivano
argomenti di privati o pubblici timori. E allor quando così
raccoglievasi era severamente proibito a chiunque il portarsi ad
interromperla; laonde Editta avvezza a rispettare sommamente i voleri
della sua bisavola, nè tampoco in questo momento ebbe il coraggio
d'infrangerli.

»Dov'è adunque mio zio?» ella richiese. Non appena il seppe sul
pianerottolo della torre, inteso ad ordinare l'artiglieria che la
guerniva, v'accorse tantosto, ove il trovò in mezzo all'elemento che più
convenivagli, dando or comandi, or consigli, ora confortando, or
rampognando, ed adempiendo in somma tutti i doveri che a buon
governatore si addicono.

»In nome del cielo, mio caro zio! che cosa è dunque tale faccenda?»

»Che cos'è, mia cara nipote? — Gudyil, inclinate quel cannone più a mano
diritta. — Che cos'è? Claverhouse è in rotta. I Puritani marciano alla
volta del castello. Non è altro.»

»Buon Dio! sclamò Editta, volgendo gli occhi verso la strada. Arrivano!
Eccoli là!»

»Da qual parte? soggiunse il maggiore, mettendosi tosto gli occhiali.
Amici! Pronti colle micce accese ai vostri cannoni! Voglio che questi
cialtroni ne paghino un tributo appena si troveranno a gittata. — Però,
fermatevi, fermatevi! Son uomini a cavallo del reggimento guardie.»

»Oh no! caro zio, Editta rispose; non vedete come marciano disordinati,
e senza veruna cura di mantenere le loro file? Egli è impossibile che
questo sia il bel reggimento da noi veduto stamane.»

»Mia buona fanciulla, a voi è ignoto qual sia la differenza tra un
reggimento che s'incammina alla battaglia, e un reggimento che si salva
dopo l'istante della disfatta. Ma io non m'inganno e ne discerno persin
lo stendardo. Godo che abbiano potuto salvarlo.»

A mano a mano dell'avanzarsi dei cavalieri più facile divenia il
ravvisare che di fatto al reggimento delle guardie reali appartenevano.
Fecero posa innanzi al castello, intantochè il loro duce prese il viale
che a questo guidava.

»Egli è Claverhouse! sclamò il maggiore; Claverhouse certamente! Oh
quanta ho consolazione ch'ei non sia fra gli uccisi! ma, se non
m'inganno non ha più il suo famoso cavallo nero. Gudyil; correte ad
avvertire lady Margherita.»

»Ella si ritirò nell'oratorio, signor maggiore.»

»Non fa nulla. Ditele che v'ho mandato io. Allestite reficiamenti per
gli uomini, biada, fieno pe' loro cavalli. — Su via, mia nipote!
scendiamo tosto. Finalmente sapremo al giusto come stiano le cose.»



CAPITOLO V.

    »Ognun ne ammira in non cangiata guisa
    »Sereno il ciglio, il portamento altero,
    »Tal che lui vinto vincitore avvisa.»
                            _Hardyknute._


Allorchè il colonnello si presentò innanzi alla famiglia di lady
Margherita congregatasi per riceverlo nella grande sala, serbava quella
serenità di volto e quella disinvoltura che si erano scorte in lui
quella mattina medesima; nè i corsi pericoli gli fecero perdere
l'antiveggenza di rassettarsi quanto il potè ed ammendare una parte di
quegli sconci esterni che da un combattimento sogliono riportarsi. Più
non si scerneano sulle mani di lui le macchie impressevi dal sangue
degl'inimici, talchè sarebbesi creduto venir allora da un mattutino
diporto.

»Mi trovo sconsolatissima, o colonnello, (tai furono i primi accenti che
la vecchia signora gl'indirizzò piangendo a cald'occhi) veramente
sconsolatissima.»

»Io temo, mia cara lady Bellenden, che dopo la rotta cui soggiacemmo voi
non siate ormai troppo sicura in questo castello. La vostra notissima
lealtà, e l'ospitalità da voi conceduta stamane ai soldati di sua
maestà, potrebbero partorirvi conseguenze funeste. Vengo dunque a
proporvi, se però la protezione d'un povero fuggitivo non vi sembra cosa
da disdegnarsi, di farmi scorta sì a voi che a miss Editta tanto da
condurvi a Glascow. Di lì farò accompagnarvi a Edimburgo o al castello
di Dumbarton, secondo quello che giudicherete voi più a proposito.»

»Vi son grata, o colonnello, lady Margherita rispose; ma mio fratello si
è assunto difendere questa piazza contra i ribelli, nè si dirà che lady
Bellenden sia fuggita da Tillietudlem sintantochè vi rimarrà un soldato
valoroso che glie ne protegga il soggiorno.»

»Il maggior Bellenden ha concepito un tale disegno? (Disse Claverhouse
fissando gli occhi sfolgoranti d'ammirazione sopra il vegliardo.) Ma
perchè dovrei dubitarne? Un tal disegno corrisponde al restante della
sua vita. Però, maggiore, avete voi modi per resistere ad un assalto?»

»Non mi mancano, rispose il vecchio Bellenden, che uomini e
vittovaglie.»

»Posso lasciarvi, il colonnello soggiunse, dodici o venti uomini capaci
di restar intrepidi sulla breccia, fosse anche il diavolo che venisse
all'assalto. Certamente prestereste il massimo servigio allo stato col
dar qui indugio, anche d'una sola settimana, al nemico; basterebbe
questo tempo per farvi giugnere indubitatamente soccorsi.»

»Con venti uomini coraggiosi mi fo mallevador del castello. Vi ho già
fatto introdurre i cassoni di polvere che avevate lasciati nella nostra
cascina. E quanto a vittovaglie, spero che i messi da me inviati ai
vicini villaggi non torneranno addietro a mani vuote. Ad un estremo caso
poi mangeremo le suola de' nostri stivali prima di renderci.»

»Oserei, colonnello, farvi un'inchiesta, disse allora lady Margherita.
Avrei caro, se il rinforzo che vi piacerà aggiugnere alla mia
guarnigione avesse per comandante il sergente Stuardo di Bothwell.
Potrebbe ciò dargli occasione di meritarsi più presto la promessagli
promozione; oltrechè la nobiltà del sangue, onde proviene, m'inspira
grande fiducia.»

»I fatti campali del sergente son terminati, o milady, rispose
Claverhouse, nè è in questo mondo ch'ei possa omai sperare le sue
promozioni.»

»Perdonate (soggiunse il maggiore, che prese pel braccio il colonnello e
seco lo trasse in disparte) ma non so celarvi la mia angustia sopra
diversi de' miei amici. Temo abbiate fatta un'altra perdita e ben più
importante. Osservo che lo stendardo è portato da altri. Soleva essere
vostro nipote....»

»Avete ragione, o maggiore, rispose Claverhouse senza cambiare di tuono.
Mio nipote non è più; ma ha fatto una morte degna di lui, adempiendo il
proprio dovere.»

»Quale sciagura! sclamò il maggiore; un sì bel giovine, sì valoroso; su
cui si fondavano tante speranze!....»

»Tutto ciò è vero, replicò Claverhouse; io riguardava il povero Riccardo
come mio figlio; esso era la pupilla de' miei occhi, l'erede mio
presuntivo. Ma io vivo, o maggiore, (soggiunse stringendo con forza la
mano del vecchio guerriero) e vivo per vendicarlo.»

»Colonnello (ripigliò a dire il prode veterano, intantochè rasciugava
una lagrima dagli occhi sfuggitagli) mi compiaccio in veggendovi
sopportare con tanta fermezza una sì grave sciagura.»

»Che che possa dirsi, o maggiore, un disordinato amor di me stesso non
guida nè le mie speranze, nè i miei timori, nè i miei diletti, nè le mie
pene. Il ben pubblico è sempre stato il solo mio scopo. Forse talvolta
ho spinta tropp'oltre la severità, ma quanto feci il feci per il meglio,
nè mi appartiene mostrar pe' miei patimenti propri una debolezza che non
ho mostrata per quelli degli altri. I miei nemici nel consiglio imputino
a me questa rotta! — Sprezzo le loro imputazioni. Mi calunnino presso il
sovrano! — Saprò ad essi rispondere. Trionfino i ribelli della mia
disfatta! — Verrà il giorno di provar loro che trionfarono troppo
presto. Il giovinetto rimasto morto sul campo era la sola barriera posta
fra me ed un avaro congiunto; perchè, il sapete, non ho figli miei
propri; ma una tale sventura ferisce me solamente; nè la patria dovrà
dolersi tanto di questa perdita quanto di quella di lord Evandale, che
dopo aver date prove del massimo valore, ha dovuto, come sembra fuor di
dubbio, perire.»

»Qual funesta giornata, mio colonnello! Ho ben udito dire che il troppo
impeto di questo giovane sfortunato quanto coraggioso è stata una fra le
primarie cagioni della perdita della battaglia.»

»Ah! non dite questo, o maggiore. Se v'è qualcuno che in tal giorno
abbia meritata censura, volgasi sopra i superstiti, ma non mai ad
invilire gli allori di coloro che gloriosamente soggiacquero. Non potrei
però darvi per cosa certissima che lord Evandale sia in questo numero.
Quanto posso dirvi si è che abbandonammo il campo di battaglia in circa
quaranta uomini, miseri avanzi del reggimento; che eravamo vivamente
incalzati; che giunti dietro lo spianato di Loudon-Hill trovai una
trentina d'uomini a cavallo dispersi, ma Evandale più non era con noi.
Uno de' miei dragoni lo vide cader da cavallo, nè mi resta nemmeno il
conforto di dubitare ch'egli non sia o ucciso o prigioniero.»

»Però, colonnello, il vostro corpo è aumentato dacchè siete arrivato.»
Soggiunse il maggiore, fattosi ad osservare verso una finestra che
mettea nel cortile del castello d'ond'erano entrati i soldati.

»Oh! disse Claverhouse, questi furfanti non hanno nessuna tentazione nè
di disertare, nè dì sbandarsi al di là de' luoghi ove un primo timore li
trasportò. Non v'è troppo buon sangue tra essi e i contadini di questo
paese: tutti i villaggi d'onde passassero sorgerebber contr'essi, e
v'accerto io che le falci, i forcati, i flagelli ispirano a costoro un
timore efficacissimo a ricondurli sotto i loro stendardi.»

Si diedero indi a discutere su i modi di difesa immaginati dal maggiore,
e su quelli di mantenersi in corrispondenza, accadendo che la sommossa
venisse vie più a dilatarsi. Claverhouse innovellò l'offerta di condurre
a Glascow lady Bellenden e miss Editta, ma il maggiore pensò ch'elleno
sarebbero egualmente sicure a Tillietudlem.

Il colonnello coll'usata sua cortesia si congedò dall'una e dall'altra,
assicurandole del vivo rincrescimento prodotto in lui dalla necessità di
lasciarle in un momento sì pericoloso, e aggiugnendo che avrebbe avuto
per prima cura quella di soccorrere il castello; stessero quindi certe
di rivederlo, o d'avere con massima sollecitudine sue contezze.

Troppi pensieri in allora teneano agitato l'animo di lady Margherita,
perch'ella potesse rispondergli, siccome in tutt'altra occasione avrebbe
fatto: e si limitò nel rendere a Claverhouse le salutazioni fattele ed a
ringraziarlo del rinforzo che le avea promesso lasciarle. Editta ardea
della brama d'assicurarsi sul destino corso da Enrico Morton, ma non osò
risolversi a pronunziarne il nome. Ella erasi data alla speranza che suo
zio avrebbe profittato del colloquio particolare tenuto con Claverhouse
per favellargli di Morton; ma s'ingannò. Quando anche un figlio del
maggiore Bellenden si fosse trovato nelle circostanze del giovine di
Milnwood, è probabile che quel vegliardo non avrebbe trovato un istante
per dirne una parola in favore al colonnello; tanto avea intese tutte le
sollecitudini agli apparecchi della difesa.

Scese il colonnello per rimettersi a capo degli avanzi del suo
reggimento, e il maggiore l'accompagnò per ricevere da lui medesimo il
rinforzo di cui erasi pattuito.

»Non posso darvi veruno ufiziale, gli disse Claverhouse; pochi già me ne
restano, e i loro sforzi congiunti a' miei bastano appena per mantenere
l'ordine e la disciplina fra la mia gente. Vi lascerò Inglis per
comandare sotto i vostri ordini il drappello che intanto vi assegno; se
però, partito me, arrivasse qui un qualche ufiziale del reggimento, vi
do facoltà di trattenerlo e la presenza di esso non leverà poco per
assicurare l'articolo tanto essenziale della subordinazione.»

Quindi allorchè i suoi dragoni s'accignevano a partire, fece uscire
sedici uomini dalle file, e li pose sotto il comando del caporale
Inglis, cui promosse in quell'istante al grado di sergente, sì dicendo
loro: »Vi confido la difesa di questo castello. Dipenderete tutti da gli
ordini del maggiore Bellenden, uno fra' più zelanti e fedeli servi di
sua maestà. Se nel vostro contegno darete prove di saggezza, di
coraggio, e di subordinazione, ognuno di voi n'avrà guiderdone all'atto
del mio ritorno. Ma se vi fosse alcuno che trascurasse i propri doveri,
che si facesse lecita la menoma trasgressione, ceppi e corda! — Voi mi
conoscete, e vi è noto che non manco mai di parola. — Addio, maggiore,
(e in questo gli strigneva affettuosamente la mano). Vi siete assicurata
per sin ch'io viva la mia amicizia. Possiate voi riuscire nella vostra
impresa, e possiamo entrambi vedere splendere dì più sereni!»

Allora il restante di quella soldatesca si pose in cammino; ma in essa
più non iscorgevansi nè quell'altero contegno, nè quell'appariscenza,
con cui mostrossi nell'abbandonare in quella stessa mattina il castello.
Cionullameno le premure assuntesi dal maggiore Allan, restituirono
l'ordine fra quelle file sicchè potea tuttavia ravvisarsi, che al
reggimento guardie pertenea quel drappello.

Partiti appena, il maggiore Bellenden mandò un esploratore ad
investigare le fazioni cui dava allora opera l'inimico; e quanto potè
sapere si fu ch'ei sembrava propenso a passar la notte nel campo del
quale erasi impadronito. I capi de' Puritani, come vedemmo, aveano
spedito per vittovaglie a tutti i villaggi posti all'intorno; laonde
accadea che gli abitatori d'un medesimo luogo ricevevano ordine a nome
del re d'inviare vittuarie al castello di Tillietudlem, e ordine a nome
dell'esercito presbiteriano d'inviarle a Loudon-Hill. Ogni inchiesta di
tal natura veniva accompagnata da minacce contra chi non prestatavi a
secondarla, perchè i riscotitori di sì fatte contribuzioni sapean troppo
bene che a furia sol di minacce i contadini si sarebbero risoluti a
staccarsi dalle loro sostanze; e i poveri sfortunati cui gli ordini
contradittorj veniano intimati, trovavansi soprappiù nell'impaccio di
non sapere a chi dover ubbidire[3].

  [3] Non siam lontani dai tempi, in cui ogni parte dell'Europa,
  qual più, qual meno, è stata spettatrice di non dissimili
  avvenimenti. La natura è la medesima in tutte le età, e Walter
  Scott è il vero pittore della natura. — _N. del T._

In uno di questi difficili bivj trovavasi Niel, l'ostiero suonatore di
piva, del quale facemmo menzione nel principio di questa storia; il suo
fertile ingegno gli suggerì modi a trarsi d'imbarazzo.

»Questa maladettissima età, ei ragionava fra se medesimo, farebbe
divenir pazzo un Salomone di sapienza. Però qui bisogna prender qualche
partito. — Vediamo, Jenny! Come stiamo di granaglie in casa nostra?»

»Quattro sacchi d'avena, padre mio, due d'orzo, due di ceci.»

»Ebbene, la mia ragazza! continuò Niel sospirando, dirai a Bauldy che
porti l'orzo e i ceci a Loudon-Hill, perchè queste robe gioveranno
meglio agli stomachi presbiteriani. Avverta sopra ogni cosa di dire, che
è tutto quanto abbiamo nel nostro granaio. Non abbia paura di mentire,
perchè questa bugia intende al ben della casa. Poi se gli rimanessero
scrupoli, aspetti un momento, e vedrà sparire anche i quattro sacchi di
avena ch'io medesimo accompagnerò a Tillietudlem. Vi stanno di
guarnigione alcuni dragoni, e so che non mi vedranno mal volentieri.»

»Tutto ciò va bene, padre mio; ma e che cosa rimarrà da mangiare per
noi, se ci priviamo di tutto il nostro?»

»Eh carina! Ti sei, lo vedo, dimenticata che abbiamo un sacco di farina
di frumento; converrà risolverci a mangiarlo (disse Niel con tuono di
rassegnazione). Non è poi un nudrimento tanto cattivo, e gl'Inglesi la
preferiscono, benchè gli Scozzesi per le loro focacce trovino la farina
di orzo più adatta.»

Intantochè il prudente Niel cercava a farsi amici da entrambe le parti,
tutti quei de' dintorni correvano all'armi. I Reali non erano i più,
perchè riduceansi a que' signori che faceano vita ne' propri castelli, e
questi, anzichè pensare a collegarsi, ciascuno spartatamente dava opera
a munir la sua rocca per provvedere all'istante in cui venisse assalita.
Ciascun d'essi era già consapevole degli apparecchi che faceansi a
Tillietudlem, e riguardava questa fortezza come ultimo rifugio ove
ripararsi, quando fosse tornato vano ogn'altro resistere.

Tutti in vece i villaggi mandavano copiosi rinforzi all'esercito
presbiteriano; perchè avendo i Reali fatta man bassa nel paese,
inarcebiti erano gli animi de' contadini; e vedendo quindi con occhio di
compiacenza la rotta sofferta dai loro persecutori, riguardavano nella
vittoria della parte antireale una via che lor dischiudevasi per
iscotere il giogo della militare tirannide. Quindi ad ogn'istante il
campo di Loudon-Hill ingrossava di drappelli numerosi d'uomini
deliberati a sostenere con tutti i propri sforzi una causa che aveano
per unita a quella della civile e religiosa libertà.



CAPITOLO VI.

    »Ve' l'oste argiva! In breve i nostri solchi
    »Tutti vedrem delle sue tende ingombri.
                                      _Troilo._


Alla radice d'un monte, distante circa un miglio dal campo di battaglia,
era il casolare d'un pastore, misero abituro, ma pure il solo che
potesse trovarsi ad una ragionevole distanza, e il più adatto che
credessero potere scegliere i capi puritani per tenervi consiglio di
guerra. Tal fu il luogo ove Morton da Burley fu condotto.

Nell'accostarvisi il giovine di Milnwood maravigliò non poco del tumulto
e delle grida che gli feriron l'orecchio. Egli avea creduto che la calma
e la gravità dovessero governare un consiglio ove stavano per discutersi
affari rilevantissimi in un momento di rilevantissimo rischio; ma vi
trovò in vece la discordia e la confusione, dal che trasse poco buon
presagio dell'impresa cui accigneansi. Stava aperto l'ingresso della
capanna e assediato da una folla d'uomini curiosi, i quali senza aver
parte in quelle deliberazioni si giudicavano in diritto di ascoltarle.
Laonde per rompere la calca e giugnere a quella assemblea insieme al
compagno, Burley ebbe d'uopo d'adoperare minacce e violenze e preghiere,
a malgrado della specie di primazia che ei godeva su quell'esercito. Se
fosse stata tutt'altra men rilevante occasione, Morton avrebbe avuto
argomento di ricrearsi in udendo i discorsi incoerenti e ridicoli che vi
furon tenuti.

Questa casa oscura e cadente in rovine, veniva in parte rischiarata da
un fuoco di verdi rami tagliati dalle vicine boscaglie, ma il fumo non
trovando bastante uscita per la canna del cammino si era dilatato per
tutta la stanza, e innalzandosi formava una cupola tenebrosa sul capo
de' duci colà convenuti. Alcune candele attaccate con soccorso d'argilla
a quelle pareti rassembravano a stelle scorte a traverso di fitto
nebbione.

Alla luce di questo crepuscolo leggeasi sulle costoro fisonomie, come
gli uni gonfi d'orgoglio pel riportato buon successo, credeano nulla
omai impossibile alle loro armi, gli altri animati da feroce entusiasmo,
sorridevano anticipatamente all'idea delle scene di distruzione che
divisavano. Alcuni poi d'essi irresoluti ed inquieti avrebbero voluto
non trovarsi avventurati in una causa che per sostenere non si sentivano
forti a bastanza, e se duravano tuttavia, egli era per non osare di fare
un passo in addietro. Presi tutt'insieme formavano un corpo composto di
elementi discordi e mal atti a combinarsi fra loro. I più ardenti di
questa congrega erano quelli che al pari di Burley aveano partecipato
alla morte dell'arcivescovo di Sant'Andrea, e che sapendo imposta una
taglia sulle proprie teste, in un soqquadro generale soltanto scorgevano
l'ancora di lor salvezza; pur minori ad essi in fanatico zelo non erano
que' predicatori puritani, i quali ricusando sottomettersi al governo
voleano piuttosto condur la vita predicando per foreste e montagne ai
loro settari che congregandoli nelle chiese sotto la protezione del re.
Coloro di cui andava composta la classe de' moderati erano gentiluomini
scontenti, fittaiuoli stanchi delle vessazioni derivate dal governo
militare, e predicatori presbiteriani che aveano bensì prestato il loro
atto di sommissione al governo, ma congiunti di cuore alla causa del
Puritanismo, e venuti a mettersi sotto le sue bandiere non appena
apparve loro un raggio che possibile ne presagiva il trionfo. Fra questi
ultimi si trovava Pietro Poundtext, ministro approvato della parrocchia
di Milnwood.

Deliberavasi in quel punto sulla composizione di un bando con cui far
noti i motivi della sommossa. Macbriar, Kettledrumle, e molt'altri della
loro tempera voleano che comprendesse ad un tempo la scomunica contra
chiunque Presbiteriano aveva avuta la debolezza di usare atti di
condiscendenza al governo, e di adattare al professato culto le
restrizioni dallo stesso governo intimate. Poundtext e i partigiani di
questo sostenevano acremente la legittimità delle loro opinioni, e
citavano a propria difesa parecchi testi di Sacra Scrittura, contra i
quali non mancavano di sfoggiare altre citazioni que' della parte
contraria. Quindi il consiglio di guerra scorgeasi trasformato in arena
di teologiche dispute, ed essendo eguale d'ambo i lati il vigor de'
polmoni, ne nacque il baccano, che assordava Morton all'atto di entrare
in mezzo a quell'assemblea.

Burley scandalezzato da cotale scena di discordia, pose in opera tutta
la riputazione in cui vivea presso costoro per ridurli al silenzio, e
soprattutto li fe' accorti degli inconvenienti che erano a temersi dalle
lor dissensioni nel momento appunto in cui necessitava di più il
collegarsi contra il comune inimico, e tanto orò da far cessar
finalmente ogni discussione sull'articolo contrastato. Ma comunque
Kettledrumle e Poundtext, ciascuno per parte sua corifeo del litigio,
fossero stati costretti a tacere, non si stettero quindi dal lanciarsi
scambievolmente occhiate di sdegno; simili a due cani che separati nel
fervor della rissa, si ritirano rangolando ciascuno sotto la seggiola
del suo padrone, e col dimenar delle code, e col movere delle orecchie e
col girar degli occhi infiammati danno a divedere che aspettano
solamente l'istante opportuno a saziar la mutua ira per iscaglirsi l'un
sopra l'altro.

Profittò Burley di quell'istante di silenzio ottenuto per presentare al
consesso il sig. Enrico Morton di Milnwood, e il dipinse com'uomo
profondamente commosso dalle sciagure de' tempi, e pronto a sagrificar
beni e vita in difesa d'una causa, alla quale il padre suo Silas Morton
avea prestati servigi i più segnalati. Enrico venne accolto col massimo
riguardo, e dal suo antico pastore, Pietro Poundtext che gli strinse
amichevolmente la mano, e da tutti coloro che professavano massime di
moderazione. Ma quei dell'altra fazione borbottarono fra denti i
vocaboli di _tiepidezza_, _indifferenza_, _tollerantismo_, e alcuni si
rammentavano l'un l'altro sommessamente, che Silas Morton nei suoi
ultimi giorni avea riconosciuta l'autorità del tiranno, di Carlo
Stuardo, e quindi schiusa la porta all'oppressione, sotto la quale allor
gemeva la chiesa presbiteriana. Nondimeno, poichè l'interesse generale
comandava un tal punto, che non si rifiutassero i servigi di chiunque
porgea mano alla _grand'opera_, Morton venne accolto siccome un de' capi
dell'esercito; se non coll'approvazione universale, almeno senza udirsi
voce d'alcuno che si opponesse.

Allora Burley persuase ai diversi comandanti lo scompartire in compagnie
tutti gli uomini di quell'esercito, il cui numero continuamente
ingrossava. Neil'eseguirsi un tale ripartimento, tutti quelli della
congregazione del moderato Poundtext, si schierarono, com'è naturale il
crederlo, sotto il comando di Enrico Morton, nato fra essi; per la qual
cosa ei si trovò capo della più bella e più numerosa compagnia di tutto
l'esercito.

Ultimata questa bisogna, fu necessario passare all'altra di prescrivere
l'andamento delle fazioni militari. Oh come palpitò il cuore di Morton
in udendo porre per prima cosa il partito d'impadronirsi del castello di
Tillietudlem, giudicato punto il più rilevante in quello stato di cose!
Il ministro Poundtext più degli altri instava sull'urgenza di tale
espediente, avendo del suo parere tutti gli abitanti di que' dintorni, i
quali vedeano in questo castello il migliore rifugio delle truppe reali,
che non avrebbero mancato di ardere le case, di perseguirne le famiglie,
scostatosi appena l'esercito da cui in allora ricevean protezione.

»Opino (dicea Poundtext, chè i teologi di que' giorni non si stavano mai
dal proferire il proprio parere sulle fazioni militari comunque
ignorantissimi, soprattutto in tale argomento) opino che facciam nostra
la fortezza di quella femmina, detta lady Bellenden. Costei discende da
una empia schiatta, in ogni tempo avvezza a lordarsi le mani nel sangue
de' veri figli della chiesa.»

»Egli è vero che la piazza è forte, così ragionava Burley. Ma quai modi
ha di difesa? Due donne potranno tentar nemmeno di trattenerci?»

»In questa fortezza trovasi ancora, soggiugneva Poundtext, Iohn Gudyil
cantiniere della vecchia signora, che si dà vanto di aver militato sin
dalla prima fanciullezza e d'avere portate l'armi sotto Iames Graham di
Montrose, quel figlio indegno di Belial.»

»Eh via! vergognatevi di parlarci d'un cantiniere» sì gli disse in tuon
di rampogna Burley.

»Vi si trova parimente, continuò Poundtext, quel vecchio partigiano
della monarchia, Miles Bellenden di Charnwood, che nelle passate guerre,
ha sempre impugnate l'armi contra i nostri fratelli.»

»Oh quanto a Miles Bellenden, fratello di sir Artur, soggiunse Burley,
questi è ben uomo, che se fa tanto di sguainare la spada, non è facile
il fargliela rimettere nel fodero.»

»Vi dirò anzi, aggiugneva un altro arrivato in quell'istante, essere
voce divulgata per tutto il paese, che dopo la sconfitta dei Reali
furono introdotti nel castello e soldati e vittovaglie, indi ne è stata
chiusa la porta.»

»Non sarà mai per mio avviso, disse allora Burley, che noi perderemo il
tempo ad assediare un castello. Ne fa d'uopo correre innanzi, e trar
partito de' vantaggi ottenuti per occupare Glascow. Non so immaginarmi
che, o gli avanzi del reggimento da noi sconfitto o il reggimento
medesimo di lord Ross, pensino neanco ad aspettarci colà di piè fermo.»

»Almeno, rispose Poundtext, potremmo spiegare il nostro stendardo
dinanzi a Tillietudlem e fare un'intimazione al castello. So bene che vi
sta dentro una schiatta di refrattari; ma chi sa? potrebbero anche
arrendersi; ed in allora faremmo prigionieri gli uomini, e muniremmo di
salvocondotto le donne perchè potessero trasferirsi a Edimburgo.»

»Chi ardisce parlare di pace e salvocondotti?» si udì allora una voce
stridula e acuta che venia dal mezzo di quella folla.

»Tacete, fratello Abacucco, tacete» soggiugneva in tuono pressocchè
supplichevole Macbriar.

»No che non tacerò, continuava la precedente voce. È egli momento di
parlare di pace e di salvocondotti, quando la terra è scossa fino nelle
sue viscere? quando i rigagnoli divengono fiumi di sangue? quando il
coltello a due tagli è uscito del fodero?»

Così favellando questo nuovo oratore pervenne ad avanzarsi in mezzo al
consesso, e offerse ai sorpresi occhi di Morton la vista d'un
personaggio, il cui aspetto conformava affatto alla voce e ai discorsi
che avea fatti udire. Coperto d'un abito, altra volta nero, che andava a
brani, portava sovr'esso i frammenti d'un vecchio mantelletto qual
l'usano i montanari Scozzesi; aggiustamento di vesti che non bastavano
al certo a guarentir dal freddo chi le portava, e a fatica adempievano i
riguardi voluti dalla modestia. Gli ondeggiava sul petto una lunga
barba, bianca come la neve; e capelli della stessa bianchezza che non
avevan mai conosciuto pettine gli cadeano disordinatamente e dinanzi e
sopra le spalle. I lineamenti del volto dimagrato dai digiuni appena il
lasciavano scernere per un uomo. Feroce erane il guardo; e i suoi occhi
errabondi ed acuti ad un tempo davan segno d'una mente sconcertata.
Brandiva una sciabola arrugginita e tinta di sangue. Le unghie di costui
cogli artigli d'un'aquila avean somiglianza.

»In nome del cielo, chi è costui?» chiese sommessamente a Poundtext il
giovane Morton, fatto stupido a tale aspetto come se avesse veduto un
sacerdote cannibale, toltosi allora dal sagrificar vittime umane.

»Egli è Abacucco Mucklewrath, rispose parimente sotto voce il ministro
Poundtext; uomo che ha sofferto assai nelle passate guerre, e che indi è
stato lungo tempo in prigione: la mente sua era alienata da lui fin
quando egli ne uscì, e temo veramente sia posseduto dallo spirito
maligno. Nondimeno l'entusiasmo ch'ei dimostra gli ha fatti molti
partigiani, nè vorrei...»

Ma la voce di Poundtext fu soperchiata da quella di Abacucco che ripetè
in tuono da far tremare la soffitta di quella stanza: »Chi ardisce
parlar di pace e salvocondotti? Chi di pietà verso le case de' malvagi?
Non istà forse scritto: _voi infrangerete contro le selci i capi de' lor
fanciulli: precipitate dall'alto delle torri la madre e la figlia; si
nudriscano i cani del loro sangue come di quello di Gezabelle?_»[4]

  [4] Tutti coloro che mossi, o da entusiasmo siccome i Puritani,
  o anche da fini più scaltri, vollero dare significato a loro
  modo alle Sacre Carte, confusero le minacce de' gastighi divini
  annunziati in tuon profetico da' suoi ministri con una sanzione
  di que' delitti che, sebbene compiessero tali minacce,
  acquistavano ben altro che merito a chi li commetteva. — _N. del
  T._

»Com'ei parla giusto! sclamavano parecchie voci dietro di lui. In verità
non sarebbe servire a dovere la buona causa il risparmiarne i nemici.»

»Ah! quest'è un abbominio, un'empietà che fa nausea, proruppe Morton che
non potea più frenare la sua indignazione. E credete voi meritarvi la
protezione del cielo ascoltando i consigli orribili dell'atrocità e
della follìa?»

»Zitto là, giovine inesperto! zitto là! prese a dir Kettledrumle, tu
censuri quello che non intendi. Spetta a te forse giudicare il vaso
entro cui il cielo ha versate le sue inspirazioni?»

»Noi giudichiamo l'albero da' suoi frutti, rispose Poundtext, nè
crediamo che una contravvenzione alle leggi divine possa essere figlia
d'una inspirazione del cielo.»

Kettledrumle si apparecchiava a rispondergli, ma fece per lui la
strillante voce di Abacucco che tutte le voci spegnea.

»Perchè vi ho parlato? Perchè mi son io tratto fra voi? Perchè ho
veduto; perchè ho inteso. Che cosa ho veduto? L'angelo sterminatore che
brandiva la spada fiammeggiante. Che cosa ho inteso? Una voce che
gridava _Ferite, ferite! che i vostri occhi sian chiusi! che le vostre
mani non conoscan pietà! L'uomo, e il fanciullo, la giovinetta e la
vecchia dai capelli grigi, tutti cadano percossi dal fendente della
vostra sciabola, che i ruscelli si cambino in fiumi di sangue!_»

»Così comanda Dio. Sclamarono molte voci. Non può dubitarsene; poichè
sono sei giorni che l'uomo divino non ha nè mangiato nè parlato. Noi
ubbidiremo alla inspirazione.»

Compreso d'orrore sopra quanto aveva inteso ed udito Morton, s'allontanò
dal consesso, e uscì fuori di quel tugurio. Burley che non dipartiva gli
occhi da lui, lo seguì; e afferratolo per un braccio: »Ove andate?» gli
disse.

»Nol so — Di nulla mi cale. — Basta ch'io qui non rimanga più lungo
tempo.»

»Giovane! ti stancasti sì presto? Mettesti appena la mano all'aratro, e
divisi già abbandonarlo? È questo il tuo consacrarti alla causa che un
giorno tuo padre ha difesa?»

»Non v'è causa giusta, rispose Morton, che potesse prosperare sotto sì
fatti auspici. Vedo una parte che vuole ubbidire ai sogni d'un
mentecatto sitibondo di sangue. Vedo tra i capi di questa banda un prete
ignorante quanto orgoglioso. Ne vedo un altro....» e qui fermossi un
istante.

»Continua, disse Burley, continua. Ti ascolterò senza scompigliarmi. Un
altro, vuoi tu dire, che è un assassino, un Balfour di Burley. Ma tu, o
giovine, non pensi a tutto: in questi giorni di vendetta non sono gli
uomini amanti sol di se stessi, gli uomini che ragionano a mente fredda,
coloro che sorgono ad eseguire i giudizi del cielo, a compiere la
liberazione d'un popolo. Se ti fosse toccato il vedere gli eserciti
d'Inghilterra sotto il parlamento del 1642, allorchè tutte le lor file
ringorgavano di settari e di entusiasti più feroci degli anabatisti di
Munster, ben avresti avuto altro argomento di maraviglia. Ma cotesti
uomini erano invincibili, e le lor mani operarono prodigi per la libertà
del proprio paese.»

»I lor consigli però si tenevano con saggezza, e a malgrado della
violenza del loro zelo e della stravaganza delle loro opinioni,
eseguivano gli ordini de' propri capi nè si trasportavano ad atti
inutili di crudeltà. Venti volte l'ho udito dire a mio padre. I vostri
conciliaboli in vece sono l'immagine vera del caos.»

»Abbi pazienza, Enrico Morton! Tu non devi abbandonare la causa della
religione e della patria per un discorso stravagante, o per un'azione
che sembra a te riprovevole. Ascoltami. Io già ho fatto comprendere ad
alcuni de' nostri amici che abbiamo un consiglio soverchiamente
numeroso; e sembran d'accordo nella massima di ridurlo a sei de' capi
principali. Tu sarai un di questi; tu avrai in esso una voce; tu potrai
favorire, quando il crederai convenevole, la parte dei moderati. Sei
contento?»

»Il sarò senza dubbio, quand'io veda veramente la mia presenza essere
utile a temperare gli orrori d'una civile discordia; nè abbandonerò la
carica che accettai se non se allor quando io veda vincer partiti,
contra i quali si ribelli la mia coscienza. No: non vedrò mai
imperterrito la strage d'un inimico che domanda quartiere al cessare
della battaglia: non consentirò mai ad un'esecuzione, cui non abbia
preceduto un giudizio. Voi potete star certi che a provvisioni di tal
natura io mi opporrò costantemente e con tutto il potere che mi
attribuiste.»

»Sei giovine, o Morton, te lo ripeto, nè comprendi ancora che poche
gocce di sangue son nulla, se giovano ad estinguere tutto un incendio.
Ma non quindi ti prenda spavento. Avrai in tutti i casi voce al
consiglio, e può darsi che ci troviamo sempre del medesimo avviso.»

Nè tai detti erano assai per rendere Morton tranquillo: pure non giudicò
in quell'istante prudenza il tirar più a lungo un tale colloquio. Burley
si tolse da lui, consigliandolo a prendere un po' di riposo, tanto più
necessario per la probabilità che alla domane l'esercito si ponesse in
cammino.

»Non andate a dormire anche voi?» Enrico gli chiese.

»No, rispose Burley: i miei occhi non si possono ancora chiudere al
sonno. Egli è d'uopo che la scelta del nuovo consiglio venga fatta in
questa notte medesima. Domani vi chiamerò per prendervi luogo alle
deliberazioni.»

Partito Burley, Morton si fece ad esaminare il sito ove trovavasi, nè
credè rinvenirne un più opportuno per trascorrervi quella notte. Coperto
di musco erane il suolo, e una punta di roccia lo difendea dal vento di
tramontana. Avviluppatosi nel mantello datogli fin sulle prime
dell'arresto suo dal dragone, una stanchezza, figlia delle fatiche del
corpo e dell'animo sofferte in quella giornata, lo vinse; talchè prima
di aver tempo di meditare sullo stato deplorabile del suo paese e sul
bivio dilicato in mezzo a cui trovavasi posto, fu preso dal sonno.

L'esercito puritano dormì a campo. In questo mezzo i principali duci
ebbero con Burley un parlamento sullo stato de' comuni affari, e le
sentinelle poste alla sicurezza di quell'accampamento si tennero deste a
furia d'intonar cantici tutta la notte.



CAPITOLO VII.

    »Tra 'l sonno ancor fortuna i prodi aggiunge.
    »Ve' i corsier pronti! In sull'arcion, miei fidi!»
                                         _Enrico IV._


Al primo albeggiare, Enrico si vide a canto il fedele Cuddy, che portava
sotto il braccio una valigia.

»Ho dato ordine alle cose vostre aspettando che vi svegliaste, sig.
Enrico. Nè ho fatto in ciò che il mio dovere, poichè acconsentiste
prendermi al vostro servigio.»

»Io, Cuddy! Ve lo siete sognato.»

»No, mio signore. Quando io me ne stava ieri colle mani legate sul mio
cavallo, vi ho detto, se tornavamo liberi, di volere divenir vostro
servo. Voi non mi rispondeste nulla. Se questo non è acconsentire,
straccio tutti i miei libri. È ben vero che non mi deste caparra, ma
questa non me la deste neanco a Milnwood.»

»Ebbene dunque, Cuddy, se non temete far lega colla mia cattiva
fortuna...»

»Non dite così, sig. Enrico, non dite così. La nostra fortuna prenderà
buona andatura, semprechè però non venga a traversarla mia madre. — Già
ho cominciato bene la mia milizia, e vedo che non è un cattivo mestiere
la guerra.»

»Me n'accorgo. A quest'ora avete fatto una correria. D'onde vi deriva
quella valigia?»

»Qui non entrano nè correria nè saccheggio. L'ebbi in guisa la più
legittima, e mercè d'un commercio lecitissimo. Osservai che i nostri
spogliavano i dragoni morti, lasciandoli nudi come bambini nati in quel
punto. Laonde quando li vidi tutti intesi ad ascoltare le prediche di
Kettledrumle e dell'altro ciarlatano di cui non so il nome, mi posi in
cammino, e giunti ad un luogo, che nessuno ancora avea visitato,
indovinate chi trovai ivi steso sul suolo? l'antico nostro conoscente,
il sergente Bothwell.»

»Morto!»

»Oh daddovero morto. Ferito da due grandi colpi di sciabola, senza
contare non so quante altre ferite, e cogli abiti traforati in tal guisa
che non v'era il prezzo dell'opera a levarglieli di dosso. Ma gli ho
prestato il servigio, ch'ei prestò vivendo a molti altri assai più di
lui galantuomini; gli ho rinversate le saccocce, entro cui stava la
borsa di vostro zio, o per dir meglio la vostra. Eccola!»

»Poichè sappiamo, o Cuddy, d'onde proviene questo denaro, credo che in
tutta coscienza ce ne potremo valere. Faremo a metà.»

»Un momento, sig. Enrico! un momento! — Ecco un anello attaccato ad una
fettuccia nera che gli pendeva dal petto. — Povero diavolo! Era forse un
qualche ricordo d'amore. Può bene un uomo avere il cuor duro, ma è
sempre tenero per riguardo ad una leggiadra fanciulla. Ho trovata
inoltre la sua valigia; ecco un pacchetto di carte che vi si conteneano;
tutta questa biancheria è quanto appunto può abbisognarmi insin che duri
la guerra.»

»Per essere un novizio, o Cuddy, non incominciate male la vostra
carriera.»

»Non è egli vero? soggiunse tutto contento di se stesso Cuddy. Vel dissi
ben io di non essere tanto goffo quanto mi davano a diveder le
apparenze. — Ho anche trovati due cavalli di dragoni senza padrone.
Vedeteli attaccati a quell'albero. — Finalmente, tornando da questa
impresa ho incontrato un de' nostri soldati curvo sotto l'incarico di
tre valigie che poteva appena portare. Pensando che siete sfornito di
biancheria gli ho chiesto se voleva vendermene una, che di fatto mi ha
ceduta per una moneta d'oro. Voi troverete questa moneta di meno nella
borsa di Bothwell.»

»Faceste un ottimo acquisto, Cuddy: ma io non accetterò queste cose
senza ricompensarvene.»

»No, no, sig. Enrico. Parleremo un'altra volta di ciò! Per ora non ho io
tutto il mio bisognevole entro la valigia del sergente Bothwell? Voi lo
vedete. Non vi è cane che non abbia il suo giorno di buona ventura, come
suol dire mia madre. Povera donna! — Ma a proposito! Vorrei ben sapere
che cosa ne sia divenuto in mezzo a tanto sconquasso. Se non avete nulla
da comandarmi, ne vado in cerca.»

»Andate, Cuddy, andate: non ho alcun bisogno di voi.» Allora Cuddy si
ritirò lasciando le due valige raccomandate alla sella d'uno de' due
cavalli testè menzionati.

»Le leggi della guerra, pensò fra se stesso Morton, e la necessità
soprattutto, mi autorizzano a valermi degli arredi contenuti in questa
valigia. Se però sapessi a chi appartengono, li restituirei al loro
padrone, se vive tuttora, o ne compenserei il prezzo ai suoi eredi se
più non fosse.» Mentre tai cose ragionava coll'animo, portò gli occhi su
quella parte della stessa valigia, ov'era scritto in cifre d'oro il nome
di Evandale, dal che conchiuse ch'era stata tolta dal cavallo ucciso
sotto il ridetto lord, là nello spianato ov'ei giunse dopo la perdita
della battaglia. La qual considerazione fe' sì che ei non concepisse
maggiori inquietudini sul destino d'un uomo cui sapea egli stesso,
Morton, d'avere forniti i modi di salvezza, e continuava a sperare che
avesse potuto giovarsene.

Si diede indi ad esaminare gli scritti contenuti nella cartella di
Bothwell, e vi trovò il registro de' dragoni comandati da quel sergente
colle annotazioni di quelli che erano assenti per congedo; una lista di
persone d'opinione contraria al governo, e quindi da assoggettarsi ad
ammenda, copia d'un mandato del Consiglio privato che autorizzava il
sergente ad arrestare diversi individui; più certificati di capi sotto i
cui ordini aveva servito Bothwell, concordi tutti nell'encomiarne il
coraggio; varie liste di spese fatte nelle taverne. Il documento più
meritevole d'osservazione era un albero genealogico composto colla
massima accuratezza, e munito di tutte le prove necessarie a dimostrarne
l'autenticità. Vi era parimente uno specchio esattissimo di tutte le
proprietà appartenenti ai conti di Bothwell, poi confiscate. Vi si
trovava ancora una enumerazione de' nomi di coloro ai quali il re
Giacomo le avea concedute, e che continuavano tuttavia a goderne.
Bothwell avea scritto al piede di questa lista: _haud immemor_.

In un segreto ripostiglio della cartella stavano alcune lettere che la
scrittura indicava vergate da mano femminile, una treccia di capelli e
alcuni versi di carattere di Bothwell, e che le cancellature fatte dalla
stessa mano mostravano essere autografi del medesimo Bothwell.

Mentre Morton leggea questi versi, che non privi affatto di merito
giudicava, gli comparve innanzi Burley.

»Svegliato a quest'ora! gli disse. Ottimamente. Ella è una prova del
vostro zelo per la buona causa.»

Morton dopo avere narrata succintamente la spedizione di Cuddy, pose fra
le mani del Puritano le carte di Bothwell. Burley esaminò con grande
attenzione tutte quelle, che in qualche modo ai pubblici affari si
riferivano, ma giunto ai versi li gettò da se con disprezzo; »Allorchè
(grazia sempre alla celeste assistenza!) liberai la terra da questo
strumento di persecuzione, non mi immaginai certo che un uomo non privo
di valore invilisse il suo spirito a cose cotanto futili e profane. Ma
vedo che il demonio comparte a' suoi prediletti ogni sorte d'ingegno,
che la stessa mano alla quale conferisce il potere di trucidare gli
eletti in questa valle di perdizione, è abile ad un tempo ad arpeggiare
per consumar l'esterminio delle figlie della vanità.»

»Dunque le idee che vi siete formate intorno al dovere, soggiunse
Morton, vi divietano ogni amore delle bell'arti! Son pochi però che non
le abbiano per soccorrevoli a purificare e sollevare l'anima umana!»

»Mettete la maschera che più vi piace ai diletti mondani. Agli occhi
miei non sono che vanità, non presentano se non se agguati. Non abbiamo
che uno scopo sopra la terra: _Rifabbricare il Tempio del Signore_.»

»Pure mio padre mi dicea spesse volte, che molti i quali s'impadronivano
dell'autorità a nome del cielo, la usavano con tanta severità, ed erano
tanto schifi di abbandonarla, come se l'ambizione fosse stata unicamente
la loro forza motrice. — Ma non è di questo che ora dobbiam favellare.
Riusciste poi nell'assunto d'instituire un nuovo consiglio?»

»La nomina è fatta. Sarà composto di sei individui. Voi siete un di
essi, e venni anzi in traccia di voi per sollecitarvi a trasferirvi colà
e prender parte alle deliberazioni.»

Morton seguì Burley in quello stesso casolare ov'era stato il dì
innanzi, ed ove gli altri compagni suoi lo aspettavano. Le due
principali fazioni in cui divideasi questo esercito affrettatamente
raunato, erano dopo lunga e tumultuosa discussione alfin convenute nel
partito d'avere ciascuna la facoltà di nominare la metà de' membri del
consiglio. I tre scelti dai Puritani fanatici erano Burley, Macbriar, e
Kettledrumle. La scelta de' moderati cadde sopra Poundtext, Enrico
Morton e lord Langfern, signore di quelle vicinanze, che avendo
scialacquato il suo patrimonio non sarebbe stato scontento di
restaurarlo all'aura delle domestiche turbolenze. Tal fu l'espediente
inteso a contrabbilanciare compiutamente in quel consiglio le due
fazioni; ma vi era grande probabilità ciò nonostante, che la
preponderanza sarebbe stata dalla parte di chi alle più violenti
sentenze inclinava. L'astuto Burley, il quale fondavasi sul soccorso de'
moderati ogni qualvolta avrebbe differito di opinione dai due colleghi
della sua fazione, si riserbava poi, quando con questi accordava, a
porre in uso la prevalenza, ch'ei sperava mantener sempre sullo spirito
di Morton e sulla debolezza d'indole, ch'era il caratteristico di lord
Langfern, per trarre almeno un d'essi nel proprio partito, ed
assicurarsi in tutti i casi la maggiorità.

Per vero dire, le deliberazioni di questa giornata furono sensate quanto
tranquille. Dopo avere esaminato i modi di guerreggiare che offeriva
l'istante, e que' maggiori che erano da sperarsi, risolvettero
conservare il campo, in cui stavano, tutto quel giorno per dar tempo di
giugnere ai rinforzi che s'attendevano; alla domane si marcerebbe alla
volta di Tillietudlem, intimando al castello la resa; negandola que' di
dentro, si tenterebbe un assalto; il quale ove non fosse riuscito, ne
verrebbe abbandonata l'impresa contentandosi di lasciare attorno a
quella fortezza una forza bastante a bloccarla e tribolarla colla
penuria sintantochè si arrendesse. Il rimanente dell'esercito
prenderebbe la via di Glascow per isnidiarne lord Ross e gli avanzi del
reggimento di Claverhouse.

Tal fu la conclusione di quest'adunata. Laonde il primo passo d'Enrico
nella sua nuova carriera diveniva l'assalire un castello spettante
all'avola di colei che gli era scopo di tenerissimo affetto, un castello
difeso dal maggiore Bellenden, cui lo astrigneano vincoli di stima,
d'amicizia, di gratitudine. Nè certamente ei celava a se stesso
l'arduità dello stato in cui era posto; ma il confortava la speranza che
l'autorità acquistatasi sopra l'esercito gli fornirebbe abilità di
concedere agli abitanti di Tillietudlem tale assistenza, su cui
certamente non avrebbero potuto fondarsi s'ei non fosse stato fra i capi
della spedizione. Egli nudriva parimente una lusinga di potere frapporre
tra l'esercito presbiteriano e il castello tai patti di neutralità, da
metter questo al sicuro contro i funesti effetti della guerra che stava
per cominciare.



CAPITOLO VIII.

    »Sol per prodigio a lacrimevol, fera
    »Strage sottratto, or move a questa banda
    »Uom tal che di valor dà fede intera
    »Col sangue sol che d'ogni membro ei manda.»
                                      _Finlay._


Pensiamo ora agli abitanti di Tillietudlem. Nella notte successiva alla
battaglia, il maggiore pose sul pianerottolo della torre alcune
sentinelle instrutte di dar all'arme ad ogni menomo segnale che
annunziasse l'avvicinar del nemico; ma un profondo silenzio avendo
regnato in tutta la notte, i difensori del forte poterono godere d'un
qualche riposo. Al primo schiarire del giorno fu data mano a continuare
le fazioni della difesa incominciate il dì innanzi, e alcuni istanti
dopo una sentinella diede avviso d'un reale che s'avviava verso il
castello. L'andatura lentissima del palafreno, e il modo di tenersi in
sella del cavaliere, davano a scorgere com'ei fosse o infermo o ferito.
Si corse tosto alla portella per dargli ingresso, e fu gioia universale
in ravvisandolo per lord Evandale. Il molto sangue uscito dalle sue
ferite gli fu cagione di tale spossatezza, che senza l'altrui soccorso
non avrebbe potuto scendere da cavallo, e allorchè reggendosi ad un
servo entrò nella sala, le due signore mandarono al vederlo un grido di
sorpresa e spavento. Pallido come la morte, coperto di sangue, lacere le
vesti, disordinati i capelli, più di spettro che di uomo aveva
sembianza.

»Sia lodato Dio! sclamò lady Margherita; sia lodato Dio poichè fuggiste
dalle mani di quegli scellerati, ingordi di sangue, di quei mostri che
trucidarono tanti fedeli servi di sua maestà!»

»Grazie al cielo! soggiunse Editta, siete qui, siete sicuro! Quanti
spaventi abbiamo provati per voi! Ma voi siete ferito, o milord, e temo
non troviate qui tutti i soccorsi necessari allo stato in cui vi
veggiamo.»

»Le mie ferite non sono pericolose (rispose lord Evandale, che fu
tostamente fatto sedere sopra d'un canapè); lo sfinimento di cui parlate
è solo effetto di molto sangue perduto. Ma non venni io qui a crescere
gl'impacci che vi molestano. Entrando in questo castello non mi proposi
altro fine che sapere le notizie vostre e se foste qui tuttavia; vedere
ancora se potessi esservi di qualche sollievo, e intendere ad un tempo
contezze del mio reggimento, giacchè ne riconobbi in lontananza gli
uniformi allorchè portai gli sguardi sul pianerottolo della torre.
Permettetemi in tale occasione di comportarmi, come un figlio vostro,
lady Margherita, come un _vostro fratello_, miss Bellenden.»

E adoperò un tuono particolare nel pronunziar le voci _vostro fratello_,
onde miss Editta non credesse che in qualità d'amante il proprio
servizio offerisse. Accortasi ella d'un sì dilicato riguardo, gliene fu
grata, ma non era quello istante per attaccar gara di nobili sentimenti.

»Noi siamo deliberati a difenderci, o Milord, soggiunse dignitosamente
la vecchia matrona. Mio fratello ha assunto il comando della
guernigione, e spero colla grazia di Dio che i ribelli qui troveranno
un'accoglienza conforme ai lor meriti.»

»Quanto mi sarebbe grato, disse lord Evandale, cooperare anch'io alla
difesa che intraprendete! Ma nello stato di debolezza cui mi trovo
ridotto, io non vi sarei che di peso. Dico più. La mia presenza potrebbe
crescervi intorno i pericoli. Guai se i ribelli s'accorgessero che un
de' primi uffiziali del reggimento guardie fosse riparato in questo
castello! Si farebbero più inviperiti, più ardenti nel disegno
d'impadronirsene!»

»Potete voi, o milord (esclamò Editta con uno di quegli slanci di
commozione che sono spesse volte il caratteristico del bel sesso, e così
ben gli si addicono) potete voi supporre in noi tanta abbiezione,
crederne così assorte in pensar solo a noi stesse per acconsentir che
partiate? E vi par egli che le considerazioni da voi poste in campo
valgano ad impedire ai vostri amici il darvi ricetto, e il darvelo in un
momento che il paese è coperto di nemici, in un momento che non siete in
essere di potervi difendere? Evvi forse in tutta la Scozia una sola
capanna, donde vi permettessero l'uscita nello stato in cui siete? E
come v'immaginaste che vi lasceremmo partir da un castello, entro cui
noi medesime ci crediam protette a bastanza?»

Editta pronunziò sì fatti accenti con voce agitata da verissima
commozione interna; e il rossore apparsole in sulle guance palesò
com'ella sentisse fortemente nell'animo tutto quanto esprimeva.

»Lord Evandale non può assolutamente pensare ad abbandonarci, aggiunse
lady Margherita. Pique, il vecchio servo di mio fratello, egli che lo ha
seguito in tutte le guerre, ha acquistata qualche cognizione di
chirurgia, e curerà le ferite di milord. Non permetterei all'ultimo fra
i soldati di sua maestà che abbandonasse il castello di Tillietudlem,
allorchè d'ogni parte la spada si sguaina contro di essi. Vi lascio dire
se soffrirei che uscisse lord Evandale! Sarebbe per questa mia casa tale
disdoro, di cui la sola idea m'atterrisce. Dacchè il castello di
Tillietudlem è stato onorato di una visita di sua ma....»

Fortunatamente in tal punto fu interrotta dall'arrivo del maggiore.

»Abbiamo fatto un prigioniero, mio zio, disse miss Editta, e un
prigioniero ferito che tenta prender la fuga. Spero che ne aiuterete a
trattenerlo per forza.»

»Lord Evandale! il maggiore tosto sclamò. Il piacer che ne provo è tanto
grande come quello ch'io gustai, sono tanti anni, al ricevere la mia
nomina di tenente. Claverhouse ne avea fatto temere che foste caduto
prigioniero, o che forse anche aveste perduta la vita.»

»Se nulla di questo è accaduto, ne ho debito ad un vostro amico (rispose
lord Evandale con qualche commozione e chinando la testa, quasi temesse
scorgere l'impressione che quanto egli stava per raccontare avrebbe
prodotto sull'animo di miss Bellenden). Io era già rovesciato da cavallo
e privo d'ogni difesa, la sciabola dell'inimico pendea sul mio capo,
allorchè Morton, il prigioniero per cui ieri intercedevate voi stesso,
si è generosamente frapposto in mio favore, mi ha salvati i giorni a
rischio dei propri, m'ha somministrate le vie d'una fuga.»

Nel terminar tai detti una curiosità dolorosa al suo cuore trionfò in
lui della precedente risoluzione. Sollevò gli occhi suoi sopra Editta, e
in quelli della giovane credè ravvisare la gioia impadronitasi di lei in
udendo che l'amante suo era vivo, era libero, nè si era lasciato vincere
in generosità dal rivale. Tali erano di fatto i sentimenti ohe Editta
provava; ma a questi aggiugneasi l'altro di verace ammirazione tributata
alla nobile franchezza, onde lord Evandale rendea giustizia ad un tale
competitore, e gli si professava debitor d'un servigio, di cui giusta
ogni probabilità avrebbe voluto avere a tutt'altri l'obbligazione.

Il maggiore che non si sarebbe accorto della commozione fattasi negli
animi di sua nipote e di lord Evandale, foss'anche stata le mille volte
più evidente, si limitò a dire: »Poichè Enrico Morton ha qualche
prevalenza sullo spirito di questi sciagurati, godo che ne abbia fatto
un sì buon uso; ma spero si torrà, tosto che il possa, dalle loro mani.
Non dubito ch'ei nol desideri. Io ne conosco le massime, e so com'ei
detesti il gergo mistico, l'ipocrisia di costoro. Quante volte l'ho
udito ridere della pedanteria di quei vecchio furfante, del ministro
presbiteriano Poundtext, di questo iniquo, che dopo avere goduto per
tanti anni della condiscendenza del governo, si leva sfacciatamente la
maschera alla prima occasione, e sovvertendo colle sue ciance tre quarti
di parrocchiani, a capo d'essi va a raggiugnere le bande ribelli. — Ma e
voi come fuggiste o milord?»

»Che volete? rispose sorridendo lord Evandale: a guisa d'un cavalier
miscredente, e affidandomi tutto alla celerità del mio palafreno. Ho
preso la via, che credei mi avventurasse meno ad uno scontro
cogl'inimici, nè indovinereste mai in qual luogo io abbia trovato
ricovero la scorsa notte.»

»Senza dubbio nel castello di Braklan, o presso qualche altro leal
gentiluomo» soggiunse lady Margherita.

»No, milady: ben mi presentai a diversi castelli, i cui padroni si sono
dispensati di accogliermi, quale con un pretesto, quale con l'altro, ma
tutti in sostanza perchè temevano che la mia presenza traesse loro
addosso il nemico. — Ho trovato rifugio entro la capanna di una povera
vedova, alla quale, non son tre mesi, uno squadrone della mia compagnia
ha moschettato il marito, e che adesso ha i suoi due figli nell'esercito
de' sollevati.»

»E dovrò crederlo? sì fatta donna avrà potuto esser capace di un tanto
atto di generosità?.... Ma senza dubbio penserà in un modo affatto
diverso dal rimanente della famiglia.»

»Perdonatemi, o milady. La cosa è affatto all'opposto. Ma questa donna
non vide in me che un ferito, un uomo pericolante, e dimenticò a tal
vista ch'io fossi ufiziale spettante alla parte de' suoi nemici. Ella
medesima ha fasciate le mie ferite, ella mi ha dato un letto, ella mi ha
sottratto alle ricerche di una banda di ribelli che inseguivano i
fuggitivi, nè stamane mi ha lasciato partire, se prima non si è
assicurata ch'io potea tener questa strada senza abbattermi nelle truppe
de' Puritani.»

»Ecco in che sta la vera nobiltà d'animo, si fece ad osservare miss
Bellenden. Io son ben certa, o milord, che troverete qualche occasione
di ricompensare una tanta generosità.»

»Oh miss Editta! in questa giornata di mal'augurio ho corse obbligazioni
da tutte le parti; ma spero non verrò accusato di non saper che sia
gratitudine, ogni qualvolta mi si presenti l'occasione di usarla.»

Tutti allora rinnovarono le proprie istanze per indurre lord Evandale a
rimaner nel castello; ma a tal uopo il maggiore si valse d'un argomento
che trionfò di qualunque resistenza dell'altro.

»Almeno voi non mi negherete, o milord, di dovere sottomettervi agli
ordini del vostro colonnello. Ebbene sappiatelo da me. Mi ha autorizzato
a trattenere nel castello il primo ufiziale del suo reggimento che vi si
presentasse, e ciò a fine di mantenere l'ordine e la disciplina fra i
dragoni che mi lasciò di rinforzo; e se ho da dirvela, mi son già
accorto, ch'era necessario questo provvedimento.»

»Allora poi non mi rimangono obbiezioni, soggiunse lord Evandale, e
comunque sieno possenti i motivi che mi costringevano ad allontanarmi,
questi cedono all'obbligo della subordinazione, e soprattutto alla brama
ch'è in me d'esservi giovevole in qualche modo. — Oserei chiedervi, o
maggiore, quai modi, qual metodo di difesa abbiate scelto? Ov'è ch'io
debbo seguirvi per dare un'occhiata ai primi lavori di fortificazione?»

»Mio caro zio (disse Editta che scorgea lo stato di languore e di
spossatezza che opprimeva lord Evandale) ora che milord acconsente a far
parte della nostra guarnigione, io credo vi convenga incominciar ad
usare della vostra autorità per intimargli l'arresto nel suo
appartamento tantochè si riposi e ricuperi le forze prima di mettersi
nelle fazioni del suo nuovo servigio.»

»Editta ha ragione, aggiunse la vecchia matrona. Vogliamo sapervi il più
presto in letto, o milord. Pique esaminerà lo stato delle vostre ferite,
e vi porrà, come dessi, le fasciature. Io poi v'invierò una pozione
preparata dalle mie mani.»

»Mille ringraziamenti, milady! mi sottometto a tutte le ordinanze che mi
prescrivete, e spero, grazie alle vostre bontà, mi troverò ben presto in
essere, e meglio che or nol sono, di difendere il vostro castello. Il
mio braccio sarà ognor pronto a prestarvi servigio. Quanto ai servigi
della mia mente non ne avete d'uopo; poichè il maggiore si trova con
voi.»

Dette le quali cose uscì della sala, e si ritirò nella stanza
assegnatagli.

»Eccellente giovane, ed altrettanto modesto!» dicea il maggiore
abbandonando egli pure la sala per trasferirsi alle ispezioni de' lavori
militari che continuavano.

Lady Margherita così continuò l'elogio incominciato dal maggiore: »È
privo di quell'amor proprio che fa credere a una gran parte de' giovani
odierni di saperne al di sopra di chi è più esperto di loro!» Uscì ella
pure per farsi ad apparecchiare la pozione promessa a milord.

»Ben fatto quanto generoso!» Aggiunse la sua parte di lode anche Jenny
Dennison, entrata ivi nell'atto che ne usciva lord Evandale.

Editta non accompagnò tutti i ridetti elogi che con un sospiro, ma
benchè rimasta in silenzio, non sentiva al certo men vivamente degli
altri quanto fossero meritati.

»In somma, si fece indi a dire Jenny, milady ha ragione nel sostenere
che non c'è da fidarsi in nessun Presbiteriano; non ve n'è un di costoro
che abbia nè legge nè fede. Chi avrebbe creduto che il sig. Enrico e
Cuddy si sarebbero arrolati fra i ribelli?»

»Che cosa intendete dire, o Jenny? Le si volse con tuono d'impazienza la
sua padrona. Quali sciocchezze spacciate ora?»

»So che questa corda non vi sona grata all'orecchio, nè per vero dire
piace a me maggiormente il toccarla: Pure è ben necessario il farvi
istrutta di cosa omai divulgata per tutto il castello.»

»Ma di che cosa? qual è questa cosa? Avete voglia di farmi perder la
mente?»

»La cosa è che il sig. Morton ha raggiunti i ribelli, e che lo hanno
nominato per un de' lor condottieri.»

»Tutto menzogna! Tutto abbietta calunnia! e mi sorprende il vostro
ardire di riportarmela. Enrico è incapace di porre in dimenticanza
quanto deve al suo re ed alla sua patria. — Dire il contrario è un
mancar crudelmente di riguardo a me, e a... a persone innocenti
perseguitate, e che non si trovano qui per difendersi. — Ve lo ripeto;
Enrico è incapace dell'azione che gli attribuite.»

»Mio Dio! miss Editta, farebbe mestieri conoscere i giovani più di me, e
più di quanto ho voglia di conoscerli, per dir con certezza di che sono
e di che non sono capaci. Sappiate dunque che stamane Holliday e un
altro dragone si sono travestiti da contadini Scozzesi per fare una
sco.... sì una scoperta, così la chiama Gudyil. Si sono trasportati nel
campo dei ribelli; e tornati ora, ne raccontano d'aver veduto il Sig.
Enrico Morton armato di sciabola e di pistole che cavalcava un cavallo
del reggimento guardie, e trattava da pari a pari cogli altri capi de'
ribelli. L'hanno veduto dar ordini a quelle turbe, e Cuddy gli veniva
dopo, vestito d'un farsetto che hanno riconosciuto appartenere a
Bothwell, colla _coccarda_ di fettuccia turchina al cappello, che questo
è il color de' ribelli; e poi i merletti allo sparato della camicia
all'usanza d'un lord. Una cosa veramente andava bene coll'altra!»

»È impossibile, Jenny. Questa notizia non può esser vera. Mio zio non ne
ha udito parlare.»

»Lo credo anch'io. Holliday è tornato cinque minuti dopo l'arrivo di
lord Evandale, e appena è stato istrutto di tal novità, ha giurato per
tutti i santi, che trovandosi ora entro il castello un ufiziale del
reggimento, farebbe a questo e non più al maggiore Bellenden il suo....
come ha detto?.... il suo _rapporto_; e se ha raccontato a me questa
faccenda, è stato, cred'io, per farmi tribolare al proposito di Cuddy.»

»Ed è ben per questo, sciocchissima creatura, che la notizia è falsa,
architettata solo per darti un po' di martirio.»

»No, miss Editta; perchè John Gudyil ha fatto entrare in credenza
l'altro dragone, vecchio soldato, del quale non so il nome, e questi
intanto che beveva un bicchiere d'acquavite gli ha ripetuto parola per
parola lo stesso racconto. Cagione per cui il sig. Gudyil è montato in
grandissima collera, dando colpa di tutto ciò a milady e al maggiore, i
quali, diceva egli, se non avessero posta alcuna sorte di mediazione pel
sig. Enrico,[5] se questi, e parimente Cuddy fossero stati moschettati,
non si starebbero ora impugnando l'armi in compagnia de' ribelli. Nè qui
mi pare che abbia poi tutto il torto.»

  [5] Gudyil non potea sapere che ingrosso le faccende de' suoi
  padroni. Onde qualunque sia il modo onde è venuto a scoprire
  ch'essi intercedettero per Morton, non dovea dubitare che non
  fosse opera della lor prevalenza la salvezza dello stesso
  Morton, e quella ancor di Gudyil. — _N. del T._

Non appena Jenny ebbe proferite sì fatte parole, fu costretta ad
atterrire dell'effetto che produssero sull'animo della sua giovine
padrona, effetto doppiamente forte, perchè questa era imbevuta delle
massime monarchiche giusta le quali venne educata. Ogni vermiglio le
sparì dal volto, le mancò il respiro, cadde priva di moto sopra il
seggiolone che fu più prossimo. Jenny si fe' a tagliarne le stringhe del
busto, le appressò alle narici un profumo di penne abbruciate, tentò in
somma tutti que' rimedi soliti a credersi efficaci in tai casi; ma tutto
invano.

»Dio mi perdoni! Jenny esclamò. Che mai fec'io, sciagurata. Era meglio
mi avessero prima tagliata la lingua. Ma chi avrebbe creduto ch'ella si
prenderebbe tanto a cuor questa cosa? Si tratta poi di un giovane. Nè
anche se non ve ne fossero più a questo mondo! — Miss Editta, mia cara
padroncina, riprendete coraggio. Chi sa? Quanto vi ho raccontato
potrebbe anche non essere vero. — Ma l'ho sempre detto che questa mia
lingua dovea giuocarmi un cattivo giuoco. — Buon Dio! Mancherebbe or
solo che venisse milady, e vedesse la nipote stesa su questo seggiolone,
ove niuno si è più seduto dopo che servì a sua maestà. — Che cosa devo
fare? Come terminerà questo intrico?»

Intantochè Jenny diffondevasi in tai lamentevoli considerazioni sulla
sorte della padrona e sulla propria, miss Editta andava acquistando i
sensi e riavendosi dallo stato letargico, in cui una notizia sì
inaspettata la immerse.

»Infelice soltanto, dicea fra se stessa, non lo avrei abbandonato
giammai; morto l'avrei pianto, per tutta la vita; infedele, gli avrei
perdonato, ma ribelle al suo re, traditore alla patria; collegato co'
malvagi e co' masnadieri! oh ne strapperò ogni rimembranza da questo
cuore, se tale sforzo mi dovesse costar persino la vita.»

Rasciugatasi gli occhi, si alzò da quel seggiolone, pronta essendo tosto
Jenny a scuoterne i cuscini, affinchè perdessero ogni traccia di quanto
lady Bellenden avrebbe forse chiamato una profanazione.

»Reggetevi al braccio mio, miss Editta. Egli è d'uopo che il dolore
abbia il suo sfogo. In appresso....»

»No, Jenny; rispose Editta con fermo tuono. Voi foste spettatrice della
mia debolezza. Or lo sarete del mio coraggio. Il sentimento del dovere
mi sosterrà. — Però tutto vuol essere ponderato. Ch'io conosca prima i
motivi della condotta tenuta da Morton, indi saprò dimenticarmi di lui.»

Così parlando si tolse dalla sala, ritirandosi nella sua stanza per
esaminare il proprio cuore e pensare su i modi più efficaci a sbandirne
la rimembranza di Morton.

»Ella è una cosa singolare! meditò fra se stessa quando fu rimasta sola
Jenny. Passato il momento della prima botta, miss Editta prende il suo
partito con una facilità eguale alla mia; anzi maggiore, perchè io ho
bene amato Cuddy, ma non mai tanto quant'ella il suo Enrico. — Però,
pensandola giustamente, non è male l'avere amici da tutte due le bande.
Se i ribelli si impadroniscono del castello (cosa possibilissima,
perchè, si sta male in dispensa, e i dragoni mangiano in un giorno
quanto basterebbe a noi per un mese...) se ciò dunque accade.... Morton
e Cuddy dalla parte dei ribelli!... Oh! la loro protezione diventa un
tesoro. — Fu ben questa la mia prima idea quando diedi alla mia padrona
la notizia che l'ha fatta svenire.»

Confortata da tale considerazione la nostra ancella, andò a dar opera
agli usati lavori del suo ministerio.



CAPITOLO IX.

    »Coraggio, amici! anche un secondo assalto.»
                                    _Enrico V._


Tutte le notizie potute nella sera di questo giorno raccogliersi da quei
del castello confermarono l'opinione, che l'esercito dei Presbiteriani
moverebbe sullo schiarire della domane alla volta di Tillietudlem.
Intanto Pique avea visitate le ferite di lord Evandale, che erano bensì
molte, ma niuna di esse pericolosa. La copia di sangue perduto fu
appunto quella che lo salvò dal sopravvenir della febbre; laonde a
malgrado della spossatezza, e comunque tuttavolta assai sofferisse,
volle nel mattino susseguente alzarsi di buonissim'ora. Nè essendosi
potuto persuaderlo tampoco a rimanere nella sua stanza, venne
sorregendosi ad un bastone laddove più ferveano i lavori della difesa, a
fine d'incoraggiare colla presenza propria i soldati, di esaminare le
fortificazioni ordinate dal maggiore, ed anche, poichè queste poteano
temersi troppo ligie agli antichi principj di far la guerra, a fine
d'indicare, ove fosse stato d'uopo, qualche utile cambiamento. Nè aveavi
al certo chi più atto fosse di lord Evandale a fornire in tal bisogna
ottimi suggerimenti. Datosi all'armi fin dalla prima sua giovinezza,
segnalato si era co' servigi prestati in Francia e ne' Paesi Bassi;
sicchè l'arte militare era stata lo studio principale della sua vita.
Nondimeno poche cose trovò da aggiugnere a quanto vide già apparecchiato
per fare una valevole difesa, e salvo un blocco che la mancanza di
vittuarie potea render fatale, giudicò che non vi sarebbe stato a temere
d'un assalto, regolato principalmente da tai nemici quali venivano
reputati que' raunaticci combattenti, già presti però a mostrarsi sotto
le mura.

Appena spuntava il sole che il ridetto lord stando insieme col maggiore
sopra la torre avea data l'ultima occhiata agli apparecchi di difesa, nè
più aspettavasi che l'avvicinar del nemico.

I due esploratori, de' quali Jenny fe' parola a miss Bellenden, aveano
già dato ragguaglio delle cose osservate a lord Evandale, che le
partecipò indi al maggiore; questi nondimeno ostinossi a non voler
credere che Morton avesse presa parte pei sollevati.

»Lo conosco meglio di voi, dicea Bellenden al lord: que' vostri due
mariuoli non avranno ardito innoltrarsi; gli ha forse ingannati da
lontano qualche tratto di somiglianza, o prestarono fede alla prima
storiella che venne lor raccontata.»

»Non sono io già del vostro avviso, o maggiore; e credo anzi che il
vedremo a capo de' sollevati; e ne proverò più rincrescimento assai che
sorpresa.»

»Voi non valete meglio di Claverhouse, gli rispose sorridendo il
maggiore. Anche egli ieri mi sosteneva in faccia che questo giovane,
fornito parimente di coraggio e di nobile orgoglio, questo giovane che
non la cede a chicchessia in buone massime, avea sol duopo d'una
circostanza opportuna per farsi capo di ribellione.»

»Quand'io considero in qual modo venne trattato, soggiunse Evandale,
quando penso ai sospetti che furono formati sopra di lui, non saprei
troppo dirvi se gli rimaneva miglior partito. Saremmo stati infine noi
stessi che l'avremmo lanciato, con mani e piedi legati in mezzo ai
ribelli: nè potrei dirvi se meritasse piuttosto biasimo o compassione.»

»Biasimo, milord! Che parlate voi di compassione? Se quanto dite fosse
vero, il capestro! nè mi disdirei quando anche fosse mio figlio.
Compassione?... Ma voi stesso, o milord, non la pensate così.»

»Vi do la mia parola di soldato, o maggiore, penso così; nè è da oggi in
poi solamente che penso essersi abbracciate provvisioni violente troppo
e rigorose a danno di questa infelice contrada. Noi, i primi, ci
portammo a riprovevoli estremi, noi inacerbimmo gli animi, non dirò
solamente della classe subalterna del volgo, ma anche di tutti quelli
più ragguardevoli che, spirito di parte o antica divozione ad una
dinastia, non incatenarono alle bandiere del re.»

»Io poi non so di politica, mio caro milord, e queste distinzioni son
troppo sottili per me. La mia spada non appartiene che al re, e son
pronto a sguainarla ogni volta ch'egli il comandi.»

»Spero, o maggiore, vi siate accorto che nemmen la mia sta incollata nel
fodero; bramerei però, e lo bramerei con tutto l'animo, non dover farne
uso che contra nemici stranieri... Ma lo vedo anch'io; non è buon
momento a discutere tale quistione, perchè il nemico si avanza.»

Di fatto l'esercito de' sollevati incominciava a scorgersi sopra d'una
collina poco distante dal castello, e a questa volta s'era indiritto, ma
fe' pausa prima d'essere a gittata delle batterie della torre, dando a
divedere perplessità circa l'avventurarsi a tale saluto. Il ridetto
esercito apparve più numeroso di quanto erasi immaginato e giudicandone
dal fronte e dalla profondità dei battaglioni, si dovette conchiudere
ch'esso aveva ricevuti parecchi rinforzi. Tre o quattro uomini a cavallo
che ne sembravano i condottieri s'avanzarono a capo di quelle schiere, e
raggiunsero una picciola eminenza vicinissima a Tillietudlem.

Gudyil che, come artigliere, avea qualche perizia in tal genere di
fazioni, puntò un cannone alla dirittura di questo gruppo di uomini
distaccato, e voltosi al maggiore. »Debbo trarre, mio comandante? vi
prometto che qualcun di costoro non si partirà più dal luogo dove è
venuto.»

Il maggiore die' un'occhiata a lord Evandale.

»Un momento! disse l'altro. Vedo che spiegano una bandiera bianca.»

Di fatto un di que' cavalieri scese da cavallo, e s'incamminò solo verso
il castello, portando una picca sopra cui sventolava un bianco vessillo.
Il maggiore e lord Evandale scesero dalla torre, e s'inoltrarono fino
all'ultimo palizzato a fine di ricever l'araldo; chè non pensarono
espediente cosa dargli accesso entro una fortezza ove erano deliberati a
difendersi. Nell'atto che partì il messo puritano, gli altri suoi
compagni tornarono ad unirsi all'esercito, quasi presagissero le buone
intenzioni che per riguardo loro avea manifestate Gudyil.

L'araldo de' Presbiteriani, giudicandone alla fisonomia e al portamento,
sembrava gonfio di quell'orgoglio spirituale, che è il caratteristico di
cotal setta. Una specie di sprezzante sorriso ne animava le labbra, e i
suoi occhi socchiusi volgendosi al cielo indicavano uomo che ha in non
cale le cose terrene, per darsi intieramente alle celestiali
contemplazioni.

Lord Evandale non potè starsi dal ridere in riguardando quella grottesca
figura, cui si fece a scandagliar meglio per traverso ai vani del
palizzato.

»Vedeste mai un simil automa, diss'egli al maggiore; non diremmo che si
move per un giuoco di suste? Crediamo che abbia il dono della parola?»

»Oh sì! rispose il maggiore. Colui mi rimembra vari antichi miei
conoscenti. Egli è un vero Puritano, dell'effettivo lievito farisaico. —
State attento. Tossisce; m'aspetto che fa un'intimazione al castello,
non già a suon di tromba, ma con un pezzo di predica.»

Nè s'ingannava nelle sue congetture il maggiore, che nelle precedenti
guerre civili aveva avute parecchie occasioni di conoscere il gergo e lo
stile di questi fanatici; la sola differenza si fu che in vece d'un
pezzo di sermone in prosa, lord Langfern (che era questo inviato) intonò
con voce stridula e acuta il seguente squarcio di salmo parafrasato.

    »Vostre porte superbe si schiudano,
    »Abbassate le vinte bandiere,
    »Re mondani. Del re delle sfere
    »Le falangi qui volgono il piè.»

»Non ci ho io indovinato?» disse il maggiore a lord Evandale.

Allora presentatisi entrambi all'uscio del cancello, il maggiore domandò
al messo a qual fine fosse venuto ululando dinanzi alla porta del
castello a guisa di cane che abbaia alla luna.

»Io vengo (si fe' a rispondere senza salutarli e tenendo sempre il tuono
medesimo quell'araldo) io vengo a nome dell'esercito religioso e
patriottico de' Presbiteriani per favellare al giovane figlio di Belial
Guglielmo Maxwell, detto lord Evandale, e al vecchio peccatore indurito,
Miles Bellenden di Charnwood.»

»E che cosa avete a dir loro?» chiese il maggiore.

»È forse ad essi ch'io parlo in questo momento?» soggiunse lord
Langfern.

»Sì, rispose il maggiore; qual'è la commissione che avete?»

»Eccovi l'intimazione che v'indirigono i comandanti dell'esercito (disse
il messo, consegnando uno scritto nelle mani di lord Evandale) ed ecco
altra lettera per Miles Bellenden. Glie la invia un giovine che ha
l'onore di comandare una fra le divisioni dello stesso esercito. —
Leggete alla presta, e possa il cielo far fruttare ne' vostri cuori le
parole che siete per leggere! cosa però sulla quale dubito grandemente.»

Era concetta ne' seguenti termini l'intimazione.

»_Noi capi dell'esercito presbiteriano, radunato per la causa della
libertà e della vera religione, intimiamo a Guglielmo Maxwell lord
Evandale, a Miles Bellenden di Charnwood, e a tutti gli altri che ora si
stanno in armi entro la rocca di Tillietudlem, il prestarsi immantinente
alla dedizione della stessa rocca, concedendo loro il patto d'aver salva
la vita, e di poter ritirarsi colle loro armi e bagaglie. Caso che
ricusino: gli avvertiamo, come sapremo a ciò costringerli col ferro, e
col fuoco: nè vi sarà per essi altra speranza d'ottener quartiere._

                              S. Iohn Balfour di Burley, quartier
                              mastro generale dell'esercito
                              Presbiteriano per se e per gli altri
                              capi, d'ordine del Consiglio.»


La lettera che Enrico Morton indirigeva al maggior Bellenden era del
tenore che segue.

  »Mio rispettabile amico

_Ho fatto un passo che può portarmi conseguenze sgradevoli, e quella, io
pavento soprattutto, d'avventurarmi alla vostra disapprovazione. Mi
trovai in carriera, senza averne avuto nè l'idea nè il desiderio nè la
previdenza, e costretto da quella oppressione, di cui chiamo in
testimonio voi stesso s'io non sono stato la vittima. Non posso però
pentirmi di quanto operai, e la mia coscienza è tranquilla sulle
conseguenze, quali esse siano, che deriveranno dalla mia presente
condotta. M'era egli lecito di vedere più a lungo calpestati i nostri
diritti, violata la nostra libertà, fatto oltraggio alle nostre persone,
sparso il nostro sangue senza motivo e senza l'appoggio d'alcun giudizio
legale? Le colpe de' nostri persecutori trarranno seco il termine della
loro tirannide._

_Nondimeno Dio, che vede nell'intimo del mio cuore, mi giudichi s'io
partecipo alle passioni violente ed odievoli della maggior parte di
coloro che combattono nelle nostre file. I miei voti i più ardenti sono
per vedere imposto un fine sollecito a questa guerra contro natura, i
miei voti sono perchè al lodevole scopo si adoperi l'intervento d'uomini
moderati e prudenti d'entrambe le parti, i miei voti sono affinchè si
ottenga il ritorno stabile di una pace, che senza diminuire in conto
alcuno i diritti costituzionali del re, ponga in vece del militare
dispotismo la giustizia delle civili magistrature, e permettendo a
ciascuno di onorar Dio giusta i dettami della propria coscienza,
incateni l'entusiasmo fanatico colla ragione e colla dolcezza anzichè
spignerlo alla frenesia cogli urti della intolleranza e della
persecuzione._

_Poichè tali sono i principj che mi guidano, voi dovete comprendere
quanto ella sia acerba cosa per me l'essere in armi dinanzi al castello
della rispettabile vostra parente. Veniamo assicurati ch'è vostra
intenzione il difenderlo contro di noi. Permettetemi il porvi innanzi
agli occhi che una tale deliberazione non condurrebbe se non se ad un
inutile spargimento di sangue. Voi non aveste il tempo bastante agli
apparecchi d'una convenevol difesa, e quand'anche i nostri non
pervenissero ad impadronirsi per assalto del castello, la mancanza di
vittuarie ben tosto vi costringerebbe, voi medesimi, a cederlo. Fosse in
un modo o nell'altro, il cuor mi si spezza in pensando alle sciagure ed
ai patimenti, cui si troveranno avventurate le persone che vi
soggiornano._

_Non v'avvisaste ciò non pertanto, rispettabile amico, ch'io volessi
vedervi accettar patti intesi in qualsisia modo ad oscurare l'inviolata
fama che vi siete e meritata ed acquistata. Adoperate ch'escano fuor del
castello quanti soldati reali or vi si trovano, ed io ne farò sicura la
ritirata, e mi riprometto che altro patto non si pretenderà da voi fuori
di quello d'una assicurazione di neutralità per tutto il corso di questa
guerra malaugurata. Voi non avrete l'onere di ricevere sorte alcuna di
guernigione, e i dominj di lady Margherita verranno rispettati al pari
de' vostri._

_Potrei allegarvi molt'altri motivi atti a persuadere sulla
ragionevolezza di mie proposte; ma nella tema, attesi i momenti in cui
siamo, di apparire colpevole dinanzi a voi, prevedo come ogni
ragionamento perderebbe forza sul vostro animo. Conchiudo pertanto
accertandovi che, comunque sul conto mio la pensiate, non si partirà mai
dal mio cuore la grata rimembranza di quanto io vi debbo, e che avrò per
l'istante il più felice della mia vita quello in cui mi riesca
convincervi meglio che con parole di tali miei sentimenti. Coerentemente
ad essi vi avverto affinchè, se mai, cosa ella pure possibile, nel primo
bollore delle idee che or vi commovono, rigettaste le mie proposte, indi
la natura degli avvenimenti vi rendesse proclive ad accettarle, non vi
stiate dal farmi note le vostre nuove deliberazioni, e crediate che avrò
sempre qual mia fortuna, il potervi essere di qualche vantaggio._

                                                  S. Enrico Morton.»

Il maggiore lesse tutta la predetta lettera con tale indignazione che
non si studiò certamente a nascondere.

»Oh l'uomo ingrato! oh l'uomo perfido! (andava esclamando nel rimettere
la stessa lettera a lord Evandale). Ribelle per calcolo, senza avere nè
manco la scusa dell'entusiasmo che trascina quegli altri sciagurati
fanatici! Ah stolto io! non dovea mai dimenticarmi ch'egli era di
schiatta presbiteriana. Doveva accorgermi ch'io accarezzava un giovine
lupo; pronto nell'ingrandire a volermi sbranare. Non v'è che dire. Se
san Paolo tornasse sulla terra, e fosse presbiteriano, in tre mesi
diventerebbe un ribelle. La semenza della ribellione, costoro l'hanno
nel sangue.»

»Certamente io sarei l'ultimo, soggiunse lord Evandale, a proporre la
resa del castello. Ma... e se ne verranno a mancare i viveri, se non
riceviamo i promessi soccorsi!.. Non potremmo almeno profittare di
questa via di corrispondenza, che la sorte or ne appresenta, per
assicurare una ritirata alle signore del castello?»

»Le signore del castello, rispose il maggiore, soffriranno qualsivoglia
estremità, anzichè dovere salvezza a questo ipocrita dalla lingua
dorata. Ma s'incominci dal congedare lo spettabile ambasciatore. —
Tornate a' vostri comandanti, disse indi a Langfern, e dite loro che
ogni qualvolta non avessero una fiducia, di nuovo genere affatto, sulla
durezza de' propri cranii, non li consiglio venirli a fregare contra
queste vecchie muraglie[6]. Avvertiteli ancora di non mandarne oltre
parlamentari, o li faremo appiccare in contraccambio della morte del
tenente Graham, vittima di un loro assassinio.»

  [6] Uno fra' tanti pregi del nostro romanziere storico è quello
  di dare uno stile lor proprio a tutti i suoi personaggi e di
  trovare in ciascun stile, ov'è duopo, le fonti della sublimità.
  La grandezza d'animo qui spiegata dal vecchio Bellenden è quella
  stessa che sarebbesi addetta a Nestore e al re dei re.

Con sì fatta risposta ritornò il messo ai suoi commettenti. Giunto che
fu all'esercito, tumultuose grida s'intesero per ogni dove, e dispiegata
immantinente la bandiera rossa orlata d'azzurro, tutti presero la via
del castello.

Nello stesso tempo sventolarono sulla torre di Tillietudlem e lo
stendardo reale e l'antica bandiera della famiglia Bellenden; ed una
scarica generale di tutta l'artiglieria del castello portò nelle prime
file de' sollevati tal perdita, che disordinò per qualche istante
l'esercito.

»Credo, disse Gudyil nel far ricaricare i cannoni, che abbiano trovato
il nido del falco tropp'alto per potervi arrivare.»

Cionnullameno l'esercito continuava innoltrandosi, e già una delle sue
divisioni trovavasi nel viale che guida al castello. Quand'ella si pensò
a gittata d'archibuso, sparò tutte le sue armi da fuoco contro la torre,
fazione che tornò inutile affatto; indi una smannata di picchieri
condotta da Burley s'avanzò risoluta sino al primo palizzato, e
forzatone l'ingresso ferì alcuni di quelli che il difendeano,
costrignendo gli altri a ritrarsi fino al secondo. Ma qui si ristette
tutto il buon successo ottenuto allora dai Puritani. Perchè il
guadagnato terreno li mettea scoperti e senza difesa contro il trarre
de' cannoni della torre, intanto ch'essi non poteano nuocere ad un
nemico difeso dalle fortificazioni e trinceratosi dietro de' palizzati.
Furono quindi obbligati a ritrarsi con perdita; il qual partito però non
presero se prima non ebbero distrutta la prima trincea in guisa tale da
renderne impossibile il restauramento.

Burley non solamente fu l'ultimo a ritrarsi, ma solo un istante vi
rimase, armato d'una picozza di cui si valse ad atterrare l'ultimo
pilastro del palizzato senza scompigliarsi per le molte palle che gli
fischiavano attorno.

L'infruttuoso assalto rialzò il coraggio dei difensori del castello
altrettanto quanto fece accorti i Puritani della saldezza di quella
piazza che avean divisato intraprendere. Quindi al tentativo d'un
secondo assalto posero innanzi maggiori cautele. Intanto una banda
d'ottimi cacciatori che avea Enrico Morton per duce fe' un giro intorno
a que' boschi ed aggiunse tal sito, d'onde potea tribolare i difensori
del secondo palizzato, intantochè Burley con più forte corpo di truppa
gli assaliva di fronte.

Compresosi dagli assediati in qual pericolo tale fazione ostile li
conducesse, si diedero ad impedire l'avvicinamento di Morton col trarre
sulla banda de' suoi tutte le volte che rimaneva scoperta. E questi per
parte loro oppose coraggiosa intrepidezza e valore, del che doveasi
soprattutto la lode al giovine duce, il quale facea parimente mostra di
sua perizia, e nel collocare i propri soldati quanto al sicuro poteasi
dal fulminar del castello, e nell'arrecar molestia ai nemici.

Più volte ingiunse ai suoi combattenti di far bersaglio alle scariche
dei loro archibusi piuttosto i dragoni che qualunque altro difensor del
castello, e massimamente di risparmiare i giorni del vecchio maggiore,
trasportato sempre dalla sua intrepidezza ai siti i più perigliosi. Per
tal guisa continuò il suo cammino di macchia in macchia, di dirupo in
dirupo fra 'l continuo trarre dei nemici archibusi, sintantochè pervenne
al campo ch'egli intendea ad occupare. Potè allora indirigere i tiri
contro coloro che difendevano il palizzato, e Burley vantaggiando della
confusione cui portò fra essi l'assalto laterale, fece furioso impeto di
fronte, e forzata la seconda trincea, spinse i nemici fino alla terza,
ed entrandovi insieme con essi gridò con quanto avea fiato »Uccidete!
Non quartiere ad alcuno! È nostro il castello.» I più intrepidi fra'
suoi soldati, animati da questo grido, precipitosamente il seguirono,
mentre gli altri impiegavano il tempo a distruggere il secondo ed il
terzo palizzato.

Lord Evandale non potè rattenere più a lungo la propria impazienza. Col
suo braccio al collo si fe' capo di quelli che tuttavia rimanevano nel
castello, e incoraggiandoli colla voce e col gesto, operò una sortita in
soccorso de' suoi che in quel punto Burley strettissimamente incalzava;
il qual rinforzo restituì l'equilibrio alla pugna. Perchè certamente
stava pe' sollevati una superiorità, a proporzione immensa, di numero;
ma tale vantaggio era di pochissimo conto nel terreno ove era la
battaglia e dove non potea presentarsi un fronte maggiore di otto o
dieci uomini. Male armati oltre a ciò i Puritani, aveano soprappiù lo
svantaggio d'ignorare i principj degli assalti e delle difese. La lotta
rimase per qualche tempo indecisa, nè alcuna delle due parti potea
vantarsi d'un buon successo di qualche importanza; ma in mezzo a cotale
scena di confusione poco mancò che un incidente non preveduto ponesse
nelle mani degli assedianti il castello.

Cuddy era nel numero de' cacciatori capitanati da Enrico Morton; Cuddy
che conoscea a perfezione fino l'ultima macchia, fin l'ultima punta di
rupe che trovavasi ne' dintorni di quel castello. Cento volte egli era
stato in compagnia di Jenny a raccorre nocciuole ne' boschi di
Tillietudlem. Non difettava già di coraggio; ma ad un tempo non era
studioso di cercare i pericoli pel diletto semplice d'affrontarli, o per
l'ardor della gloria che glie ne potesse derivare. Al primo accorgersi,
poichè egli perteneva al retroguado, che dal castello si traeva su la
sua banda, prese la sinistra seguito da tre o quattro compagni; e
attraversando un fitto bosco che gli era notissimo, pervenne sotto le
mura del castello ad un fianco d'esso opposto diametralmente a quello
cui l'assalto s'indirigea; angolo di rocca cui nemmeno si era pensato di
affortificare, perchè, situato sull'altura d'una scoscesa montagna e
cinto d'ogni lato di precipizi, credeasi che la natura lo avesse
affortificato a bastanza. Certamente niun esercito avrebbe avvisato di
assalire il castello da tale punto, d'onde bastavano gli sforzi di pochi
fra gli assediati a precipitare giù dal monte quei che fossero giunti ad
inerpicarsi fin là; nè que' di dentro solamente sognavano che pochi
uomini affronterebbero tale rischio, mossi da studio di evitarne uno men
rilevante.

Quivi appunto era quella tal finestra, d'onde raccomandatosi ai rami
d'un vicino salice[7] Gibby uscì furtivo del castello per portare al
maggiore una lettera di miss Editta.

  [7] Tom. 1, pag. 153.

»Eccoci ad una stazione ch'io conosco assai bene, disse Cuddy,
appoggiandosi per pigliar fiato al moschetto. Sono pur tante le volte
che ho aiutato Jenny Dennison a calare di contrabbando da questa
finestra per venir meco ne' boschi a diporto!»

»E chi ne impedisce ora d'entrare di contrabbando per la medesima via?»
soggiunse tosto un compagno di Cuddy, un di que' galeoni non avvezzi a
misurar troppo le imprese che affrontano.

»Chi ce lo impedisca non vedo, rispose Cuddy. Ma che cosa poi ne
ritrarremo?»

»Che cosa ne ritrarremo? siamo in cinque. Tutti sono fuor del castello.
Ce ne impadroniremo intanto che gli altri si battono fra i palizzati.»

»Sia! disse Cuddy; ma badate bene che nessuno di voi tocchi solamente, o
Jenny, o miss Editta, o la vecchia signora, o il vecchio maggiore, o
nessuno in somma di quei che son del castello. Lavorate addosso ai
dragoni, non m'oppongo. Di questi, fatene quel che volete, ma...»

»Su via! rispose l'altro; incominciamo dall'andar dentro, poi vedremo
quel che torni meglio operare.»

Spinto così da' suoi compagni Cuddy sembrava avanzarsi di mala voglia.
La voce segreta della coscienza gli rimprocciava tale atto come un mal
guiderdone alla bontà che lady Margherita usò per lungo tempo così a lui
come alla sua famiglia; per altra parte ei non sapea quale accoglienza
lo aspettasse nella stanza ove parlavasi di penetrare. Cionullameno
ascese il salice. Due compagni vennero dietro lui e a far lo stesso si
apparecchiavano gli altri. Angustissima era quella finestra, guernita un
tempo di una grata di spranghe di ferro, poi staccatesi, fosse per forza
di tempo, o fosse per quella de' subalterni che trovassero tal cosa
espediente alle uscite loro clandestine. Divenia quindi facilissimo
l'introdursi semprechè non si trovassero di dentro persone ad impedire,
ed era di quanto Cuddy, prudente in ogni occasione, voleva accertarsi
innanzi commettersi a questa impresa pericolosa. Sordo quindi alle
preghiere e alle minacce di quelli che lo seguivano, allungava il collo
per fare le sue osservazioni al di là della finestra, allorchè la testa
di lui fu veduta da Jenny Dennison, postasi allor di piè fermo in quella
stanza, siccome luogo della rocca il più di tutti appartato. Ella mise
uno spaventevole grido e corsa al cammino s'impadronì d'una pentola di
minestra bollente che stava apparecchiandosi per la colezion de'
soldati, e ne irrugiadò il capo a Cuddy e a' suoi compagni.

Fin quando ne udì il primo grido, Cuddy non pensò che a fare la sua
ritirata. Buon per lui che in quel momento aveva abbassata la testa, e
coperta in oltre dall'elmetto di Bothwell, ereditato da Cuddy unitamente
al farsetto di cuoio di bufalo che aveva addosso. Tutto il suo male
quindi si ridusse ad alcune vesciche di scottatura nelle poche parti del
suo corpo non riparate; ma i colleghi di lui che, per farlo andare
innanzi e impedirgli d'indietreggiare, tenevano il naso in alto, furono,
qual più, qual meno, arsi dal bollente liquido, talchè pensarono
certamente a tutt'altro fuorchè ad impacciare la ritratta a Cuddy, il
quale si lasciò cader giù dall'albero ben più presto che non v'era
salito, e insieme agli altri tenne il sentiero più breve e men
pericoloso onde raggiugnere l'abbandonato retroguardo.

In questo mezzo Jenny, che il solo terrore avea spinta a compiere tale
impresa, non cessava pel cessato pericolo dal mandar grida di spavento,
e trascorreva tutta la rocca gridando, »al ladro! al fuoco!
all'assassino! È preso il castello»! Voci cui ripeteano, tutte l'altre
ancelle senza conoscerne la cagione; e ne crebbe tanto il romore che
giunse all'orecchio sin del maggiore, comunque inteso alla battaglia de'
palizzati. Così questi come lord Evandale vennero allora in timore di
una sorpresa sopra qualche altro punto operata; laonde giudicarono buon
partito il limitarsi alla difesa dell'interno del castello, ove
rientrarono co' propri soldati, abbandonando ai Presbiteriani tutte le
esterne fortificazioni.

Fu un trionfo pe' secondi tale ritratta dei Reali, ma un trionfo sol di
amor proprio, perchè oltre all'aver provata gravissima perdita,
coll'occupare i palizzati non aveano gran che progredito nella
probabilità d'impossessarsi del castello, le cui mura grosse e
saldissime opponevano tal resistenza che il solo cannone poteva
atterrare. L'esercito presbiteriano adunque dopo d'avere compiutamente
distrutte quelle trincee, si mise fuor di gittata del cannone della
torre a fine di risolvere sul partito che conveniva meglio in appresso.

Per altra parte lo stato degli assediati era tale da ispirar loro
tutt'altro che sicurezza. Oltre a' molti feriti, aveano perduti tre de'
lor combattenti. Del certo contavano una perdita senza confronto
maggiore i nemici, ma considerando di più che l'esercito ogni dì ne
ingrossava, sì fatta perdita non poteva tornare ad essi funesta, siccome
una, comunque più tenue, lo diveniva ad una guernigione di già
affievolita, e priva d'ogni modo di reclutare.

L'accanimento dato a divedere nel secondo assalto dai Presbiteriani
poteva giustamente far credere che i capi fossero venuti nella ferma
risoluzione di impadronirsi di quella fortezza, tanto più che se
avessero avuto tale divisamento, ben secondavali lo zelo de' lor
soldati. Quanto offeriva maggiore motivo di tema a que' del castello si
era la penuria, nella supposizione che il nemico avesse ricorso ad un
blocco per farlo cadere. Perchè tutte le ordinanze date dal maggiore non
ottennero che la piazza fosse vittovagliata quant'egli avrebbe voluto,
nè v'era vigilanza che fosse atta ad impedire il giornaliero e continuo
rubacchiar dei dragoni. Fu pertanto in mezzo a tali sconfortanti
meditazioni che il prode Bellenden pensò a far chiudere la finestra
d'onde poco mancò a Cuddy che non sorprendesse il castello, e ad
estendere tale provvedimento a tutte l'altre finestre, che avessero
potuto presentare occasione a non dissimile tentativo.



CAPITOLO X.

    »Il re de' suoi guerrier raccolto ha 'l fiore.
                                     _Enrico IV._


Nella sera successiva al giorno de' due assalti tentati contra il
castello di Tillietudlem, i duci dell'esercito presbiteriano si diedero
a consigliar seriamente fra loro. La sofferta perdita di uomini, al
certo non gl'incoraggiava, oltre che questa, siccome suol accadere,
cadeva appunto su i più valorosi. Nulla era da temersi quanto una
continuazione di sforzi, che poi fossero andati a vuoto, per conquistare
un castello di cui finalmente sol secondaria vedeasi l'importanza;
perchè ciò avrebbe raffreddato l'entusiasmo dei partigiani, e a
proporzione scemato il lor numero, a costo di perdere irreparabilmente
l'istante in cui una sommossa generale e non preveduta trovava il
governo sfornito di modi a reprimerla e dissiparla. In conseguenza di
tali considerazioni fu risoluto, che il principale corpo d'esercito
prenderebbe la via di Glascow per isloggiarne il reggimento di lord Ross
e gli avanzi di quello di Claverhouse riparatisi nella stessa piazza. Di
questo corpo primario fu dato il comando a Morton e ad alcuni altri
capi, intantochè Burley si assunse rimanere con cinquecento uomini
dinanzi a Tillietudlem, così per bloccare questo castello come per
raccogliere i nuovi rinforzi che a mano a mano arrivavano.

Ordinamento di cose che spiacque affatto al giovine di Milnwood! Egli
rimostrò pertanto a Burley come avesse egli ragioni fortissime a
desiderare in vece il comando del blocco di Tillietudlem, la qual
fazione se a lui veniva affidata, ripromettevasi di tale aggiustamento
che senza divenire soverchiamente grave agli assediati, sarebbe tornato
gradevole a tutto l'esercito.

Non durò fatica Burley ad indovinar quai motivi inspiravano al suo
giovine collega sì fatto linguaggio. Troppo interesse egli aveva ad
investigare l'indole, e le inclinazioni de' suoi fratelli d'armi, ed era
già stato istrutto dalla vecchia Mausa delle corrispondenze che aveva
Morton con una parte degli abitanti di quel castello.

»Non è saggezza questa tua, o giovine, che vuoi sacrificare la santa
causa all'amicizia d'un Filisteo, alla passione concetta per una femmina
Moabita.»

»Non intendo che vi vogliate dire, sig. Burley, e le vostre allusioni mi
spiacciono. Non vedo in oltre quai motivi abbiate per farmi tali
rimproveri.»

»Confessa la verità. Sii meco d'accordo, che vorresti vegghiare colla
sollecitudine, che ha una madre verso i propri figli, alla sicurezza
degli abitanti di Tillietudlem, anzichè far trionfare sul campo di
battaglia la bandiera della chiesa presbiteriana di Scozia.»

»Se così parlando intendeste, che preferirei il terminare una tal guerra
senza spargimento di sangue al procacciarmi gloria ed autorità a costo
delle vite de' miei concittadini, avete interamente ragione.»

»E nemmeno ho torto in pensando che da questa generale pacificazione non
vorresti esclusi i tuoi amici di Tillietudlem.»

»No certamente. Troppo io rispetto il maggiore Bellenden per dover
desiderare d'essergli giovevole sin quanto me lo permetterà l'interesse
della causa a cui mi son collegato. Non ho mai fatto mistero de' miei
sentimenti a tale proposito.»

»Lo so; ma quand'anche tu me gli avessi voluti nascondere, non sarei
riuscito meno a scoprirli. — Ora ascoltami. Miles Bellenden è provveduto
di vittuarie per un mese.»

»V'ingannate; noi sappiamo che non ne ha bastanti per una settimana.»

»Si dice anche questo; ma son venuto a sapere con sicurezza, che tal
voce fu da lui medesimo divulgata ad arte, onde persuadere il presidio
ad una diminuzion di razione, e così poter tirare in lungo l'assedio
finchè gli giungano i sospirati rinforzi.»

»E perchè, se ciò vi era noto, non farne consapevole il consiglio di
guerra?»

»A qual pro? Nè tu stesso lo ignori che Kettledrumle e Poundtext non
sono buoni di tacer nulla su quanto vi si discute. L'esercito è già
scoraggiato in pensando che forse converrà languire otto giorni dinanzi
a questo castello. Che sarebbe accaduto s'ei s'accorgeva che la
settimana si sarebbe trasformata in un mese?»

»E perchè poi nasconderlo a me o perchè aspettare questo momento per
istruirmene? — Ma prima di tutto quai prove mi date di quanto asserite?»

»Eccole!» rispose freddamente Burley. E in questo ponea fra le mani di
Morton molte requisizioni di granaglie, bestiami e fieno, inviate qua e
là dal maggiore a fine di vettovagliare il castello. E per vero il
numero delle cose richieste era sì ragguardevole, che Morton non potè
stare dal venire egli stesso nell'opinione di chi credea quel forte
provveduto per più d'un mese. Non già che tale fosse nell'interno suo la
persuasione di Burley, il quale sapeva ottimamente come la maggior parte
di sì fatte requisizioni fosse andata vuota d'effetto, e come i dragoni
incaricati di trasportare le richieste derrate vendessero in un
villaggio quanto avevano conseguito nell'altro; ma questa seconda parte
ben s'astenne Burley dal far nota al giovine Morton.

Ed avvedutosi d'aver fatta nell'animo di questo la breccia ch'egli
bramava, soggiunse. »Non mi rimane ora che a giustificarmi teco sopra un
sol punto. Tal circostanza non ti è stata nascosta più lungo tempo che a
me, perchè oggi unicamente queste carte mi vennero consegnate. Tu vedi
pertanto, che puoi andartene tranquillamente sotto le mura di Glascow,
darti colà _alla grand'opera della redenzione del popolo_; e intanto
viver sicuro che nulla di sinistro accadrà ai tuoi protetti, essendo il
castello sì riccamente provveduto, nè avendo io forze bastanti per
cimentarmi ad un assalto. Poi ti son noti gli ordini del consiglio che
ristringono ad un blocco soltanto le mie fazioni.»

»Ma, aggiunse Morton che sentiva invincibile ripugnanza ad allontanarsi
da Tillietudlem, perchè non conferire a me piuttosto il comando di
questo blocco? Perchè non vi trasferite voi stesso innanzi a Glascow?
Questa impresa è, non v'ha dubbio, la più importante e la più onorevole
di tutte le altre.»

»Ed è per questo che m'adoperai a procacciarne l'incarico al figliuolo
di Silas Morton. Io già sono vecchio. Egli è vero che non temo i
pericoli, ma neanche sono affamato d'onori e di gloria. La mia carriera
è già distinta abbastanza in mezzo a coloro che abbandonano qualsivoglia
cosa per seguire le ispirazioni di lassù. La tua adesso incomincia. Tu
abbisogni ancora di provarti degno della confidenza che posero in te i
comandanti dell'esercito. Tu non partecipasti alle glorie della giornata
di Loudon-Hill; tu eri prigioniero. L'assalto dato con buon esito alle
trincee del castello fu comandato da me, nè tu vi avesti che una parte
secondaria. Se ti rimanessi or neghittoso attorno alle mura di vecchia
rocca, intantochè le imprese d'una più vivace milizia ti chiamano
altrove, tutto quanto l'esercito divulgherebbe il figlio di Silas Morton
degenere dal suo genitore.»

Per quest'ultima considerazione punto nel suo amor proprio il giovine
Morton si accordò, senza movere altre obiezioni, nel divisamento di
Burley. Non potè nullostante allontanare dal proprio animo un tal quale
sentimento di diffidenza, che non era della lealtà in esso ingenita
dissimulare.

»Intendiamoci però bene, sig. Burley. Voi non credeste abbassarvi nel
divertire la vostra attenzione alle particolari mie inclinazioni;
permettetemi farvi noto, che a queste son collegato costantemente quanto
ai miei principj politici. Egli è possibile che nel durar di mia assenza
vi si presentino occasioni d'operare a seconda del mio cuore, ovver di
trafiggerlo: siate ben certo che, qualunque poi sia l'effetto delle
imprese che cimentiamo, la vostra condotta in tale occasione vi starà
mallevadore o dell'eterna mia gratitudine o dell'implacabile odio mio; e
che comunque possiate riguardarmi e giovane ed inesperto, saprò trovare
amici a me soccorrevoli nel provarvi o l'uno o l'altro de' due
sentimenti.»

»S'intende che questa sia una minaccia? soggiunse con altera calma
Burley. Avreste potuto risparmiarmela. È noto che le minacce non m'hanno
mai fatto paura. Ma di questo non voglio offendermi. Andate a compiere
la spedizione che vi è fidata. Qualunque intanto sia in questo luogo
l'ordine degli eventi, avrò ai vostri desideri tutto quel riguardo che
potrà conciliarsi colla obbedienza da me dovuta ad un padrone, sopra cui
non sono altri padroni.»

Morton costretto a contentarsi di una tale risposta ambigua anzi che no,
confortava se medesimo con questo dilemma. »O ne tocca la peggio, così
egli ragionava, e il castello riceverà soccorsi prima d'essere obbligato
di rendersi a discrezione; o rimaniam vincitori, e vedo nella fazione
de' moderati assai preponderanza per tenermi certo che il mio voto avrà
valore sopra quello di Burley nelle successive risoluzioni.»

Alla domane l'esercito avviossi a Glascow. Non è nostra mente il
diffonderci su tutte le particolarità di una tale guerra, delle quali
chi fosse curioso può trovarle descritte nella storia di questa età
sciagurata. Ne basterà l'accennare che lord Ross e Claverhouse, appena
seppero come una forza superiore al loro numero di combattenti stava per
assalirli, si trincerarono nel centro della città, pronti ad aspettare
colà i sollevati, e tutt'altro che risoluti ad abbandonare la capitale
della Scozia occidentale.

I Presbiteriani si divisero in due corpi per attaccare battaglia; ma il
valor cieco de' medesimi non valse a reggerli contro i vantaggi della
disciplina e dell'eccellente situazione che scelta fu dal nemico. Ross e
Claverhouse aveano posti soldati in tutte quelle case che dominavano le
strade, d'onde i Puritani sarebbero passati necessariamente per giugnere
alla parte più interna della città; e queste strade parimente furono
sbarrate col ministerio di carri e di catenoni di ferro; laonde, a
proporzione dell'innoltrarsi loro, i Presbiteriani vedeano schiarite le
proprie file sotto i colpi di destre invisibili, contra le quali non
avevano alcun genere di difesa. Ben inauditi sforzi vennero operati e da
Morton e dagli altri duci onde costrignere le proprie schiere a non
arretrarsi per tali ostacoli; ma il terrore impadronitosi di queste la
vinse, e si diedero a fuga senza, quasi può dirsi, aver combattuto.

Morton che fu uno fra gli ultimi a lasciar la battaglia ebbe il merito
di serbar l'ordine in quella ritirata, e parimente di raggranellare
quanti potè fuggitivi che rattennero almeno gli squadroni nemici, mossi
già ad inseguire quell'esercito sbaragliato. Pur ebbe il cordoglio di
udir le voci di alcuni di coloro, stati i primi a fuggire, che
accagionavano di tal disfatta il mal accorgimento d'averli assoggettati
ad un imberbe comandante, non rischiarato dalle ispirazioni celesti e
imbevuto d'idee soltanto mondane; e di più sostenevano che se li avesse
condotti un Burley, come all'assalto delle trincee di Tillietudlem, il
lor trionfo sarebbe stato sicuro.

Tutto il sangue ribollì per le vene al giovine di Milnwood in udendo sì
ingiuste rampogne, che però valsero a fargli meglio comprendere, come,
dopo essersi tanto innoltrato in quella rischievole impresa, non gli
rimaneva altro partito se non se vincer, oppur morire. »Non posso tornar
addietro, ei pensò. Non vi sia almeno nessuno, e nè anco Editta, e nè
anco il maggiore Bellenden, il quale non sia costretto a confessare che
il coraggio di Morton, lo qualifichino pur ribelle a lor grado, il
coraggio d'Enrico Morton non cede a quello di Silas suo padre.»

Sì poca era in quell'esercito la disciplina, tanto lo scompiglio dopo la
ritirata, che i capi credettero prudente consiglio l'allontanarsi alcune
miglia da Glascow, onde avere il tempo di riordinare, fin quanto in quel
soqquadro potea sperarsi, le loro file. Tale sconfitta nondimeno non
impediva che numerosi rinforzi arrivassero ad ogn'istante; poichè per la
notizia del buon successo di Loudon-Hill essendosi infervorati tutti gli
spiriti, il recente disastro non aveva ancora avuto il tempo di
divulgarsi fra le nuove reclute. Tutti coloro che professavano principj
moderati si congiunsero al corpo di battaglia comandato da Morton; ma
questi ben s'accorgea con dolore come ogni giorno sminuisse
nell'opinione di tutti quegli altri che aveano abbracciato l'entusiasmo
fanatico de' Puritani. Presso costoro le massime di tolleranza radicate
in Morton venivano nomate _indifferenza per la causa del Signore_ e le
cautele che a salvezza dell'esercito gli suggeria la prudenza, _empia
fidanza negli espedienti mondani_. Laonde concludeano col chiarire
migliori di esso que' capitani che metteano cieco zelo in luogo di saper
militare, e che esentavano i propri soldati dai doveri della disciplina
e della subordinazione appagandosi se pompeggiavano di fanatiche massime
e d'un selvaggio entusiasmo.

Nondimeno il pesante incarico del comando rimaneva a Morton; perchè i
suoi colleghi accorgendosi come l'ufizio di restituir l'ordine e la
disciplina ad un esercito non sia quello che renda maggiormente accetto
ai soldati il lor capo, di tutto buon grado gliel rinunziavano. Ognuno
quindi immagina con quali ostacoli dovè lottare; pur di lui furono sì
vigorosi gli sforzi, che nel termine di tre giorni pervenne a rimettere
le sue truppe in tale ordine da potersi credere senza presunzione in
istato di tentar con esse una seconda prova sopra Glascow. Ardeva egli
della brama di cimentarsi petto a petto con Claverhouse, la cui
persecuzione egli incolpava d'averlo costretto a gettarsi, senza averne
mai concetto il disegno, in mezzo alle schiere di gente, se non diversa
in tutto da lui per principj professati, certamente diversissima per
massime di condotta. Ma tal sua brama, rimase vuota d'effetto, perchè
l'esercito de' sollevati entrò in Glascow senza incontrar resistenza.
Lord Ross e Claverhouse aveano già sgomberata questa città, e senza
trarre un archibuso se ne impadronirono i Puritani.

La quale ritratta fu un segnale che addusse numerosissimo stuolo di
novelli combattenti nelle file de' sollevati. Divenne allor necessario
il creare ufiziali, l'instituire nuovi reggimenti, l'avvezzarli alla
militare disciplina, bisogna che per intero a Morton venne fidata, e
ch'egli maestrevolmente spacciò; al qual fine gli giovarono e le
cognizioni dell'arte militare a buon'ora apprese dal padre suo, e la
necessità in cui si vedea d'assumere solo questo incarico
rilevantissimo, a cui gli altri capi non aveano nè vocazione nè abilità.

Dee, non v'ha dubbio, far maraviglia; come lord Ross e Claverhouse, dopo
ch'era andato a buon termine il loro divisamento di difendere Glascow,
se ne fossero indi stôlti sì fuor di proposito. Ma tal condotta non fu
già mossa da una loro deliberazione, bensì dagli ordini che ricevettero.
Fin quando il Consiglio privato venne a sapere che si facea spaventosa
l'indole dell'ammutinamento de' Puritani, divisò raccogliere entro
Edimburgo quanta forza militare trovavasi nella Scozia per assicurare
intanto la città capitale di tutto il paese; in conseguenza di tale
risoluzione dovettero colà trasferirsi il reggimento guardie e l'altro
che lord Ross comandava.

In questo mezzo, la notizia della ribellione già accesa pervenne alla
corte di Carlo II, ove ognuno maravigliò, come il governo istituito
nella Scozia non avesse saputo sedarla fin nel suo nascere; s'incominciò
quindi a mettere in dubbio la capacità de' governanti, ed a credere che
il sistema di severità fin allora adoperato fosse anzi contrario
all'uopo di ricondurre gli spiriti inacerbiti. Fu pertanto risoluto di
nominare al comando generale dell'esercito di Scozia il duca di
Monmouth, che per nozze contratte nella parte australe di questa
contrada vi aveva acquistata molta preponderanza. La scienza militare,
di cui questo personaggio avea date segnalatissime prove nel continente
venne giudicata opportuna a sottomettere i ribelli recalcitranti mentre
la dolcezza e la bontà di sua indole riputavasi quanto mai confacevole a
calmare gli animi ed ispirar loro sensi più favorevoli verso il governo.
Così il ridetto duca dopo avere ricevuta una patente che gli conferiva
pieno potere di ordinare le cose scozzesi, si partì con numerose forze
da Londra per assumere il comando generale di tutta la Scozia.



CAPITOLO XI.

    »Mura che racchiudete quella per cui m'affanno,
    »Ch'io più non vi riveggia vuole il destin tiranno?»
                                   _Autore anonimo._


Per più giorni le fazioni ostili furono sospese da entrambe le parti. I
sollevati pensavano a rafforzare ed instruire il loro esercito prima
d'accignersi ad imprese più rilevanti; intantochè il Consiglio privato
aspettando l'arrivo del nuovo comandante, si limitava a quelle sole
provvisioni che vedea necessarie ad impedire i Puritani dal muovere
verso la capitale. Con tal fine avea posto un campo ad Hamilton, sito
centrale, convenientissimo a riunirvi rinforzi, e diviso dal Clyde,
fiume rapido e profondo, e che non presentava altro passaggio se non se
per un ponte lunghissimo ed altrettanto angusto in vicinanza del
castello e del villaggio di Bothwell.

Mentre Morton dava opera ai doveri che gli spettavano, avea più volte
ricevute lettere di Burley; il quale, in termini generici e astenendosi
dalle particolarità, gli annunziava che il castello di Tillietudlem
continuava a sostenersi. Ora non potendo egli sopportare più lungo tempo
una penosa incertezza sopra argomento così per lui rilevante, deliberò
partecipare ai colleghi il proprio desiderio di trasferirsi un paio di
giorni a Milnwood onde regolare colà alcuni affari domestici; o per
meglio dire prese il partito di notificar loro la propria volontà a tal
proposito, perchè non vedea quale ostacolo gl'impedisse di farsi lecito
quello che ognuno si facea lecito in quell'esercito privo affatto di
disciplina.

L'idea venuta a Morton spiacque generalmente. Non v'era chi non sentisse
quanto fossero vantaggiosi i servigi da lui prestati, e i danni da
temersi per la sua lontananza anche di soli due giorni; oltrechè ognuno
sapea in propria coscienza di non essere atto a ben farne le veci.
Cionullameno i colleghi di Morton non poterono imporgli più severe leggi
di quelle alle quali si assoggettavano eglino stessi; onde si pose in
cammino senza avere incontrato per parte d'essi un'aperta opposizione.

Il reverendo Poundtext profittò della stessa occasione per andare a
visitare il suo presbiterio di Milnwood regalando Morton di sua
compagnia nella durata di quel cammino. Seguiva entrambi Cuddy che non
volle disgiugnersi dal suo padrone. Tutto quanto il paese che
trascorrevano erasi già chiarito pe' sollevati, tranne pochi signori di
castello, che vi si tenevano chiusi dentro colla massima accuratezza.
Laonde niuna trista ventura incontrarono in questo viaggio.

Era pressochè notte allor quando arrivarono a Milnwood. Poundtext si
congedò dagli altri due compagni, sollecito di rivedere la sua
parrocchia, non distante più d'un mezzo miglio dal castello di sir
David.

Enrico picchiò alla porta dello zio, ma non più colla timidezza d'un
giovane impacciato dalla soggezione, e invilito dal sentimento penoso
della schiavitù! Ogn'eco della casa ripetè i colpi raddoppiati da lui
col martello, e tosto accorrendo Alison, che non senza grande cautela
aperse la porta, s'arretrò abbrividita in veggendo le vesti militari
d'Enrico e il pennacchio che al di sopra del cappello gli sventolava.

»Alison, ov'è mio zio?» tosto le chiese Morton sorridendo sullo spavento
che l'avea invasa.

»Buon Dio! sig. Enrico, e siete voi veramente? Quest'è impossibile. Mi
sembrate venuto più grande da quindici giorni in qua. Presentemente
avete fatto l'aria d'un uomo.»

»Eppure son io, mia cara Alison. Sarà senza dubbio quest'abito che mi fa
parere più grande ai vostr'occhi; e quanto all'aria più virile, oh!
viviamo in tempi che cambiano presto i fanciulli in uomini[8].»

  [8] Verità massima! Le grandi convulsioni politiche, di
  qualunque genere siansi, operano tale effetto, quasi in compenso
  de' mali gravissimi ch'esse producono. La maturità di raziocinio
  scortasi ne' giovinetti d'ogni classe dopo le fatali contese che
  hanno posta ai nostri giorni in trambusto l'Europa, e che per un
  benefico effetto della legge di continuità dura ancora dopo la
  pace, avrebbe fatto sorpresa, solamente trent'anni fa. — _N. del
  T._

»Oh i cattivi tempi, sig. Enrico! Perchè mai avete dovuto voi ancora
provarne la malattia? Ma chi poteva impedirlo? — Già convien
confessarlo. Qui non eravate trattato troppo bene, e glie l'ho detto le
cento volte a vostro zio. Mettete il piede su un verme, che è un verme,
e si risente.»

»E vero, mia Alison, voi prendevate sempre le mie difese, riserbandovi
però il privilegio che volevate voi sola di rabbuffarmi... Ma dove è mio
zio?»

»A Edimburgo. Vi è andato portandosi con sè tutto quello che potea
trasportare. Ha creduto di star colà più sicuro. Già voi lo conoscete al
pari di me.»

»Spero che la sua salute non abbia sofferto.»

»Nè la sua salute, nè le sue sostanze. Ma ha avuto, vi dico io, una di
quelle paure!... Si è fatto tener dietro tre carra cariche, finchè roba
ci stava. Avrebbe demolito il castello per portarlo seco se avesse
potuto. Partì nel giorno successivo alla battaglia di Loudon-Hill; e la
indovinò. Figuratevi che agonia di morte sarebbe stata per lui il vedere
due dragoni della guernigione di Tillietudlem menar via due delle nostre
vacche! — Se volete, in quel giorno stesso feci un ottimo contratto per
quattro altre.»

»Un ottimo contratto per quattro altre! come sarebbe a dire?»

»Ah! non sapete nulla? I dragoni scorrazzavano da tutte le bande per
procacciare munizioni da bocca al castello. Ma vendevano con una mano
quello che coll'altra portavano via; ed ho avute per sei monete di oro
le quattro vacche di cui parlo. — Oh! sono ben certa che il povero
maggiore Bellenden non ha introdotta la menoma parte di tutto quanto
costoro hanno levato a suo nome.»

»Ma il castello mancherà dunque di vettovaglie?»

»Ne dubitate? Vi si muore, dicono, di fame.»

»Burley m'ha ingannato, sclamò con impeto Enrico, e m'ha ingannato
volendolo! — Non posso rimanere qui più lungo tempo. Mistress Wilson,
gli è d'uopo che io parta sull'istante.»

»Che ascolto, sig. Enrico? soggiunse la buona governante, non entrerete
per mangiare almeno un boccone? Vi è noto che tengo sempre qualche cosa
in serbo.»

»È impossibile, mia cara Alison — Cuddy, sellate immantinente i
cavalli.»

»Cuddy! misericordia! proruppe Alison. Vi siete preso vosco questo
uccello del mal augurio? Costui e la sua strega di madre sono stati la
cagione di quanto v'è intravvenuto.»

»Su via, mistress, su via! entrò allora in campo Cuddy. A questo mondo
bisogna saper dimenticare e perdonare. Mia madre sta ora cantando salmi
a Glascow. Dunque non vi tribolerà più. Quanto a me, sono al servigio
del capitano, e dacchè gli presto le mie cure vorrei sperare non avesse
fatto peggior cera d'allor quando spettava a voi tale incarico. Dite la
verità. L'avete mai veduto in sì buon essere?»

»In fede mia e sul mio onore! (disse la buona vecchia, compiacendosi
tutta in guardare e riguardare il suo giovin padrone) io non v'ho mai
trovato in così bella apparenza. — Ma voi non avevate di queste belle
cravatte a Milnwood. Quella che osservo ora, non ve l'io orlata io
certamente.»

»Oh no! può giurarsi. (Interruppe Cuddy). È un lavoro mio, e deriva da
lord Evandale.»

»Da lord Evandale? Da quello che i Presbiteriani debbono appiccare
domani mattina?[9]»

  [9] Come tutto il presente dialogo sente la mano maestra di chi
  lo scrisse! Crediam dilettarci nello udire i propositi
  casalinghi ed ingenui d'una buona massaia, che serba con
  ammirabile perfezione il proprio carattere, e veniamo a scoprire
  in compagnia di Morton i fatti più importanti del blocco di
  Tillietudlem, che era necessario si sapessero, e i quali saputi
  per via d'una sposizione che un narratore men perito di Walter
  Scott avesse architettata, ci condannavano probabilmente ad un
  intervallo di noia. — _N. del T._

»Appiccare lord Evandale!» sclamò Enrico vivamente commosso.

»La cosa pur troppo è certissima. La scorsa notte gli ha fatto una....
come si dice? una.... sortita, credo, co' suoi dragoni in cerca di
viveri per il castello. Ma i dragoni furon respinti, egli è rimasto
prigioniere. Burley anzi ha fatto inalzare una forca alta come quella
che servì per la stessa faccenda ad Amanno, ed ha notificato che se il
castello non s'arrende domani a... _distrazione_...»

»A discrezione» corresse Cuddy.

»A discrezione, se così vi piace. Veniamo alla sostanza. Che se non si
arrende, lord Evandale sarà appiccato. — Ma andiamo, entrate in casa,
sig. Enrico. Questa poi non è cosa che debba impedirvi di desinare.»

»I cavalli! Cuddy, i cavalli! Non v'è un istante da perdere!»

E resistendo a qualunque nuova istanza di Alison, Morton e Cuddy si
posero tosto in cammino.

Nè altro indugio prese Enrico che di fermarsi all'abitazione di
Poundtext per indurlo a trasferirsi al campo in sua compagnia.

Il venerabile ministro era per un istante ritornato alle sue pacifiche
consuetudini. Laonde al giugnere di Morton se ne stava con la sua pipa
alla bocca, e un boccale di birra dinanzi a sè, appoggiato sopra una
tavola, e scartabellando un antico trattato di teologia. In tale stato
veramente non gli talentava gran che l'interrompere quant'egli chiamava
i _propri studii_ per mettersi in viaggio all'avvicinar della notte,
tanto più ch'era già stanco della prima corsa che aveva fatta. Ma inteso
ch'ebbe lo scopo della ventura di Morton, abbandonò, comunque gemendo,
il formato divisamento di passare in propria casa una sera tranquilla, e
fu pienamente dell'avviso di Morton, il quale, contrario, com'è da
credersi, alle mire particolari di Burley che avrebbe voluto colla morte
di lord Evandale far impossibile qualunque riconciliazione tra i
Presbiteriani e il governo, dimostrò anzi a Poundtext, come ai veri
interessi della parte de' moderati fosse diametralmente opposto un così
truce espediente. Aggiungasi anche, per rendere allo stesso Poundtext
una giustizia dovutagli, che questo ministro non parteggiò mai per le
provvisioni troppo oltre spinte, nè per alcun atto di violenza che non
sembrasse almeno autorizzato dalla necessità. Quindi ed accolse con
sentimento di compiacenza ogni ragionamento inteso a provare piuttosto
la possibilità che lord Evandale divenisse mediatore d'una pace fondata
sopra condizioni le più ragionevoli, e terminò col collegarsi a tutti i
divisamenti di Morton.

Erano undici ore di notte allorchè giunsero ad un villaggio situato in
vicinanza di Tillietudlem, e dove Burley avea posto il suo quartier
generale. All'atto d'entrarvi una sentinella li fermò; ma appena si
furono nominati, e fatti riconoscere da un ufiziale, vennero condotti
all'abitazione ove Burley dimorava. In quel cammino passarono dinanzi ad
una casa, la cui porta era guardata da numeroso drappello di soldati, e
in vicinanza della quale videro piantata una forca sì alta che que' del
castello potevano scorgerla. La qual vista acquistò nuova fede al
racconto fatto da mistress Wilson e li trasse a credere che in quella
casa fosse custodito lord Evandale.

Burley stava seduto colle armi poste sopra una tavola a canto di lui per
essere pronto ad impugnarle a qualunque segnal di pericolo. Appena vide
entrare i suoi due colleghi, si alzò precipitosamente e in aria d'uomo
sorpreso.

»Chi vi conduce in questo luogo? sclamò egli. Portate forse infauste
notizie dell'esercito?»

»No, rispose Morton, ma sappiamo che qui accadono tali cose da
avventurarne la sicurezza. — Lord Evandale è prigioniero?»

»Il cielo lo pose nelle nostre mani.»

»E voi divisate forse far uso dei presenti del cielo per infamare la
nostra causa agli occhi dell'intera nazione? E ne sarebbe la via il
mettere a morte un prigioniero.»

»Se il castello di Tillietudlem domani all'alba del giorno non si sarà
dato a discrezione, rispose Burley, possa morire io medesimo, se
Evandale non perisce sotto quel supplizio che il suo capo, l'infame
Claverhouse ha fatto sopportare a parecchi de' nostri martiri!»

»Noi brandimmo l'armi, soggiunse Morton, per mettere un termine a simili
crudeltà, non per imitarle, e molto meno per vendicare i falli del
colpevole sull'innocente. Qual legge può giustificare l'atrocità che
avete ideata?»

»Qual legge? se la ignori, fa che te l'additi il tuo collega Poundtext.
Quella legge che commise gli abitanti di Gerico alla sciabola di
Giosuè.»

»Il Vangelo ne impone leggi migliori; rispose il ministro; leggi che
comandano il rendere ben per male, il pregar Dio sino pe' nostri
persecutori.»

»Vale a dire, soggiunse Burley guardandolo in cagnesco, che le tue
ciance or s'accordano colla foga di questo giovane per contraddirmi.»

»Noi abbiam tutti, riprese a dire Poundtext, un'autorità eguale alla tua
su questo esercito, nè soffriremo quindi che tu faccia cadere un capello
dalla testa del prigioniero. Chi sa se Dio non voglia farne uno
strumento per sanare le piaghe che affliggono il popolo d'Israello?»

»Pensai bene che si verrebbe a tali propositi, sclamò Burley, quando
vidi chiamati al consiglio uomini pari tuoi.»

»Pari miei! replicò il ministro. E chi son io dunque perchè tu ardisca
parlarmi in tal guisa? Non son forse quel medesimo che protessi per
trent'anni contra il furor dei lupi il mio gregge, intanto che Burley
bagnava nel sangue filisteo le sue mani? Chi son io? Parla.»

»Tel dirò, poichè brami saperlo. Tu sei di que' tali uomini che
pretendono raccogliere ove non seminarono, aver parte alle spoglie
quando non ebber parte alla battaglia; un di quei tali uomini che
antepongono i loro utili privati al ben generale della chiesa, e che
vorrebbero piuttosto ricevere dai Pagani salario che conformarsi alla
condotta di que' generosi i quali tutto abbandonarono per dedicarsi alla
buona causa.»

»Chi tu sia, ti dirò io pure a mia volta; sclamò tutto acceso di sdegno
Poundtext. Tu sei uno di quegli enti, i cui atti sanguinari e crudeli
son la vergogna della travagliata chiesa di questo misero regno; tu sei
quello che colle tue violenze, colle tue atrocità vorresti distorre la
Provvidenza dal proteggere un'impresa gloriosa e santa di sua natura.»

»Signori, si fe' innanzi Morton, vi prego impor termine a tali discorsi;
e voi signor Burley, vogliate dirci se la vostra intenzione sia
risolutamente quella d'ordinar la morte di lord Evandale, mentre che la
sua liberazione sembra a noi provvedimento utile al ben generale del
paese.»

»Siete due contr'uno, sclamò Burley; ma vorrei nonostante supporre, che
non ricusaste di aspettare a prendere una deliberazione a tale proposito
sintantochè sia convocato l'intero consiglio.»

»Non ricuseremmo ciò, rispose Morton, se potessimo fidarci in colui, che
presentemente ha in suo potere lord Evandale; ma voi sapete, soggiunse
fissando lo sguardo sopra Burley, che m'avete già ingannato una volta
circa lo stato interno del castello di Tillietudlem.»

»Vanne! disse disdegnosamente Burley; tu non sei nulla meglio d'un
giovane insensato, che per gli occhi d'una donzella avvenente,
venderesti la tua fede, il tuo onore, e dimenticheresti perfino quanto
devi alla tua patria, a Dio stesso.»

»Sig. Burley (e ciò rispondendo Morton pose mano alla sciabola) tai
detti vogliono una soddisfazione.»

»E tu l'avrai, o giovane, quando e dove ti piacerà» e Burley pure
afferrò le proprie armi.

Poundtext fattosi a sua volta mediatore, mostrò ad entrambi le funeste
conseguenze che da tal discordia la comune causa avrebbe patite, e
pervenne ad ottenere una specie di riconciliazione fra i due campioni.

»Ebbene, Burley disse, fate di lord Evandale quel che v'aggrada; io me
ne lavo le mani, nè mi fo mallevadore per le conseguenze che potran
derivarne. Io fui che lo feci prigioniero coll'armi alla mano, intanto
che voi, sig. Morton, passavate rassegne e vi mostravate in parata a
Glascow; intanto che voi, sig. Poundtext, sfoggiavate co' vostri sermoni
predicando una tolleranza riprovata dalla Scrittura. Ma nulla monta, il
ripeto; fate di lord Evandale quel che v'aggrada. — Dingwal (era questi
un ufiziale, che presso Burley compieva il ministerio d'aiutante di
campo, e che gli dormiva vicino di stanza) ordinerete alla guardia che
custodisce il prigioniero, di lasciarsi dar la muta da chi verrà a tal
uopo prescelto dal sig. Morton. — Il prigioniero è ai vostri comandi,
signori; ma ricordatevi che verrà un giorno in cui dovrete rendere un
conto terribile a Dio ed agli uomini di quanto vi farete lecito in
questo momento.»

Dette le quali cose lor volse le spalle in aspro modo, e senza salutarli
passò in altra stanza.

Gli altri due colleghi, dopo alcuni istanti di deliberazione, trovarono
cosa voluta dalla prudenza il pensare alla sicurezza del prigioniero col
darlo in custodia a persone sulla cui fedeltà potessero viver
tranquilli. Egli è da sapersi che alcuni fra i molti parrocchiani di
Poundtext arrolati in quell'esercito, aveano preferito di rimanere con
Burley al blocco di Tillietudlem per allontanarsi, il meno e il più
tardi che poteano, dalle proprie famiglie. Tutti questi erano giovani
operosi, accorti, animati dalle massime d'un moderato Presbiterianismo,
e conoscenti di Morton; e ad esso affezionati oltre ogni dire. Sei di
questi Enrico trascelse, ponendo a loro capo Cuddy, e li collocò alla
porta di quella casa, entro di cui veniva custodito lord Evandale. Poi
presa una stanza d'altra casa vicina, ove si ritrasse insieme a
Poundtext, commise a questa nuova guardia d'avvertirlo sopra qualunque
novità potesse accadere.

Rimasti soli il giovine di Milnwood e il ministro non pensarono a
prender sonno se non se dopo aver composto uno scritto, mediante il
quale chiarivansi tutte le pretensioni de' Presbiteriani moderati; le
quali si aggiravano soprattutto nel chiedere la tolleranza della lor
religione, la permissione di avere ministri di lor credenza e
d'ascoltarne le istruzioni nelle proprie chiese; finalmente un'amnistia
generale a favore di tutti coloro, che per tal causa brandirono l'armi.
Pretensioni che ad avviso di chi le sosteneva erano tutt'uno con quella
del libero uso de' diritti naturali d'ogni Scozzese. Laonde e Morton e
Poundtext aveano concepito speranza di trovare anche fra i Reali i più
zelanti tai saggi uomini, propensi a consigliare un concedimento che
avrebbe fatte cader di mano l'armi alla maggior parte de' sollevati, e
tolto anche ai più riottosi ogni ragionevol motivo di durare in una
lotta sì infausta.

Nuovo argomento a sperar ben accolto questo primo passo spontaneo alla
pace era per Morton il sapere che tale scritto sarebbe stato
primieramente letto dal duca di Monmouth, uomo d'indole dolce ed umana
ed amicissimo degli espedienti i più miti, dal duca di Monmouth, al
quale, come vedemmo, Carlo II avea conferito in allora il comando sopra
tutta la Scozia. Era inoltre cosa divulgata che il ridetto personaggio
non veniva in questa contrada animato da spirito di vendetta, nè tampoco
da inclinazioni sfavorevoli ai Presbiteriani, perchè solea dire
apertissimamente: aspirar egli alla gloria di pacificare la Scozia,
rifuggir l'animo suo da quella di soggiogarla.

Avvisò quindi Morton che a rendere efficacemente vantaggiosa alla causa
generale una tal buona propensione del duca, e ad ottenerne ragionevoli
condizioni di pace, non mancasse altro fuorchè fargliene pervenire le
prime proposte colla mediazione d'un uomo rispettabile nè sospetto in
verun conto di parteggiare per la causa dei Presbiteriani; nè all'uopo
d'una missione pacifica Morton scorgea persona più adatta dello stesso
lord Evandale. Risolvè pertanto vederlo alla domane, e assicurarsi s'ei
vorrebbe accettare l'onorevole parte di mediatore. Un avvenimento non
preveduto gli fe' accelerare l'esecuzione di un tale divisamento.



CAPITOLO XII.

    »Cedete, o forti; chè superna legge
    »Di Fato il chiede: inesorata legge
    »Contra cui non han scudo i numi istessi!
                          _Autore anonimo._


Già Poundtext si era ritirato in una vicina stanza, e dormiva d'un
profondissimo sonno; intanto che Morton, avendo già posto in miglior
forma il partito delle condizioni di pace che di concerto con questo
compagno suo combinò, stava per andare egli pure al riposo. Ma udì
picchiare all'uscio.

»Avanti!» diss'egli, e in quell'istante medesimo Cuddy aprendo un poco
la porta, fece innanzi tra essa e il muro, la testa.

»Avanti dunque!» replicò Morton. »Che volete da me? vi è qualche
sinistra novità?»

»Nulla di sinistro, sig. Morton. Vi conduco una persona che brama
parlarvi, una persona di vostra antica conoscenza.» Ed in allora dopo
avere aperta tutta la porta fece entrare una donna, che tenea nascosto
il volto sotto il mantelletto dello stesso Cuddy. »Venite, venite. (Così
questi la confortava). Di che vergognarvi? Si direbbe essere la prima
volta che vedete il signor Enrico.» Indi ritraendo il mantelletto,
lasciò vedere al suo padrone i lineamenti di Jenny Dennison, che
parimente Morton riconobbe. — »Ebbene, mistress! parlate dunque, e dite
al sig. Enrico quanto volevate raccontare a lord Evandale.»

»E che cosa voleva io dire al signor Morton, rispose Jenny, allor quando
andai a visitarlo prigioniero al castello? Non si può dunque desiderare
di vedere i propri amici, quando l'afflizione gli opprime, ancorchè non
si abbia a dir loro nulla di particolare, testa sventata che sei?»

Jenny diede tal risposta con quell'aria di leggerezza che erale
famigliare, ma le mancava la voce, pallide se ne eran fatte le guance,
avea gli occhi pregni di lagrime, le sue mani tremavano, e dava in tutta
la persona i segnali d'una veementissima commozione.

»Che cosa avete dunque, Jenny? prese a dir Morton. In che posso
giovarvi? Non ho già dimenticato che vi professo più di una
obbligazione, e se v'è cosa per la quale io possa esservi utile, non
dovete paventare un rifiuto da me.»

»Vi ringrazio di tutto cuore, signor Morton; e so che aveste sempre un
animo propenso alla compassione, benchè mi dicano che adesso siete di
gran lunga cambiato.»

»E come si dice questo, Jenny?»

»Perchè si vuole che voi insieme ai Presbiteriani abbiate giurato buttar
giù dal suo trono il re Carlo, far sì che nè egli nè i suoi discendenti
di generazione in generazione vi tornino mai più; che vi siete fitti in
mente di bruciare tutte le chiese non presbiteriane, che...»

»Sarebb'egli possibile che i miei amici portassero un giudizio così
sinistro di me? Io non domando che la libertà di coscienza per noi senza
volerla quindi togliere ad altri. Quanto agli abitanti del castello io
non ho miglior desiderio siccome quello di un'occasione per provar loro
che nudrii sempre uguali sentimenti, uguale amicizia per essi.»

»Dio vi renda merito, se pensate così! (rispose Jenny dando in un
dirotto di lagrime.) Ma fra poco non avranno più bisogno dell'amicizia
di nessuno, perchè non abbiamo più nel castello un sol pezzo di pane o
di carne.»

»Sarebb'egli possibile? sclamò Enrico. Io credea per vero dire che non
vi si nuotasse nell'abbondanza; ma tale stremo poi! e il maggiore e
quelle signore?...»

»Hanno sofferto al pari di noi, e ripartito con noi sin l'ultimo tozzo
di pane. Son otto giorni dacchè nel castello non si fa che un pasto al
giorno, e se vedeste che pasto!...»

Le scarne guance di quella povera giovane ben provavano che non v'era
esagerazione in tai detti.

»Sedete», s'affrettò a dirle Morton, e la costrinse a valersi della sola
seggiola che ivi si ritrovasse; indi trascorrendo a grandi passi la
stanza come fuor di se stesso; »Avrei io mai potuto credere tanto,
soggiugne? — Abbominevole falsario! mostro di crudeltà! fanatico
detestabile. — Cuddy, andate in traccia di viveri, di vino, di tutto
quanto potete trovare.»

»Di vino! borbottò fra' denti Cuddy; per questa signorina sarebbe a
bastanza un bicchiere di _whisky_. Chi si potea immaginare tanta penuria
di vettovaglie entro il castello, se la signora Jenny avea le pentole
piene di minestra per gettarle fuor dai balconi?».

Comunque fosse strema e sconsolata Jenny non potè starsi dal ridere di
questa allusione; ma fu impeto momentaneo seguito indi da un rovescio di
pianto. Morton reiterò il primo ordine a Cuddy con quel tuono che
repliche non ammettea, e allorchè questi si fu partito: »Suppongo, ei
disse a Jenny, essere per ordine della vostra giovane padrona che
veniste qui in cerca di lord Evandale. Che brama ella? I suoi desideri
saranno per me altrettanti comandi.»

Jenny divenne pensosa un istante; indi si espresse in tal guisa; »Voi
siete amico di sì antica data, sig. Morton, che non posso a meno di
fidarmi in voi e di raccontarvi la verità.»

»Accertatevi bene, o Jenny, soggiunse Morton in veggendola tuttavia
titubante, che non avete miglior modo di giovare alla vostra padrona
quanto il parlarmi con franca sincerità.»

»Ebbene dunque! ella prese a dire. — Che moriamo di fame, sono otto
giorni, questo già lo sapete. Il maggiore giura tutte le mattine che
aspetta soccorsi entro la giornata, e che non cederà il castello se
prima non ha mangiati i suoi vecchi stivali; e dovete ricordarvi, sig.
Enrico che le suole ne sono piuttosto grosse. — I Dragoni,
principalmente dopo il genere di vita cui sono avvezzi da lungo tempo,
non se la sentono di digiunare, e molto meno di morire di fame. Adesso
poi che lord Evandale è prigioniero, non ubbidiscono più a nessuno, e so
che Inglis ha divisato consegnare a Burley il castello, e noi soprappiù
a titolo d'agio, col patto d'aver salva per sè e pe' suoi compagni la
vita.»

»Scellerato! sclamò Enrico. E perchè non estende quest'ultimo patto a
tutti quelli che son nel castello?»

»Ah! perchè teme chiedendo troppo di nulla ottenere. Burley ha già fatto
appiccare due dragoni cadutigli fra le mani, son pochi giorni; onde
Inglis vorrebbe tirar il capo fuor del capestro, lasciandovi entro il
collo degli altri.»

»E voi eravate qui per partecipare a lord Evandale questa sconsolante
notizia?»

»Sì, sig. Enrico. Holliday mi ha raccontato tutto, e prestata mano ad
uscir del castello, affinchè se mi riusciva vedere lord Evandale, lo
facessi inteso di quanto accade.»

»Ma qual cosa può operare in favor vostro lord Evandale, se è
prigioniero egli stesso?»

»Ciò è vero. Ma può far patti per noi. — Può darci buoni consigli. — Può
mandar ordini ai suoi dragoni. — Può...»

»Fuggir di prigione, aggiunse Morton sorridendo, se voi trovaste la
possibilità di agevolargliene i modi.»

»Di fatto, disse Jenny con fermezza, non sarebbe stata la prima volta
che mi fossi adoperata a vantaggio d'un prigioniero infelice.»

»Lo so, Jenny, nè perdonerei a me medesimo se ciò potessi dimenticare. —
Ma ecco Cuddy che arriva provveduto di reficiamenti. Ristoratevi
prendendo alcun poco di cibo; e quanto alla vostra commissione verso
lord Evandale, me ne incarico io.»

»Dovete sapere, sig. Enrico, disse in arrivando Cuddy, che questa
mal'erba, questa Jenny Dennison, si studiava a far suo Tom Rand, posto
di fazione alla porta di lord Evandale, per ottenerne di vedere questo
prigioniero e parlargli; ma non si era accorta ch'io le stava alle
calcagna.»

»E voi mi faceste una famosa paura allorchè m'arrestaste» soggiunse
Jenny che presentò il suo antico amante d'un buffetto sopra un orecchio.
»Avete ragione che ci conosciamo da lungo tempo, cattiva semenza!...»

Lasceremo ora che Jenny prenda qualche ristoro, di cui per vero dire
abbisognava, e lasceremo parimente che rannodi la pace col suo antico
amante, per farci a seguire Enrico, che avvolto in un mantello, sotto
del quale tenea nascoste la sciabola e due pistole, s'avviò al luogo
assegnato per carcere a lord Evandale.

»V'è qualche novità?» chiese Morton, alle sentinelle.

»Nessuna novità straordinaria, rispose una di queste; se non fosse
quella della giovane arrestata da Cuddy, ovvero di due messaggeri
inviati da Burley in cerca di Kettledrumle e di Macbriar, i quali stanno
ora battendo la campagna per far reclute.»

»Sarà, non ne dubito (disse Morton ostentando la massima indifferenza)
per sollecitarli a condursi al suo campo.»

»Egli è quanto a me pure si è fatto credere» aggiunse la sentinella che
avea discorso coi ridetti messi.

»Va ottimamente! pensò Morton fra se medesimo. Colui vuole assicurarsi
una maggiorità nel consiglio per far approvare tutti gli atti di
scelleratezza e di crudeltà che gli tornerà a grado commettere. Si vada.
Conviene affrettare tutte le cose, o l'occasione è perduta.»

Entrando nella stanza, ove lord Evandale era stato rinchiuso, lo trovò
carico di catene e nell'atto che, accorgendosi dell'arrivo di
qualcheduno, si alzava dal pagliericcio; solo letto assegnatogli. Il
prigioniero presentò agli occhi di Morton lineamenti tanto sformati e
per la perdita di sangue cagionata dalle ferite e per la fame e per le
veglie sofferte, che se non avesse saputo di doverlo vedere in quel
luogo, a stento avrebbe ravvisato in esso quel giovine ufiziale, pien di
salute e vigore e segnalatosi per tanti atti di prodezza nella giornata
di Loudon-Hill. Alla luce della tetra lampada che gli schiariva la
stanza, Evandale riconobbe Morton, e d'un tale riconoscimento manifestò
qualche sorpresa.

»Spiacemi grandemente, o milord, di vedervi in tale stato» gli disse
Enrico.

»M'hanno assicurato, rispose il prigioniero, che vi dilettate di poesia.
Se ciò è vi ricorderete di questi versi.

    Che ferree porte e raddoppiato muro,
    Cui non penètra il sol, crescano affanno
    A prigionier, che del sentirsi puro
    Si ripari all'usbergo, è folle inganno.
    Rombi pur nembo reo contr'esso insorto;
    Trova nel carcer suo quïete e porto.

Ma quand'anche più insopportabile mi sembrasse la mia prigionia, è un
mal breve, poichè domani mattina ne sarò liberato.»

»Colla morte?» sclamò Enrico.

»Non v'ha dubbio. Non vedo altra speranza. Il vostro collega Burley me
ne ha già fatto avvertire; e poichè a quest'ora ha lordate le mani nel
sangue di molti fra i miei soldati, i quali poteano sperare una
salvaguardia nella propria oscurità, io, privo anche di questo diritto
alla sua clemenza, non debbo presumere che egli pensi a salvare i miei
giorni.»

»Ma il maggiore Bellenden può ben rendere il castello a fine di salvarvi
la vita.»

»Egli non farà nulla di ciò sintantochè a difesa della piazza gli
rimanga un sol uomo, e sintantochè a questo uomo potrà dare il sol
nudrimento che basti a non lasciarlo morire di fame. Conosco a tal
proposito la sua fermezza, fermezza degna di un vero soldato, e sarei
scontento se per mio riguardo cambiasse stile.»

Morton si affrettò allora a partecipargli le notizie sapute poc'anzi da
Jenny; notizie che appena lord Evandale potea credere.

»Ben io sapeva, diss'egli, che le vettovaglie toccavano il loro termine;
ma che l'idea di negoziare una ritirata, di consegnare il castello e gli
abitanti del castello al nemico, potesse capir soltanto nella mente de'
miei soldati, questo è ciò che non avrei potuto creder giammai. — Ma che
mi resta a fare? Come posso io andar contro a tale sventura?»

»Ascoltatemi, o milord. Io penso che v'assumerete senza ripugnanza
l'incarico di farvi apportatore del ramo d'ulivo fra il nostro augusto
padrone, sua maestà Carlo II, e questa porzione di suoi sudditi, che ha
posti in armi la necessità, non la voglia di ribellarsi.»

»Voi rendete giustizia ai sentimenti dai quali sono compreso. Ma a che
mira il vostro discorso?»

»Permettetemi continuarlo, o milord. Io ordino sull'istante che siate
messo in libertà e ricondotto al castello a patto della contemporanea
cessione del castello medesimo. Aderendo a tale partito voi non cedete
che alla sola necessità. Come potreste più a lungo difendere un forte,
sfornito di viveri, e comandando un presidio che ha scosso il freno
della subordinazione? V'avrete un salvocondotto per voi e per tutti
coloro che vorranno seguirvi o ad Edimburgo o a quel luogo ove si
troverà presentemente il duca di Monmouth. Chi ricuserà accompagnarvi
non dovrà incolpare che se medesimo della sorte cui s'avventura. Una
sola cosa io chiedo da voi. La vostra promessa di presentare al duca
quest'umile scritto, ove si contengono le giuste nostre rimostranze, e
se le inchieste fatte con esso vengono secondate, fo mallevadore il mio
capo, che quasi tutti i sollevati metteran basso le armi.»

»Sig. Morton (rispose lord Evandale dopo avere letto con attenzione lo
scritto che l'altro gli porse) non vedo, ve lo confesso, quali valevoli
obbiezioni si potessero movere contro tali domande. Di più: le penso
conformi ai sentimenti particolari del duca di Monmouth; ma debbo ciò
nonostante parlarvi con franchezza, e dirvi, come io non creda
assolutamente che le stesse domande verranno esaudite, se a mano armata
voi le porgete.»

»Milord, il dimettere prima le armi sarebbe un confessare che avemmo
torto in brandirle; e simil torto nol confesseremo giammai.»

»Ebbene! riprese a dire lord Evandale, io prevedo che sarà questo lo
scoglio contra cui la negoziazione si romperà. Ma dall'avervi spiegato
il mio parere non deriva ch'io non sia propenso a presentare le vostre
istanze e ad operare tutti i miei sforzi per condurre ad una
conciliazione le cose.»

»Mi basta, o milord. Voi accettate dunque il salvocondotto?»

»Sì; e se non mi diffondo maggiormente sulla mia gratitudine per esservi
una seconda volta debitor della vita, non crediate questa gratitudine
men viva e operosa nell'animo di Evandale.»

»Voi non dimenticherete, spero, che il castello debbe arrendersi
sull'istante.»

»Ne vedo la necessità. Il maggiore non ha modi per ridurre ad obbedienza
gli ammutinati, e fremo in pensando a quanto potrebbe accadere di quel
rispettabile vecchio, della sorella sua, della nipote, se cadessero fra
le mani di Burley, di quel mostro sol sitibondo di sangue.»

»Voi siete adunque libero, gli disse Morton; accignetevi a montare a
cavallo. Vi farò munire d'una scorta per attraversare le nostre porte e
giugnere sicuro fino a quelle di Tillietudlem.»

Lasciato indi lord Evandale sorpreso ad un tempo e lieto d'una così
inopinata liberazione, si affrettò Morton a mettere in armi e a cavallo
alcuni di coloro cui meglio poteva fidarsi. Jenny riconciliata affatto
col suo Cuddy salì in groppa dietro di lui. Lo scalpitar de' cavalli si
fe' tosto udire sotto le finestre di lord Evandale. Due uomini a lui
sconosciuti comparvero nel suo appartamento, e discioltine i ceppi, lo
accompagnarono fuori del carcere; indi salito che fu a cavallo lo posero
al centro dello squadrone messo a scortarlo, e fu presa di gran galoppo
la via del castello.

Erano vicini a questa meta, che l'aurora incominciava già a splendere, e
i primi diurni raggi schiarivano la cima dell'antica torre. La scorta si
fermò a qualche distanza per non avventurarsi al trarre delle batterie,
e soli lord Evandale e Jenny seguendolo si innoltrarono. Erano già
prossimissimi allor quando udirono nel cortile un tumulto che mal
s'accordava colla tranquillità solita a dominare in questa prima ora
mattutina. Chi gridava, chi bestemmiava, si udirono due scoppi di
pistola; in somma tutte le circostanze annunziavano che gli ammutinati
stessero in atto d'eseguire il loro divisamento.

Lord Evandale si nominò tosto giunto al portello, cui faceva per buona
sorte la guardia Holliday. Cotest'uomo, non dimentico de' pietosi ufizj
usatigli dalle persone del castello in tutto quel mese che la sua ferita
ivi il rattenne, inorridì alla sola idea della trama orditasi da' suoi
colleghi, e già sappiamo come egli stesso consigliando a Jenny di fare
ogni sforzo per renderne inteso milord, le agevolò i modi d'uscire di
quella piazza. Non ebbe appena udita la voce del capitano, s'affrettò ad
introdurlo, e lord Evandale comparve agli occhi degli attoniti suoi
soldati, com'uomo caduto allor dalle nuvole.

I sediziosi aveano risoluto impadronirsi del castello in quella stessa
mattina per venirne indi a negoziar con Burley. Costoro si erano
schierati da una banda del cortile; intantochè dall'altra il maggiore,
Harrison, Gudyil e il rimanente degli abitanti di Tillietudlem si
apparecchiavano a far resistenza.

L'arrivo di lord Evandale cambiò affatto cotesta scena. Ei corse in
dirittura ai propri soldati, e afferrato pel collarino del giustacuore
Inglis, e rampognandogli la sua perfidia, ordinò a due compagni di
costui che lo arrestassero e il mettessero in ceppi, facendo intendere
con asseveranza come non rimanesse loro che una sola possibilità di
perdono: fondarsi questa sull'obbedienza la più istantanea. Di fatto
obbedirono. Comandò indi mettesser giù l'armi. Titubarono un istante, ma
la consuetudine della disciplina, e molto più la credenza che la
liberazione di lord Evandale fosse opera d'un soppraggiunto rinforzo di
Reali, li fe' sottomessi ancora a questo comando, per essi
sgradevolissimo.

»Prendete quest'armi, disse lord Evandale a Gudyil; mal si convengono ad
uomini che non conoscono meglio di così lo scopo a cui le impugnarono. —
Voi ripigliate le vostre, Holliday; ve ne fa degno la condotta che avete
serbata; ne renderò inteso il colonnello, e potete sperare il grado di
sergente in luogo di Inglis che riceverà il castigo dovuto alle azioni
disonorevoli. — Intanto, signori miei, in questa si volse agli
ammutinati, partite subitamente, e profittate delle tre ore di tregua
che ne rimangono per avviarvi a Edimburgo. Aspettatemi a Muir. Mi
astengo dal raccomandarvi di non commettere disordini lungo la strada,
perchè siete disarmati, e il vostro interesse medesimo questa volta mi è
mallevadore della vostra buona condotta.»

Privi d'armi e pieni di confusione quei soldati abbandonarono
silenziosamente il castello, prendendo la strada del luogo d'unione
indicato loro dal lord, e tanto più si affrettarono per arrivarvi, che
temeano ad ogni passo incontrarsi in qualche banda di sollevati o di
contadini, non certamente inclinati a perdonar loro i cattivi
trattamenti che per più riprese ne avean ricevuti.

Le predette cose si operarono in un istante; indi lord Evandale
avvicinossi al maggiore, al quale tutto ciò parea un sogno.

»Ebbene, mio caro maggiore! è d'uopo rendere il castello.»

»Che mi dite ora, o milord? Io avea sperato in veggendovi che ne aveste
condotto rinforzi e vettovaglie.»

»Non un uomo, non un tozzo di pane!»

»Non quindi è minore il mio contento di rivedervi. Ieri, allor quando
seppi che quegli sciagurati masnadieri vi volean morto questa mattina,
deliberai prendere con me tutti, non eccettuandone un solo, gli uomini
della guernigione, operare una sortita all'alba del giorno, e liberarvi
o morire in vostra compagnia; ma nel momento di mandar ad effetto un tal
disegno, quello sgraziato d'Inglis ha avuto l'ardire di annunziarmi, che
nessuno sarebbe uscito fuor del castello, che egli per adesso ne era il
solo comandante. — In somma che dobbiam fare?»

»Non mi resta nè anco l'arbitrio della scelta, o maggiore; son
prigioniero, lasciato libero sulla mia parola, ed ho promesso di
trasferirmi a Edimburgo. Fa di mestieri che voi colle vostre signore
prendiate la medesima strada. Mercè d'un amico di vostra conoscenza, del
sig. Morton, ho un salvocondotto, abbiam cavalli. Non v'è un istante da
perdere. — Voi non potete assumervi la difesa di questo castello con
sette o otto uomini solamente, e sfornito affatto di viveri. Avete già
soddisfatte tutte le leggi dell'onore e della lealtà, e prestato in
oltre un servigio il più importante al governo col tener qui in faccende
una parte considerabile di ribelli; il voler operare di più sarebbe un
atto di disperazione e di temerità, da cui non potrebbe risultare verun
vantaggio. Raggiugniamo l'esercito inglese che si aduna a Edimburgo, nè
tarderà a prendere la volta di Hamilton. Lasciamo che per un istante i
ribelli s'impadroniscano di Tillietudlem.»

»Se tale è la vostra opinione, o milord; rispose mettendo un sospiro
profondissimo il veterano, sottometterò ad essa la mia. Vi conosco
incapace di dare un consiglio che non s'accordi coll'onore. — Gudyil,
portate questa infausta notizia a mia sorella e mia nipote, e ciascuno
si appresti subito alla partenza. — Ma se credessi, o milord, che
potesse tornare utile alla causa del re il mantenermi più lungo tempo
fra queste vecchie muraglie, non ne uscirei, potete esserne certo,
sintantochè una stilla di sangue rimanesse nelle mie vene.»

Le signore aveano già saputo da Jenny, e la ribellione de' dragoni e
l'insperato ritorno di lord Evandale. In tale stato di cose non vi volle
molto per farle risolvere ad abbandonare il castello. Gli apparecchi
della partenza vennero affrettatamente conchiusi; ciascuno montò a
cavallo ed anche la vecchia milady, alla quale circa da venti anni in
poi non accadea di abbandonare che per diporto il proprio castello. Non
isplendeva ancora il giorno assai chiaro da potere scernere
perfettamente gli obbietti all'intorno quando la cavalcata si pose in
cammino verso il nord della Scozia.

Lord Evandale trovò tostamente la scorta che lo aveva accompagnato nella
notte precedente, e che stava aspettandone la partenza. Una porzione
degl'individui che la formavano gli disse d'aver ordine di seguirlo
insino a che fosse al di là delle linee del campo de' Puritani, e ciò
per far rispettare il salvocondotto del quale andava munito.
Immantinente i sollevati entrarono nel castello, talchè i primi raggi di
sole videro sventolare lo stendardo presbiteriano in sulla torre di
Tillietudlem.



CAPITOLO XIII.

    »Ah! di nemico acciar son mille colpi
    »Tremendi men d'una rampogna sola
    »Che mi volgan di lei lo sguardo o il labbro.»
                                       _Marlow._


La cavalcata uscita fuor delle mura di Tillietudlem avea già
oltrepassata l'ultima parte d'accampamento dell'esercito de' sollevati,
e trovavasi sulla strada di Edimburgo. Potrebbe credersi, che durante il
cammino lord Evandale si fosse tenuto costantemente vicino a miss
Editta; pur fu altrimenti la cosa. Dopo i primi saluti, e dopo averle
prestato aiuto per montare a cavallo, andò ad unirsi al maggiore
Bellenden, formando seco lui il retroguardo di quella picciola brigata.
Un cavaliere comandante a quanto appariva della scorta presbiteriana,
avvolto in ampio mantello che ne ascondeva affatto la parte inferiore
del volto, e coperta la superiore da un cappello di larghissime ali
sormontato da grande pennacchio, si era fin sulle prime posto a fianco
di miss Bellenden, nè se ne dipartì pel tratto di due miglia, senza però
mai volgerle un solo accento.

A poca distanza dall'ultimo corpo di guardia de' Presbiteriani trovavasi
sulla strada un villaggio ove i servi di lady Bellenden procurarono
reficiamenti, de' quali tutta quella brigata sentiva grande bisogno; e
poichè non fu giudicata prudente cosa il fermarsi in un luogo abitato,
così vicino al campo nemico, si deliberò far pausa ad un boschetto che
si scorgea in vicinanza.

Allora lo straniero voltosi a miss Bellenden in tremebondo e
supplichevole tuono, e studioso di alterare la propria voce. »Miss
Bellenden, diss'egli, non può mancare d'amici ovunque ella sia
conosciuta, e nemmen fra quelli, che dovettero sfortunatamente attenersi
alla parte da lei riprovata. Evvi cosa che questi tali possano operare
per darle prova del loro vivissimo cordoglio in vederla soffrire?»

Il suono d'una tal voce fu immantinente ravvisato dal cuore di Editta; e
una involontaria commozione comprese i suoi sensi; pur giunse a
signoreggiarla, nè volendo fare accorto chi le favellava di essere stato
riconosciuto: »Dite ad essi, rispose, di rispettare le leggi, di
risparmiare il sangue innocente, di rientrar nel dovere, e che io
perdono quanto ho sofferto, quanto mi toccherà ancor da soffrire.»

»Credete voi dunque cosa impossibile, che si trovino nelle nostre file
uomini sinceramente affezionati al bene della loro patria, uomini mossi
ad operare dal solo convincimento di adempire i doveri imposti ad ogni
buon cittadino?»

»Fui accostumata a franchi modi sin dai primi anni, nè vi nasconderò
quindi i miei sentimenti. — A Dio spetta il giudicare l'interno de'
cuori. Gli uomini non possono apprezzare le intenzioni degli uomini con
altro scandaglio che quello delle loro azioni. La ribellione contra la
legittima autorità, l'oppressione, sia pur anche d'una sola famiglia,
che al pari della mia, non aveva impugnate l'armi se non se per
difendere le sue proprietà, sono atti obbrobriosi per tutti quelli che
vi presero parte, ad onta ancora di speciosi colori onde procurino
ammantare la loro condotta.»

»Gli orrori della guerra civile, le calamità che ne vengono in
conseguenza debbono aggravare la coscienza di chi, fattosi persecutore,
provocò la disperazione de' suoi concittadini e li costrinse ad
impugnare l'armi per difendere quella libertà civile e religiosa, di cui
le leggi per altra parte gli assicuravano.»

»Ciò è giudicare, non provare l'assunto.»

»M'accorgo, sospirando disse quello straniero, ch'egli è inutile al
cospetto di miss Bellenden il perorare una causa anticipatamente da lei
condannata e condannata forse perchè gli individui che difendono questa
causa le sono odievoli quanto i sentimenti che essi professavano.»

»Vi spiegai liberamente il mio avviso intorno alle loro massime; quanto
ad essi personalmente, io non li conosco..... salvo forse
un'eccezione....»

»E sarebbe questa eccezione che avesse regolato il vostro modo di
pensare su tutti gli altri?»

»Al contrario. Egli è.... almeno credei che fosse.... certamente era
fornito di ingegno, d'animo ben fatto. E poss'io non detestare una
ribellione, della quale è colpa soltanto, se un uomo nato per essere
l'ornamento, la difesa, il vanto della sua patria, si trova oggidì il
collega d'ignoranti fanatici e d'ipocriti sediziosi, il fratel d'armi
de' banditi e degli assassini? — Se mai trovaste nel vostro campo un tal
uomo che si rassomigli a questo ritratto, narrategli che il disonore
sparso da lui medesimo sul proprio nome, il sagrifizio ch'egli ha fatto
e di speranza e di fama, costarono più lagrime ad Editta Bellenden di
quante ella ne ha versate sulle sciagure della propria famiglia. Ella
sopportò, ditegli, la fame, ond'ora ha scarne le guance, con maggior
coraggio che non le ferite portate al suo cuore dal contegno dell'uomo,
or divenuto argomento di questi discorsi.»

Gettò uno sguardo sopra di lui sul finire di tali accenti e mentre il
rossore che tignevale il viso additava da qual fiamma interna fosse
animata nel pronunziarli, le sparute sue carni provavano come i
lamentati patimenti fossero veri. Lo straniero si portò una mano al
fronte con forza o con tal gesto che di disperazione sapea, indi ricalcò
più forte il cappello, quasi per meglio ascondersi agli sguardi
d'Editta, che di questa novella agitazione si accorse, nè glie ne seppe
mal grado.

»Nondimeno, aggiunse ancor balbutendo, se..... la persona della quale vi
parlo... si credesse troppo trafitta dall'opinione, il vedo, severa
di.... d'un'antica amica, ditele che un pentimento sincero è quasi
innocenza; che qualunque sia stata la sua caduta, può tuttavia
rialzarsene; che forse sta in sua mano il riparare i mali dalla sua mano
operati.»

»E in qual modo?» lo straniero soggiunse.

»Coll'impiegare tutti i suoi sforzi allo scopo di rendere la pace a
questo infelice paese; col detestare il suo tradimento, coll'indurre i
ribelli traviati a dimettere l'armi e ad implorare la clemenza d'un
sovrano offeso ma generoso; in somma coll'abbandonare le parti loro, se
non arriva a tale meta.»

»Miss Bellenden, rispose Morton sollevando il capo e scostando il
mantello che ne copria la persona, chi ha perduto il grado che tenea
nella vostra opinione, quel grado del quale andò sì glorioso, serba
almeno bastante orgoglio per non perorare la propria causa come un
colpevole. Se tale si conoscesse, e ridotto a non poter più sperare di
movere nell'animo vostro la compassione dell'amicizia, saprebbe opporre
il silenzio ai rimproveri. Ma gli rimane da citare in sua difesa la
testimonianza onorevole di lord Evandale. Egli potrà dirvi, se anche
prima di questo colloquio, ogni mio voto, ogni mio sforzo, sieno stati
unicamente interi ad ottenere tali condizioni di pace, quali dee
desiderarle il più leale fra i sudditi di sua maestà.»

Dette le quali cose salutò dignitosamente miss Bellenden, alla quale
giunse per vero dire inaspettato il calore che ei pose nel modo di
giustificarsi. Essa gli restituì il saluto solamente a cenni e in aria
di persona alquanto confusa. Enrico allora girò le briglie del
palafreno, e raggiunse i suoi, che precedeano di pochi passi il maggiore
e lord Evandale.

»Enrico Morton!» sclamò il maggiore in veggendolo.

»Egli stesso; questi rispose, egli, Enrico Morton, inconsolabile di
vedere giudicata sinistramente la propria condotta e dal maggiore
Bellenden e dagli altri di questa famiglia. Ei fida a lord Evandale,
soggiunse in salutando quest'ultimo, la cura di disingannare i suoi
amici, e di fare ad essi conoscere la purezza de' motivi che guidano
questo Morton. — Presentemente, o maggiore, voi siete libero, ed inutile
vi è la mia scorta: addio: i miei voti per la vostra felicità vi
seguiranno per ogni dove. Possiamo noi rivederci in tempi più felici e
tranquilli!»

»Credetemi, sig. Morton, rispose lord Evandale, che non è mal collocata
la vostra fiducia. Avrò ogni studio di mostrarmi grato agl'importanti
servigj che mi prestate col presentare nel loro vero punto di vista le
vostre massime e il vostro contegno agli occhi del maggiore, e di quelli
la cui estimazione vi è cara.»

»Nè meno io m'aspettava, o milord dalla vostra generosità.»

Chiamati allora i suoi, prese con essi la strada di Hamilton.

Il solo Cuddy rimase addietro un istante per far le ultime salutazioni a
Jenny Dennison, che nelle due corse fatte questa mattina in compagnia
dell'antico amante avea riacquistato ogni predominio sopra di lui.

»Addio dunque, o Jenny, le disse egli sforzandosi a tirare il fiato in
guisa che ne nascesse un sospiro; pensate qualche volta al povero Cuddy.
— Un buon figliuolo... che vi ama di cuore!... Ci penserete a quando a
quando, Jenny?»

»Senza dubbio. — Tutte le volte che mangerò la minestra» rispose la
maliziosa ancella, incapace di risparmiare una risposta venuta a tempo,
e di non accompagnarla con quel suo maligno sorriso.

Cuddy si vendicò in quella guisa, come gli amanti di villaggio sogliono
vendicarsi, e come se lo aspettava forse Jenny. Le impresse un bacio ben
ricalcato su ciascuna delle due guance. Poi facendo galoppare il cavallo
raggiunse tosto il padrone.

»Che razza di baci! (sclamò Jenny raggiustando il cappello che l'impeto
di questi baci aveva posto in disordine.) — I baci d'Holliday non hanno
la metà di forza. — Sono da voi, milady, sono da voi. Oh mio Dio! la
vecchia signora ci avrebbe ella veduti?»

»Jenny, le chiese lady Margherita, quel giovane, capo della banda or
partita, non sarebbe già quell'istesso che fu capitano del _Pappagallo_,
e ch'era stato condotto prigioniero nel mio castello?»

Tutta lieta Jenny che tale inchiesta non la riguardasse individualmente,
fissò prima la giovane padrona per veder se le occhiate di lei le
dettassero la risposta; ma non ne ritraendo alcuna norma sicura, seguì
l'istinto delle cameriere e architettò una menzogna.

»Non credo che sia quel desso, o milady (rispose con tuono di franchezza
costei) perchè il vincitore del _Pappagallo_ era uomo di piccola
statura, e d'una carnagione olivastra.»

»Convien dunque dire che foste cieca, o Jenny! soggiunse il maggiore.
Enrico Morton ha bella statura, carni bianchissime, ed è quel medesimo
che ora si è diviso da noi.»

»Sarà così; (senza scompigliarsi l'astuta rispose.) Ho altro che fare
senza perdermi ad esaminare le fattezze dei giovani.»

»Qual ventura è la nostra, sclamò lady Margherita, d'esserci finalmente
spacciati di questo fanatico forsennato!»

»Siete in errore, o milady, prese a dire lord Evandale; niuno può
nominare con tali predicati un tal uomo, e noi meno di chicchessia. S'io
vivo ancora, se voi siete libere e sicure, se non siete cadute in potere
di un tale, che può ben dirsi e fanatico e sanguinario, ne dobbiamo ogni
gratitudine al solo sig. Morton e ai principj d'umanità ardente e
operosa che lo conducono.»

Indi fece il racconto degli avvenimenti già noti al lettore,
diffondendosi principalmente sulla generosità di Morton, alla quale
protestò dovere la propria salvezza, e additando i pericoli, e
soprattutto il risentimento d'uno scellerato siccome Burley, che a tal
uopo lo stesso Morton volle affrontare.

»Io mi riguarderei, conchiuse, qual colpevole della più nera fra le
ingratitudini se non rendessi, insin ch'io viva, la giustizia debita
alle qualità di un tal uomo da cui m'ebbi per due volte salva la vita.»

»Nulla amerei meglio, ripigliò il maggiore, che poter ridonare la mia
stima ad Enrico Morton, e confesso esser degna di encomj la condotta che
egli ha tenuto per riguardo vostro e di noi; pur sento impossibile il
perdonargli la colpa d'essersi fatto il partigian de' ribelli.»

»Ma ponete mente, rispose lord Evandale, alla necessità che lo spinse
tra le loro file. Dirò di più, che i suoi principj, comunque certamente
diversi da quei ch'io professo, presentano non so qual cosa di
rispettabile. Lo stesso Claverhouse, al quale niuno negherà al certo un
accorgimento tutto suo proprio nel conoscere gli uomini, ha ravvisate, e
gli bastarono pochi istanti, qualità in Morton le più straordinarie.
Sfortunatamente sbagliò poi nel giudicare le massime e i motivi che il
conducevano, onde lo costrinse, senza volerlo egli stesso e senza che
Morton ne avesse divisamento, a mettersi fra i ribelli.»

»Avete fatto ben presto o milord, ad accorgervi di tante belle qualità
di Morton. Veramente io che lo conosco fin da fanciullo, avrei, prima di
questo sgraziato incidente, fatta giustizia al suo buon cuore, alle
nozioni letterarie che si era procacciate, alla sua amabilità; ma quanto
ad acume d'intelletto straordinario....»

»Stava nascosto, o maggiore, e vi voleva una circostanza appunto
straordinaria per costringerlo a palesarsi. Se me ne sono accorto io,
egli è perchè avemmo colloquio insieme sopra un argomento dei più
importanti. Ei s'adopera adesso a spegnere il fuoco della ribellione, e
i patti ch'egli propone e ch'io ho tolto l'assunto di presentare al duca
di Monmouth sono sì ragionevoli da rendermi gradevole tale incarico, e
da meritare ch'io li raccomandi fin quanto potrà la mia voce farsi
ascoltare.»

»E avete voi qualche speranza di buon esito in una sì difficile
impresa?» lady Margherita gli domandò.

»Ne avrei molta, o milady, se tutti i Presbiteriani fossero moderati
come il sig. Morton lo è, e se tutti i Reali imitassero nel disinteresse
il maggiore Bellenden. Ma tale è la deplorabile ostinazione delle due
parti, che temo si debba nuovamente ricorrere all'armi per risolvere
l'acerba querela.»

Ognun s'immagina con quale sollecitudine miss Bellenden porgesse mente a
sì fatto colloquio; e doleasi fra se medesima d'avere usato di troppa
asprezza in favellando all'amante. Ma erale poi di conforto al cuore lo
scorgere, come anche a giudizio d'un emolo generoso, il carattere di
Morton fosse nè più nè meno tal quale se lo era essa dipinto.

»Il flagello delle guerre civili, le massime pregiudicate di mia
famiglia, andava così meditando, potranno bensì obbligarmi a staccarlo
dal mio cuore ma non mi torranno la certezza confortatrice ch'egli era
degno del luogo occupatovi per lungo tempo.»

In questo mezzo, Enrico giugneva in vicinanza di Hamilton al campo dei
sollevati, ove trovò tutte le cose in disordine. Vi era pervenuta la
sicura notizia, che l'esercito reale, ingrossato dai rinforzi
pervenutigli dall'Inghilterra, stava per incominciare le azioni campali;
e quanto la fama amplificava le forze, il buono stato, il valore, la
disciplina di questo esercito, altrettanto infievoliva il coraggio de'
sollevati; al che aggiugnevasi altre circostanze in loro vantaggio. —
Sulle prime la conosciuta indole moderata del duca di Monmouth avea
fatto nascere buone speranze negli animi dei Presbiteriani moderati, ma
queste si dileguarono al sapersi le persone che sotto gli ordini dello
stesso Monmouth militavano.

Erane luogotenente generale il celebre Tommaso Dalzell, segnalatosi in
Russia, contrada a que' giorni tuttavia immersa nella barbarie; e famoso
così per le sue crudeltà e il lieve conto in che tenea le vite degli
uomini, come per valore e fedeltà al suo sovrano; e intanto il comando
della cavalleria stava affidato a Claverhouse, ardente di vendicare la
morte del proprio nipote e l'onta sofferta nella giornata di
Loudon-Hill.

L'artiglieria reale era, dicesi, la più formidabile che si fosse veduta
ancor nella Scozia; numerosa, e a tutto punto fornita la cavalleria. In
somma la vendetta del re parea non essersi mostrata lenta che per
iscoppiare in una guisa più terribile e certa.

Morton si studiò a confortare gli animi de' sollevati, fondandosi sulla
possibilità che fossero esagerate sì fatte voci e sulla forza locale del
loro campo protetto da un fiume, che non potea valicarsi se non se per
lungo ed angustissimo ponte. Richiamò alla memoria de' medesimi la
vittoria riportata sopra Claverhouse in un tempo, che meno numerose
erano le loro schiere, quando difettavano d'armi la maggior parte,
allorchè non s'erano ancor formati alla consuetudine della militar
disciplina; finalmente si adoperò a convincerli che non doveano cercare
fuorchè in se medesimi una sicurezza raccomandata affatto al loro
coraggio.

Ma intantochè con simili ragionamenti cercava ridestare l'illanguidito
ardore negli animi de' soldati, si prevalea presso i capi delle medesime
sconfortanti voci per fare comprendere a questi la necessità, di
proporre al governo modi d'aggiustamento, i quali, soggiugnea Morton,
poteano essere più favorevolmente ascoltati sintantochè quelli che li
proponevano si trovavano a capo di un esercito, e numeroso e che poteva
vantarsi di non avere ancora sofferta veruna rotta. Nè mancò di mostrar
loro, come nello stato di abbattimento, in cui cadute eran le schiere,
fosse quasi chimerica la speranza di guerreggiar con vantaggio le forze
regolari comandate dal duca di Monmouth, nè si ristette dall'enumerare i
danni di una disfatta, se sventuratamente si fosse avverata; allora la
sollevazione ben lungi dall'avere partorito vantaggio alla patria
divenire ai Reali nuovo pretesto per raddoppiare le persecuzioni.

L'evidenza de' quali ragionamenti convinse un certo numero di que'
comandanti, i quali sentivano essere cosa per essi egualmente rischiosa
il congedare le truppe o il mantenere il comando, e questi di fatto,
dopo sapute le proposte che lord Evandale si assumea di trasmettere al
duca, ad esse assentirono. Ma altri vi furono che le divulgarono empie,
sacrileghe, contrarie alla fede presbiteriana; ed erano sfortunatamente
coloro, che godevano di maggiore prevalenza sulla moltitudine, che non
avevano nulla da perdere, che col proprio fanatismo cieco e truce,
soltanto si consigliavano. Spargevano questi per ogni dove che chiunque
parlava di pace, senza metterne quai condizioni la rimozione del re e la
supremazia della chiesa presbiteriana, mancava di _zelo nel coltivare la
vigna del Signore_, non pensava che a _ritrar dall'aratro le proprie
mani_, cercava unicamente pretesti ad abbandonare i fratelli ed
occasioni a tradirli. Per tutte le file non s'udivano che dispute e
controversie a tale proposito; dai litigi venivasi alle percosse, e la
discordia impadronitasi dell'esercito mal presagiva per la causa
imminente a risolversi.



CAPITOLO XIV.

    »Sol la fera discordia anguicrinita
    »È de' vostri consigli arbitra e duce.»
                      _Venezia liberata._


Morton stava inteso tuttavia a calmar la discordia che dominava nel
campo, allorchè due giorni dopo il suo arrivo ad Hamilton, lo seguì
quivi l'altro collega, il reverendo Poundtext, sottrattosi all'ira di
Burley, che non sapea perdonare la partecipazione avutasi da questo
ministro nella libertà conceduta a lord Evandale. Riposatosi per alcune
ore dalle fatiche del novello viaggio, diè il ragguaglio a Morton delle
cose accadute a Tillietudlem da quando questi se ne dipartì.

La notturna andata di Morton era stata sì ben concertata, e tanta fu la
segretezza negli altri compagni di sì fatta spedizione che Burley neanco
ne insospettì. I primi accenti ch'ei pronunziò nell'alzarsi da letto
furono per chiedere se Kettledrumle e Macbriar fossero ancora arrivati.
Il secondo già trovavasi al campo, l'altro veniva aspettato da un
momento all'altro. Burley fece immantinente partire un messo per
avvertire Morton e Poundtext di trasferirsi al consiglio; ma già
sappiamo la via che Morton avea presa, e quanto a Poundtext, che in
assenza dei suo giovine collega non avea gran voglia d'affrontare la
collera del feroce Burley, s'incamminò al suo presbiterio ove rimase
ventiquattro ore prima di mettersi in cammino per Hamilton.

Sollecito indi Burley di chiedere notizie del suo prigioniero, non può
esprimersi assai con parole qual rabbia lo invase allora quando udì come
in quella notte fosse stato condotto fuori del campo da una scorta, cui
Morton medesimo comandava.

»Oh l'uomo scellerato! esclamò volgendosi a Macbriar. Oh il traditore!
costui per far la sua corte al governo ha dato libertà ad un
prigioniero, pel riscatto della cui vita ne avrebbero ceduto questa
piazza, che ne tiene noiati da tanto tempo.»

»E che? non è già in nostro potere? non è presbiteriano lo stendardo che
sventola su quella torre?»

»Tutto strattagemma, Macbriar! Tutto insulto onde si cerca viepiù
d'infiammare il nostro risentimento.»

Ma fu interrotto dall'arrivo d'un di coloro che aveano accompagnato
Morton al castello, e veniva ad annunziargli, come questo fosse già
sgombro e occupato da truppe presbiteriane. La qual novella favorevole,
anzichè acchetare Burley, il furor ne raddoppiò!

»Come dunque? (costui si fece ad esclamare) Avrò tralasciato da imprese
assai più gloriose, avrò perduto il mio tempo dinanzi ad una miserabile
bicocca, l'avrò disastrata per fame e tribolazioni, onde poi all'istante
di divenire arbitro della sorte di essa e di coloro che vi abitavano, un
imberbe giovinastro venisse a spogliarmi di questo onore, e a rapirmi
coloro ch'io riguardava siccome miei prigionieri? Non è forse
all'operaio che il salario è dovuto? Non è forse al....?»

»Burley! soggiunse Macbriar, non ti riscaldare cotanto contra un
fanciullo che non è meritevole della tua collera. Non è egli vero che
Dio sceglie a suo grado i propri strumenti? E chi t'assicura che questo
fanciullo non sia stato inspirato dallo stesso Dio per mettere più
presto in nostro potere il castello di Tillietudlem?»

»Taci là, nè far torto a te medesimo e al senno che hai. Non fosti primo
ad avvertirmi tu stesso, ch'io diffidassi di questo sepolcro imbiancato,
di questa moneta di rame che io avea presa per moneta d'oro? È cattivo
indizio, anche per coloro che spettano al gregge degli eletti, il non
ascoltare gli avvisi di ministri spirituali della tua sfera; pure Morton
non tenne sempre chiuse le orecchie alle tue voci? Egli è d'uopo
somigliarti, o Efraim, per isciogliersi dai vergognosi legami
dell'umanità.»

Complimento che toccò la corda sensiva del nostro predicatore, il quale
in oltre avea massime comuni con Balfour di Burley! laonde entrambi si
trasferirono tostamente al castello. Burley s'impadronì dei vasellami
d'argento e di quanto potea tornar utile al suo esercito; poi
trasferitosi, senza farne motto ad alcuno, nell'archivio del castello,
vi s'intertenne per lungo tempo. Nel corso di quella giornata non
solamente Kettledrumle, ma anche lord Langfern arrivarono a
Tillietudlem. Questi capi, congregatisi in allora, inviarono un corriere
al presbiterio di Milnwood sollecitando il ministro Poundtext a venir
tostamente al castello per prendere parte al consiglio che vi si tenea.
Ma questi ricordandosi che quella rocca andava munita d'un carcere colla
porta di ferro, stimò prudente partito il non commettere la propria
persona allo sdegno di que' confratelli. Accolse bensì con ogni cortesia
il loro messo, si fece raccontare da lui tutte quelle particolarità che
ai leggitori nostri abbiamo narrato; ma poi nel silenzio della notte
prese la via di Hamilton, ove parimente arrecò la notizia che gli altri
capi divisavano restituirsi, appena raunato un corpo di Puritani
sufficiente a tenere in suggezione quella parte di esercito che presa
aveano in diffidenza.

»Voi vedete, così conchiuse la sua narrativa Poundtext, come costoro
siansi per tal via assicurato il favore della maggiorità nel consiglio;
perchè lord Langfern; il quale non era nè carne nè pesce, or si è
lasciato sottomettere affatto da Kettledrumle, e ne ha abbandonati. Noi
siamo dunque circondati da nemici per ogni dove, da un lato l'esercito
de' Reali, dall'altro una mano d'insensati confratelli che si
chiariscono contro di noi.»

Morton lo esortò al coraggio ed alla pazienza, partecipandogli ad un
tempo la speranza concetta di ottenere condizioni di pace ragionevoli
colla mediazione di lord Evandale, e ponendogli innanzi agli occhi la
lusinghevole prospettiva di poter fra breve tornare a starsene colla sua
pipa, colla sua birra, col suo _Calvino_ legato in pergamena, purchè
continuasse a cooperare seco lui con tutti i suoi sforzi per giugnere ad
una pacificazione generale. E tanto fece e disse che potè persino
inspirargli un poco più di fermezza, ed indurlo ad aspettare in quel
campo l'arrivo de' suoi temuti colleghi.

Aveano costoro radunato un corpo di lor partigiani che stavasi in cento
uomini di cavalleria e mille cinquecento di fanteria, tutti avvezzi a
segnalarsi per lo stravagante fanatismo delle esagerate lor massime, e
per la consuetudine di travisare ad ogni proposito i passi della
scrittura a fine di giustificare all'uopo l'assassinio o qualsivoglia
delitto, e finalmente pel cupo zelo e feroce onde si facevano
obbedientissimi ai comandi anche i più orridi che potessero ricevere dai
non meno sanguinolenti lor comandanti. Tale smannata, di nemici anzichè
di confederati, ad ingrossar venne il campo. Burley, nè cercò de' due
altri colleghi, nè in modo alcuno li fe' consapevoli delle cose da lui
divisate, e unicamente nella mattina successiva al suo arrivo li fece
avvertire di trasferirsi al consiglio.

Morton e Poundtext entrando nella sala dell'assemblea, vi trovarono già
uniti i quattro loro colleghi, dai quali non ricevettero verun
contrassegno di cortese accoglienza, e previdero che tranquillamente non
sarebbero andate le cose in quell'adunata.

»Per l'autorità di chi (si fece a gridare Macbriar, condotto sempre da
naturale impetuosità ad aprir egli i parlamenti) per l'autorità di chi
il reprobo lord Evandale si è sottratto alla morte che il giudizio di
lassù avea pronunziata contro di lui?»

S'affrettò a rispondergli Poundtext, che volea con ciò offerire al
collega Morton una prova del proprio coraggio, oltrechè se l'affar non
era che di tener fronte ad uomini vestiti di zimarra simili alla sua,
non si perdea mai di spirito.

»Per l'autorità mia, rispose, e per quella del sig. Morton.»

»E chi vi ha conferito, o fratello, si fe' ad interrogarlo allor
Kettledrumle, chi vi ha conferito il diritto di frapporvi in una bisogna
tanto importante?»

»Quell'autorità stessa che conferisce a voi il diritto d'interrogarmi;
non fu lento al rimbalzo Poundtext; se un solo individuo del nostro
consiglio ha potuto condannarlo a morte, collo stesso, anzi con maggior
fondamento, due individui hanno potuto ritrattare una tale sentenza.»

»Alle corte! alle corte! si fe' in mezzo Burley, noi conosciamo i vostri
fini; e furono di mandare quel baco da seta, quell'indorato milord a
portare proposte di pace al tiranno.»

»Così è, (disse Morton accorgendosi come il suo compagno incominciasse a
vacillare alle occhiate feroci che lanciava sovr'esso Burley) e che
perciò? dobbiam noi volgere in una guerra eterna la nostra contrada per
mandare a termine divisamenti inutili quanto impossibili?»

»Lo udite? Bestemmia» sclamò Burley.

»No; (Morton con maggiore forza esclamò) Bestemmia colui che aspetta dal
cielo i miracoli, nè si vale di que' modi che la Provvidenza ha posti
nelle mani degli uomini per farli riuscire ne' lor disegni. Convengo io
pure che lo scopo nostro è di ottenere il ritorno della pace a
condizioni onorevoli e giuste, a condizioni tali che assicurino la
nostra libertà civile e religiosa. E per questo dobbiamo farci i tiranni
dell'opinione degli altri?»

Stava per invelenirsi vie più sì fatta contesa, allorchè arrivò un
messo, che annunziava, già partitosi da Edimburgo il duca di Monmouth,
già in cammino il suo esercito, già aver fatta la metà della strada per
giugnere ad Hamilton. Cessò a questo avviso ogni discordia, perchè
ciascuno vide la necessità di dimenticare il passato per non dar opera
che a rispignere il comune inimico. Fu risoluto che i reverendi
Poundtext e Kettledrumle reciterebbero nel dì successivo una predica per
uno alla presenza di tutto l'esercito, Poundtext la mattina,
Kettledrumle la sera, e che l'uno e l'altro asterrebbesi con ogni
accuratezza dal toccare qualsivoglia articolo, anche lievemente atto a
far nascere scismi e dissensioni nel campo.

Regolate essendo in cotal guisa le cose, i due capi più moderati osarono
porre un altro partito cui sperarono sostenuto da lord Langfern, perchè
il videro impallidire all'annunzio dell'avvicinar de' Reali, e perchè
per altra parte il sapevano propensissimo a favoreggiare i consigli di
chi sull'istante egli credeva il più forte. Essi pertanto misero innanzi
agli occhi dell'assemblea come in tale occasione il re non avesse
affidato il comando del proprio esercito a veruno fra gli antichi
persecutori de' Puritani; il duca di Monmouth prescelto a tale dignità
essere anzi uom conosciuto per la dolcezza dell'indole sua e per
inclinazioni favorevoli alla causa della nazione; potersi indurre da ciò
che le intenzioni del governo fossero meno di quanto il furono per lo
passato ostili ed avverse ai Presbiteriani; essere quindi cosa suggerita
dalla prudenza, e divenuta perfin necessaria, il verificare se mai il
duca avesse qualche istruzione segreta che in qualche modo li favorisse;
nè potersi ottenere tale certezza per altra via che col deputargli un
araldo.

»E chi è che voglia incaricarsi di essere quest'araldo? (prese a dire
Burley, sollecito di sviare una proposta sì ragionevole ch'ei non potea
di fronte combatterla). Obbliate forse come Claverhouse, armando il
titolo di rappresaglia per la morte di suo nipote, giurò far appiccare
il primo parlamentario che gli avessimo spedito?»

»Non ci stiamo per simil tema, poichè io medesimo mi assumo tal
commissione, semprechè il consiglio creda affidarmela.»

»Lasciam ch'ei vada, disse sotto voce Burley a Macbriar, così il
consiglio si sbarazzerà di costui.»

Quindi il partito posto da Morton non trovò contradditori nè manco in
coloro che sembravano dover esserlo maggiormente, e venne risoluto che
Enrico Morton si trasferirebbe al cospetto del duca di Monmouth, onde
sapere a quai patti acconsentirebbe di negoziare co' sollevati.
Divulgatasi tale risoluzione per tutto l'esercito, ne fu universale la
gioia fra coloro della parte moderata, lontani dal nudrire la cieca
presunzione di que' Puritani, che pensavano bastanti mallevadori della
vittoria un feroce zelo, ed un selvaggio entusiasmo.

Munito delle istruzioni del consiglio, e accompagnato dal solo Cuddy,
Morton si partì dunque alla volta del campo de' Reali, impavido di que'
rischi che sì frequentemente sovrastano a chiunque imprenda nelle civili
discordie la dilicata parte di mediatore.

Nè scostato erasi più di tre o quattro miglia dal campo de' suoi,
allorquando si accorse che stava per incontrare l'antiguardo
dell'esercito de' Reali. Pervenuto ad una eminenza contemplò le strade,
che tutte prendevano la via di Bothwel-Muis, ove divisavano metter campo
nella prossima notte, castello non lontano più di due miglia dal Clyde,
alla riva opposta del qual fiume campeggiavano i Presbiteriani.

Dopo avere dispiegata bandiera bianca si volse al primo drappello di
cavalleria che incontrò, partecipando al sergente che lo guidava il
proprio desiderio di favellare a sua altezza. L'altro gli rispose che
correva a farne consapevole il capitano; nè questi indugiò a comparire
unitamente al maggiore.

»Voi perdete il vostro tempo, mio caro amico, disse quest'ultimo a
Morton, anzi arrischiate inutilmente la vita. Il duca di Monmouth non
ascolterà certamente proposte venutegli da ribelli che tuttavia
impugnano l'armi. Aggiugnete che le tante crudeltà omesse dai vostri
devono farvi pauroso d'una rappresaglia.»

»Quand'anche il duca di Monmouth ne giudicasse colpevoli, rispose
Morton, non so immaginarmi che volesse condannare a morte tanti sudditi
del suo re, senza ascoltare almeno quai cose possano addurre in propria
discolpa. Per parte mia nulla temo. Non ho da rimproverare a me stesso
alcun atto di crudeltà ch'io abbia autorizzato, e nemmen tollerato; e la
paura poi di essere innocente vittima delle colpe degli altri non mi
ratterrà dall'eseguire l'incarico che mi assunsi.»

I due ufiziali si guardarono in volto l'un l'altro.

»Se non m'inganno, disse il capitano, è questi il giovine del quale ci
ha parlato lord Evandale.»

»Lord Evandale si trova egli all'esercito?» domandò subito Morton.

»A Edimburgo, rispose il maggiore. Vedendone il cattivo stato di salute,
sua altezza non gli ha permesso d'accompagnar l'esercito. Signore; vi
chiamereste voi Enrico Morton?»

»Appunto, mio signore.»

»Dunque, tornò a dir l'ufiziale, non v'impediremo di vedere il duca, ma,
vel ripeto, fate un passo del tutto inutile. Supponendo ancora che sua
altezza avesse qualche propensione più mite per riguardo ai vostri, il
consiglio di guerra, col quale dee concertarsi, non gli permetterebbe
ascoltarla.»

»Ne avrei estremo rammarico; ma tal considerazione non mi fa meno
insistente nel pregarvi ad ottenermi udienza dal duca.»

»Lumley, disse il maggiore al capitano, andate ad avvertire sua altezza
dell'arrivo del sig. Morton, e ricordategli essere quello stesso del
quale parlò sì vantaggiosamente lord Evandale.»

Il capitano non tardò ad essere di ritorno, ed a rispondere a Morton che
il duca non potendo riceverlo per quella sera, si riserbava ad
ascoltarlo nella mattina del dì successivo. Intanto Enrico venne tenuto
qual prigioniere per tutta la notte, ed ebbe per luogo di sua dimora una
vicina capanna ove però i massimi riguardi gli vennero usati. Alla
domane di buonissim'ora lo stesso Lumley venne a levarlo di lì,
presentandolo indi a sua altezza, che trovarono un miglio più oltre nel
mezzo del suo esercito, già schierato per mettersi in cammino.

I comandanti dell'esercito reale aveano tanta fidanza nelle proprie
forze che non presero cautela di sorte alcuna per impedire a Morton di
scandagliarle. Stavansi queste in quattro reggimenti inglesi, il fior
dell'esercito di Carlo II, nel reggimento guardie ardente del desio di
ricattarsi dopo la disfatta di Loudon-Hill, in un corpo considerabile di
volontari, ed in alcune compagnie di montanari scozzesi, nemici giurati
dei Puritani, e che ne abborrivano le massime quanto ne sprezzavano le
persone. Veniva dietro all'esercito un numeroso traino d'artiglieria sì
formidabile al riguardo, che Morton giudicò non volersi men d'un
miracolo per salvare da compiuto esterminio quell'attruppamento d'uomini
mal vestiti, mal armati e disciplinati nella stessa guisa, a' quali
davasi nome d'esercito presbiteriano. L'ufiziale compagno di Morton
studiavasi leggere negli sguardi del medesimo quell'impressione ch'ei,
nè a torto, pensava dovessero destargli nell'animo i poderosi apparecchi
schieratisi alla sua vista. Ma fedele Enrico alla causa che aveva
abbracciata non lasciò trapelare, nè inquietudine nè commozione, e
riguardava con occhio d'indifferenza i corpi militari per mezzo a cui
traversava.

»Voi vedete la festa che vi si sta preparando» disse a Morton Lumley.

»Se avesse dovuto spiacermi, non mi troverei vosco in questo momento: vi
confesso ciò nonostante, che per lo interesse d'entrambe le parti,
amerei meglio veder gli apparecchi d'una festa che celebrasse il ritorno
della pace.»

Giunsero finalmente sopra un'altura che signoreggiava tutti i dintorni,
e ove trovavasi il comandante supremo in mezzo a' suoi ufiziali. Da
questo luogo scorgeansi tutti i giri del Clyde e parimente il campo de'
sollevati. Gli ufiziali sembravano intesi ai riconoscimenti di quel
terreno per concertare con maggior sicurezza un assalto.

Lumley avvertì sua altezza che Morton ne aspettava i comandi ed allora
il duca fe' cenno alle persone di quella comitiva d'allontanarsi, nè
serbò presso di sè che due ufiziali, co' quali parlò pochi istanti
sommessamente prima che Morton gli fosse vicino; lo che diede tempo al
nostro araldo di squadrare coll'occhio le persone colle quali venia a
parlamento.

Ell'era impossibile cosa a chi vedeva il duca di Monmouth il non essere
cattivato dalle grazie e dai modi soavi e lusinghevoli che natura
largamente gli compartì. In mezzo a questi però, un attento osservatore
potea scorgere tal qual aria d'esitazione e d'imbarazzo, che parea ne
tenessero sospeso l'animo, quando tutte le circostanze il costrignevano
a prender partito.

Stavano dietro a lui Claverhouse, conosciuto anche troppo da Morton, ed
un altro ufizial generale, di cui l'aspetto eccitar dovea impressione
strana anzichè no. Vestito alla foggia che usavasi ne' primi anni del
regno di Carlo I, una lunga e grigia barba gli scendeva al petto, ed
avea fatto voto di non reciderla sin dal giorno che quello sfortunato
monarca perì sotto la mannaia del carnefice. Scoperto e pressochè
affatto calvo erane il capo. Le rughe del fronte, l'olivastro color
delle guance, l'acutezza de' suoi sguardi additavano tal vegliardo, che
le infermità non avevano infievolito, intantochè scorgeasi in ogni
costui lineamento un coraggio scevro affatto d'umanità. Tal si era il
generale Tommaso Dalzell, più temuto ed abborrito dai Puritani che non
lo stesso Claverhouse. Questi almeno, se usava modi violenti ed
opprimitori gli era soltanto allorchè ragione politica parea comandarli,
e perchè nell'istante non giudicava esserne d'altri migliori per
sottomettere i Presbiteriani. Ma Dalzell non seguia che gl'impulsi
d'un'indole sanguinolenta e feroce di sua natura.

»Voi venite, o signore, disse a Morton il duca, per parte di que'
traviati, e il vostro nome è Morton se non isbaglio. Volete dunque farne
conoscere il motivo che vi conduce fra noi?»

»Il motivo apparisce, o milord, da uno scritto che lord Evandale
dovrebbe aver posto nelle mani di vostra altezza.»

»L'ho letto, ed ho anche saputo dallo stesso milord, che in queste
sciagurate circostanze il sig. Morton ha date prove di generosità ad un
tempo e di moderazione. Glie ne fo quindi i miei ringraziamenti.»

Che modi sì cortesi non andavano a' versi di Dalzell, lo scorse Morton
da un disdegnoso dimenar di capo e da uno stringersi nelle spalle che
accompagnarono poche parole sommesse da costui volte al compagno, ed
alle quali Claverhouse non rispose che con un lieve sorriso e con un
moto quasi impercettibile di palpebre.

In questo mezzo il duca sembrava combattuto per una parte da' sentimenti
d'una bontà ingenita in esso, e ad un interno convincimento sulla
ragionevolezza delle inchieste che gli venian presentate, per l'altra
dalla brama di serbare intatta la regia autorità, e di non offendere
troppo di fronte le severe opinioni degli uomini assegnatigli per
consiglieri, se non piuttosto per esploratori della sua condotta.

»Sig. Morton (disse traendosi di saccoccia lo scritto consegnatogli da
lord Evandale) trovo qui alcune domande, sul merito delle quali debbo
ora astenermi dal manifestare la mia opinione; havvene altre che mi
sembrano ragionevoli e giuste; e benchè io non abbia ricevute istruzioni
formali da sua maestà, vi do parola d'onore d'intercederne la clemenza a
favore d'una parte di suoi sudditi traviati, e fin dove io abbia modo a
farmi ascoltare, d'adoperarmi ancora onde sia migliorata la lor
condizione. Ma voi stesso comprenderete che posso bensì cedere alle
preghiere di sudditi imploranti; non negoziar con ribelli. La prima cosa
necessaria pertanto si è, che i vostri partigiani mettan giù l'armi e
sciolgano tantosto le loro assemblee.»

»Il contenerci in tal guisa, o milord, rispose Morton arditamente,
sarebbe un riconoscerci ribelli; come appunto ne accusano i nostri
nemici. Noi sguainammo le spade, non contra il nostro sovrano che
rispettiamo, ma per ricuperare que' diritti legittimi che la violenza ne
ha tolti. L'altezza vostra si è degnata ravvisare che alcune fra le
nostre domande son giuste. Ma queste avrebbero mai potuto farsi tampoco
udire, se non le accompagnava lo squillar della tromba? Non possiamo
pertanto, anche a malgrado della bontà che vostra altezza ne dà a
divedere, metter giù l'armi, a meno d'avere qualche certezza di vederci
restituite la libertà civile e la libertà religiosa, come è in noi il
diritto di chiederlo.»

»Sig. Morton, voi siete giovane; però dovreste avere acquistata
esperienza di mondo quanta è bastante a comprendere che certe domande,
comunque innocenti di lor natura, divengono criminose pel modo onde son
presentate.»

»Possiamo rispondere, o milord, che il modo al quale ultimamente abbiamo
ricorso è venuto dopo avere tentati invano tutti gli altri possibili
modi.»

»Mi è forza abbreviare questo parlamento, sig. Morton. Noi siamo in atto
di incominciare l'assalto. Nondimeno ordinerò per due ore sospesa ogni
fazione ostile, onde abbiate il tempo di partecipare ai sollevati la mia
risposta. Se consentono a sciogliersi a metter basso le armi, a spedirmi
deputati che m'assicurino della lor sommessione, riguarderò come un
obbligo del mio onore l'intercedere per essi una generale amnistia, e la
riparazione dei torti ch'essi lamentano. Ma rifiutando questa sola via
ad essi dischiusa, accagionino soltanto se stessi delle conseguenze che
ne verranno. — Credo, o signori (volgendosi a' suoi due ufiziali) che,
volendo stare alle istruzioni avute, io non poteva far di più.»

»No pel mio onore! sclamò Dalzell, nè avrei giammai spinta l'indulgenza
tant'oltre, trovandomi mallevadore delle mie azioni verso il re e verso
la mia coscienza. Ma vostra altezza dee senza dubbio conoscere le
intenzioni di sua maestà assai meglio di noi, ne' quali è il dovere di
seguire letteralmente i comandi che ricevemmo.»

Si fe' rosso Monmouth. »Voi udite, soggiunse a Morton, che il generale
Dalzell già mi biasima per aver mostrata troppa condiscendenza a favore
dei vostri amici.»

»Milord, i sentimenti del generale Dalzell, e quelli che vi degnate voi
esternarci sono quali gli aspettavamo da ciascheduno di voi; ma non
posso starmi d'aggiugnere, che se l'esercito presbiteriano abbracciasse
il partito dell'assoluta sommissione, ultimo e conclusivo partito che ne
presentate, avremmo a temere persino inutile la vostra intercessione,
finchè stanno... attorno del trono tai consiglieri (e nel pronunziar
questa frase guardò in maniera significante Dalzell e Claverhouse). — In
somma, io parteciperò ai capi dell'esercito qual risposta ebbero da
vostra altezza le nostre inchieste, e poichè non possiamo ottenere la
pace, ne sarà ben forza ricorrere alla fortuna delle armi.»

»Addio signore. Ricordatevi che differisco di due ore l'assalto; di due
ore! Se in tale intervallo avete una risposta da portarmi, starò qui per
riceverla; e con tutto l'animo la desidero di tal natura che possa
risparmiare ogni spargimento di sangue.»

Anche in questa occasione si guardarono con sorriso ironico Dalzell e
Claverhouse, del che accorgendosi il duca, ripetè in tuono dignitoso.

»Sì signori, l'ho detto e lo replico ancora. Desidero la risposta di tal
natura che possa risparmiare il sangue de' sudditi di sua maestà. Spero
che un tal sentimento per lo meno non meriti nè biasimo nè disprezzo.»

Dalzell prese un contegno freddo e severo, e nulla rispose.

Claverhouse fece un profondo inchino, soggiugnendo che il giudicare i
sentimenti di sua altezza non gli s'aspettava.

Il duca fe' cenno a Morton di ritirarsi. Questi obbedì, e venne
ricondotto attraversando il campo dalla scorta medesima che lo aveva
accompagnato. Nel passare innanzi al reggimento guardie, trovò
Claverhouse, che non avea perduto tempo nel mettersi a capo della sua
truppa; il quale appena scorse Morton, gli si fe' innanzi, e salutandolo
urbanamente gli disse: »Non è questa, credo, la prima volta che ho
l'onor di vedere il sig. Morton di Milnwood.»

»E non è colpa del colonnello Claverhouse, replicò Morton amaramente
sorridendo, se la mia presenza riesce importuna a qualche persona.»

»Permettetemi almeno di soggiugnere che il ministerio di cui trovo ora
insignito il sig. Morton, giustifica l'opinione da me formata sopra di
lui; e prova come la condotta da me tenuta nel tempo che gli piace
rimembrarmi, era conforme al mio dovere nè più nè meno.»

»Voi solo, o colonnello, mi gettaste, senza ch'io ne avessi l'idea, in
mezzo alle file di tai persone delle quali approvo le massime, non in
ogni sua parte il contegno. Quanto al modo onde le vostre azioni si
accordano col vostro dovere, è affare vostro, non mio. Non pretenderete
per altro che io approvi la sentenza ingiusta che pronunziaste contro di
me.»

Dette le quali cose, Morton s'accigneva a continuare nel suo cammino, ma
nol permise ancora Claverhouse.

»Un istante, vi prego! Evandale pretende che veramente io vi debba
riparazione di alcuni torti. Confesso che metterò sempre grande
differenza fra un uomo d'alto ingegno, sviato, non v'ha dubbio, ma mosso
da generosi principj, e fra uno sciame di sciagurati fanatici, raccolti
sotto le bandiere di comandanti sitibondi di sangue e lordatisi di
assassinj. Se dunque non vi riesce di persuadere costoro a dimettere
l'armi, permettete ch'io vi solleciti a ritornarvene al nostro esercito,
e ad offerire spartatamente la vostra sommessione. Credetelo; questo
spregevole attruppamento non si reggerà contro di noi una sola mezz'ora.
Se vi risolvete a tal partito, appena giunto chiedete di me. Monmouth,
comunque strano debba sembrarvi il mio dire, non vi potrebbe proteggere,
Dalzell nol vorrebbe, ma io ne ho il potere e la volontà, e ho promesso
di farlo a lord Evandale.»

»Dovrei ringraziamenti a lord Evandale, rispose freddamente Morton, se
non mi avesse creduto, come lo scorgo dai vostri detti, capace di
abbandonare una causa che ho giurato di sostenere. Quanto a voi,
colonnello, se volete concedermi un altro genere di riparazione, egli è
probabile che fra due ore mi troviate colla spada alla mano
all'estremità del ponte di Bothwell sul Clyde.»

»Non avrò a disgrado, accertatevene, questo incontro, rispose
Claverhouse, ma aggradirei assai più, che meditaste maturamente la mia
prima proposta e che l'accettaste.»

Detto ciò, salutandosi a vicenda si separarono. Morton continuò il
cammino verso il campo presbiteriano, Claverhouse intese agli
apparecchi, che debbono preceder gli assalti.


  _Fine del tomo secondo._



Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
senza annotazione minimi errori tipografici.





*** End of this LibraryBlog Digital Book "I Puritani di Scozia, vol. 2" ***

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